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Theaterheute


2009, n. 6, pp. 64, € 9,80
ISSN 0040 5507

Apre questo numero di "Theaterheute" un interessante dossier che prende in esame il concetto di arte applicato al teatro secondo la creatività sviluppata dall’attore, lo scrittore, il regista, il costumista, il Dramaturg, il tecnico luci. Introduce la discussione Carl Hegemann, studioso di Hegel anche Dramaturg a Friburgo, Bochum e dal 1992 al 2006 presso la Berliner Volksbühne. Seguendo il pensiero di Schiller e Diderot, le opere di Bertolt Brecht e Heiner Müller, l’intervento attribuisce agli uomini di teatro, compresi i musicisti, dignità creativa e artistica pari a quella solitamente riconosciuta a pittori e scultori.

Il regista Nicolas Stemann parla del senso di paura e di ansia creativa che coinvolge gli autori di un allestimento nell’ambito delle loro diverse funzioni, unite da tensioni ed emozioni proprie del procedimento artistico. Stefan Kaegi racconta significative esperienze vissute dal collettivo Rimini Protokoll, di cui è cofondatore, dalle quali emerge il difficile rapporto tra teatro di ricerca e arte nella ricezione dello spettatore e della stampa. La riflessione di Matthias Hautmann, regista e futuro intendente del Burgtheater di Vienna, si sviluppa intorno alla necessità che il linguaggio teatrale si intrecci con le estetiche dell’arte contemporanea.

Il regista Thomas Ostermeier sostiene che l’arte teatrale possiede un proprio codice, autonomo e diverso dalle altre discipline. Il contributo alla discussione da parte dell’attore è dato da Joachim Meyerhoff che ironicamente non si definisce artista, e da Judith Rosmair, la quale espone il proprio pensiero attraverso due citazioni: "Ogni uomo è un artista" (Joseph Beuys) e "Ogni artista è un uomo" (Martin Kippenberger). Muriel Gerster non si definisce artista in quanto le sue scenografie sottostanno al disegno d’insieme della messinscena, non sono prodotti autonomi.

Dopo le dichiarazioni del regista Sebastian Hartmann, che affronta il rapporto tra arte e capitalismo, e le parole amare della scrittrice Sibille Berg, seguono Dea Loher, affermata commediografa, e Stefan Kimmig, regista del Thalia Theater di Amburgo, che dichiara la condizione di smarrimento creativo propria dell’artista contemporaneo e dell’uomo di spettacolo. Preziosa è la testimonianza di Friederike Heller, regista del Burgtheater della capitale austriaca e convinta sostenitrice dell’identità artistica del teatro, in quanto produce modelli estetici per la cultura figurativa in generale. Chiudono questa rassegna di dichiarazioni il regista Martin Kusej che parla di poesia connessa al suo mestiere, Elfriede Jelinek con uno scritto mirato alla necessità del teatro di rinnovare continuamente la propria entità artistica, e il regista Volker Lösch, che si considera artista a tutti gli effetti.

La sezione "Aufführungen", lo spazio della rivista berlinese dedicato alle principali novità prodotte dalla scena tedesca, raccoglie recensioni di spettacoli che condividono il tema del rapporto tra teatro e capitalismo, a partire da Hauptversammlung di Rimini Protokoll in cui, vicino ad Helgard Häug, Stefan Kaegi e Daniel Wetzel, ossia i componenti del gruppo, agiscono attori arruolati tra la gente comune o tra professionisti di determinate categorie. In questo spettacolo si riconoscono i membri del direttivo della Daimler AG, impegnati nella loro assemblea sotto gli occhi del pubblico formato unicamente dai soci azionari.

Kontrakte des Kaufmanns, novità di Elfriede Jelinek ispirata ad una vicenda di scandalo finanziario successo recentemente a Vienna, è un testo ironico e dissacrante. Affidato alla regia di Nicolas Stemann ha debuttato nello Schauspiel di Colonia per l’interpretazione di Ralf Harster, Therese Dürrenberger, Daniel Lommatzsch, Franziska Hartmann e Maria Schrader. Riflessioni sull’amore giovanile, in un intreccio di storie inquietanti, caratterizzano il tessuto narrativo di Die Geheimnisse der Kabbala, che Alvis Hermanis ha ricavato dai racconti di Isaac Bascheris Singer e ha affidato all’interpretazione di Ilknur Bahadir, Markus John, Anja Lais e Martin Reinke. L’allestimento, apprezzato da pubblico e critica, ha debuttato nello Schauspiel di Colonia.

Lo Schauspielhaus di Düsseldorf ha ospitato tre importanti allestimenti: Black Box tratto dall’omonimo romanzo di Amos Oz per la regia e l’interpretazione di Götz Sculte, Ilja Niederkirchner e Meriam Abbas e Amélie Niermeyer; lo schilleriano Kabale und Liebe affidato alla cura scenica di Andreas Kriegenburg, che trasferisce la commedia nella contemporaneità e accentua i toni drammatici del testo, affrontato con abilità dagli attori Janina Sachau, Daniel Christensen, Katrin Röver nei ruoli principali; infine, sempre per la regia di Kriegenburg,  Beteiligten di Katrin Röggla, una  acuta e inquietante indagine nell’universo giovanile.

In "Akteure" si legge il profilo artistico di Toni Servillo. Particolare attenzione viene riservata alla produzione cinematografica, da Gomorra a Il Divo, e alle esperienze teatrali, ricordando la fondazione del Teatro Studio di Caserta e la partecipazione a Falso Movimento con Mario Martone. Nell’articolo successivo Jürgen Gösch e Johannes Schütz parlano dei segreti del mestiere dell’attore.

Il testo (Das Stück) del mese è faust hat hunger und verschluckt sich an einer grete di Ewald Palmetshofer, recentemente allestito da Felicitas Brucker nello Schauspielhaus di Vienna.

di Massimo Bertoldi


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