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Prove di drammaturgia, Anno XV, n. 1, aprile 2009


Anno XV, numero 1, aprile 2009, pp. 32, € 5,00
ISSN 1592-6680

La rivista Prove di drammaturgia, diretta da Gerardo Guccini e Claudio Meldolesi, dedica il primo numero del 2009 al drammaturgo rumeno Matéï Visniec; si tratta del primo di tre appuntamenti editoriali nei quali si rifletterà sulla figura dell’autore teatrale e sulla scrittura drammatica, anche attraverso i contributi dati dal progetto biennale Scritture per la scena (2008/2010) condotto dal CIMES dell’Università di Bologna e da UNIVERSITEATRALI (Centro Interdipartimentale di Studi sulle Arti Performative) dell’Università di Messina con la collaborazione dell’Associazione Riccione Teatro.

 

Dell’autore rumeno è tracciato un breve profilo biografico nell’articolo a cura di Giuseppa Salidu che delinea gli eventi più significativi della vita privata e artistica di Visniec. Nato nel 1956 a Radauti, si avvicina alla scrittura durante gli anni di studi di storia e filosofia a Bucarest e ben presto entra a far parte di una cerchia di poeti e letterati che anima la vita intellettuale della capitale rumena; dal 1977 inizia anche a scrivere pièce teatrali. Dieci anni dopo, a causa della repressione che subisce in patria dal regime totalitario di Ceauşescu, decide di chiedere asilo politico in Francia e nel 1993 ottiene la naturalizzazione.

 

È lo stesso Matéï Visniec che nell’articolo Il lavoro “orizzontale” dell’autore racconta la sua attività di drammaturgo prima in Romania e poi all’estero; descrive le difficoltà incontrate nel far rappresentare mettere in scena i suoi testi nella terra d'origine a causa del controllo capillare cui veniva sottoposto il teatro negli anni di Ceauşescu, e il riconoscimento ottenuto solo dopo la caduta del regime comunista nel dicembre del 1989. In  Francia, invece, è riuscito a far rappresentare le sue opere e a farsi conoscere, inoltre  ha iniziato una nuova fase della sua vita artistica, adottando il francese come lingua di scrittura drammatica; un elemento questo che ha modificato profondamente il suo stile riuscendo a esprimere più  cose utilizzando poche parole e cercando di ottenere la massima efficacia con minimi mezzi.

 

Matéï Visniec è un autore che si confronta con la realtà contemporanea e attraverso uno sguardo critico porta sulle scene la manipolazione di cui è vittima l’uomo moderno, sia nei regimi totalitari sia nei paesi cosiddetti democratici. Le sue opere, infatti, affrontano le devianze del mondo in cui viviamo, attraverso un linguaggio nitido e tagliente e i personaggi, che abitano le sue pièces, come espone Guccini nel saggio Intrecci senza Fabula, personaggi senza passato, «si strutturano intorno al loro esserci e non più da un vissuto personale». In questo Visniec si colloca all’interno di una tradizione che prendendo le mosse dal grottesco Ubu Roi di Alfred Jarry, trova completa realizzazione nei personaggi di Ionesco, Beckett e del primo Pinter. I suoi personaggi non hanno quasi mai un nome, sono frequentemente esseri privi di identità e spesso sono indicati facendo riferimento alla loro condizione sociale o familiare oppure in casi estremi coincidono con la funzione che recitano o con le caratteristiche psicofisiche che li contraddistinguono.

 

Nell’articolo Focus Italia: la parola ai registi Fabio Acca presenta gli artisti italiani che per primi hanno deciso di mettere in scena i lavori di Matéï Visniec: si tratta di Pascal Aiguier e Davide Piludu del Teatro Alkestis con Voci nel buio 2006 tratto da Teatro Decomposto e Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine; Giampiero Borgia, con una produzione del Teatro Stabile di Catania, ha lavorato sul testo Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente nel 2008; sempre nello stesso anno Elisa Di Liberato, Lorenzo Facchinelli e Mara Ferrier del gruppo Mali Weil hanno messo in scena sia Cabaret 900 ovvero cronache di un’alba abortita basato su Paparazzi sia Sinfonia organica per esseri umani e non liberamente ispirato a Teatro Decomposto; infine Nicola Bonazzi del Teatro dell’Argine che ha lavorato sul Del sesso della donna come campo di battaglia nella guerra in Bosnia sempre nel 2008. Attraverso le note di regia e le testimonianze dei teatranti si delinea il percorso compiuto attraverso la traduzione dei testi e la messa in scena di questo autore ancora poco conosciuto in Italia rispetto al resto d’Europa.



 

di Elena Peruzzo


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