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Revue d'Histoire du Theatre, n.3, 2008


Revue d'Histoire du Theatre, n. 239, 2008, n.3
ISSN 1291-2530

Una storia dettagliata della Comédie Française nel ventennio 1915-1936 si può ricavare dalla preziosa raccolta di lettere pubblicata sulla Revue d’histoire du théâtre. Si tratta della corrispondenza fra Emile Fabre, che in quegli anni fu “administrateur” del prestigioso teatro, ed André Suarès, scrittore e saggista. Conservati negli archivi della Comédie e in una collezione privata, i documenti sono stati raccolti e pubblicati da Philippe Baron, che li ha corredati con spiegazioni e note sulle biografie dei due amici e sulla storia dell’antico teatro parigino. Legati fin da ragazzi, i due si scrivevano regolarmente in merito agli spettacoli presentati alla Comédie Française: fin dalla sua nomina, Fabre iniziò ad inviare dei biglietti all’amico, che lo ringraziava con lunghe lettere in cui esprimeva i suoi pareri sulle pièces.

Suarès commenta spesso i testi, ribadendo, ad esempio, riguardo a Molière che «de tous, Shakespeare excepté, celui-là est le plus grand». D’altronde egli stesso aveva scritto, oltre a poesie, romanzi e saggi letterari, anche un certo numero di pièces, fra cui Les Pélerins d’Emmaus (1893), La Tragédie d’Electre et Oreste (pubblicata nel 1905), Cressida (1913). E anche l’amico era drammaturgo e regista: aveva fondato a Marsiglia un Théâtre libre, strutturato sul modello di quello di Antoine; lì era andata in scena, nel 1890, Le Devoir conjugal. E a Parigi Fabre aveva fatto rappresentare Comme ils sont tous (Théâtre des Lettres, 1894) e L’Argent (Théâtre libre, 1895); sarebbe poi divenuto un apprezzato autore drammatico all’inizio del nuovo secolo, quando andarono in scena Les Ventres dorés, La Maison d’argille, Les Vainqueuer, Les Sauterelles, Un Gran bourgeois (dal 1907 al 1914).

Ma se nelle lettere l’attenzione è principalmente concentrata sulla drammaturgia, non mancano affatto riflessioni sugli attori. Parlando di una rappresentazione dell’Athalie di Racine interpretata da Madame Segond-Weber, Suarès dice: «je ne pense pas, mon cher Fabre, que personne à Paris pût nous donner une Athalie qui vaille Madame Weber». Spiegando poi il suo giudizio sulla base del suo ingresso in scena, della sua sicurezza e di altre scene dello spettacolo.  La corrispondenza prosegue negli anni, informandoci anche dei tentativi – vani – da parte di Fabre di fare avere un prestigioso riconoscimento letterario all’amico, e si arresta alla fine del suo mandato alla Comédie Française.

La seconda parte della rivista ospita quattro più brevi saggi. Joëlle Célérier-Vitasse si sofferma sulla Foresta delle Ardenne dello shakespeariano As you like it. Un luogo arcadico nel quale l’evocazione del Paradiso Perduto si unisce a quella dell’Età dell’Oro. Il saggio si sofferma poi sull’immagine del cerchio, ricorrente nei riti occulti e magici, che diventa centrale nello sviluppo della commedia. Catherine Faivre-Zellner propone un’analisi della compagnia del Théâtre-Libre di Antoine, ripercorre la costituzione del gruppo di attori e di attrici cercando di capire la “dinamica costitutiva” della troupe.

Le principali tappe dell’avventura artistica di Abraham Goldfaden, “padre del teatro Yddush”, è proposta da Yéhuda Moraly. Dopo aver presentato questa importante figura (1840 – 1908) che compose cinquantacinque drammi per musica, di cui scrisse sia la musica che il testo, il saggio si sofferma sulla sua ultima grande opera: I giorni del Messia (1893). Si ipotizza anche che l’artista, attraverso i dodici teatri yiddish di New York, possa avere influenzato i musical di Broadway del primo Novecento.

Gianni Poli scrive La (véritable) création du Livre de Christophe Colomb de Paul Claudel : se fino ad oggi si considerava il 1953 la data della prima messinscena della pièce (l’anno della prima rappresentazione francese, fatta a Bordeaux), l’autore documenta ora uno spettacolo anteriore. Nel 1951, infatti, Guido Salvini la metteva in scena a Genova. Il saggio presenta una prima ricostruzione dello spettacolo, basata sui documenti dell’archivio Salvini conservato alla Biblioteca del Museo dell’Attore di Genova.


Gherardo Vitali Rosati

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