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Cineforum


anno IIL, n. 4, maggio 2008, € 7,60

C’è un fantasma che si aggira per le sale cinematografiche di mezzo mondo: è l’ultimo (stupendo) film di Brian De Palma Redacted; giustamente premiato alla Mostra del Cinema di Venezia 2007, ha trovato enormi difficoltà ad essere distribuito nei paesi coinvolti, più o meno direttamente, nella guerra in Iraq. Questo numero di Cineforum dedica proprio a Redacted il primo dei due, canonici, speciali di apertura: La falsità rivelatrice, titolo che racchiude tre ottimi lavori di Massimo Causo (L’altro non esiste), Fabrizio Tassi (No Fiction) e Antonio Piccardi (Memento!), che ci parlano di un film che però "non esiste", o meglio, che non esiste come pellicola (cioè film); infatti per Redacted è stato sperimentato un nuovo canale di diffusione: niente sale né DVD (neanche a noleggio), ma direttamente sul canale a pagamento Prima fila di Sky, tanto che viene quasi spontaneo chiedersi se siamo di fronte a nuove frontiere del marketing o della censura. Dei tre articoli solo quello di Fabrizio Tassi sfiora questo argomento sottolineando che "questo strano cinema «senza» cinema viene espulso dai cinema e (...) rispedito nel flusso di informazioni da cui è emerso" concludendo che "è ancora troppo presto per un film come Redacted, che non è quasi più cinema ma che non è ancora altro". Ne L’altro non esiste Massimo Causo parla di "differita in continuo presente di un film che non ha una ragione narrativa univoca" ed è proprio grazie a questa parcellizzazione del punto di vista che De Palma "scarnifica il reale" trasformandolo in un "universo del visibile che esiste in quanto vede ed è visto, osserva ed è osservato". Causo si sofferma anche sulle differenze tra questo film e Vittime di guerra (precedente "vietnamita" di De Palma, del quale, a mio avviso, Redacted è, da un punto di vista narrativo, più un remake che un sequel) evidenziando che, mentre il secondo "era un film che percorreva e colmava una distanza spazio-temporale, dunque elaborava in qualche modo la colpa del protagonista", Redacted "è invece un film assolutamente statico, esposto ad una sorta di veglia perenne dello sguardo, radicalmente ad occhi aperti e bloccato in un hic et nunc che non lascia spazio a nessuna distanza risanatrice". Fabrizio Tassi pone l’accento sull’originalità di questa opera rispetto agli altri film sull’Iraq di questo periodo (In the Valley of Elah e Leoni per agnelli), che consiste proprio nell’uso degli "strumenti della rappresentazione contemporanea della realtà" dove "un fatto vero viene smembrato dentro questi linguaggi, stili, menzogne". Memento! parte dall’ultima sequenza prima degli agghiaccianti titoli di coda, quella in cui il soldato McCoy si trova, suo malgrado, costretto a "ricordare" la sua esperienza di guerra, ed è un pretesto per parlare del concetto stesso di memoria, nonché della differenza tra "indimenticabile" e "memorabile", che Piccardi rimanda al commento fatto da Giorgio Agamben sul monumento berlinese di Eisenmann dedicato allo sterminio degli ebrei d’Europa (opera magistrale, della quale solo entrandoci e lasciandosi "soffocare" se ne capisce il senso e la grandezza) dove si legge che "uno dei grandi meriti di questo monumento è di ricordarci che il veramente indimenticabile non può essere affidato a nessun archivio; che nella memoria individuale come in quella collettiva la percentuale di indimenticabile oltrepassa di gran lunga quella del consapevole esser memori". Il volto di McCoy, in quella drammatica sequenza del ricordo è "un paesaggio che sembra non avere più nulla da spartire con l’orrore", proprio come quei paesaggi e quei volti ripresi da Claude Lanzmann in Shoah la cui forza "sta tutta nel mostrarci dei luoghi irriconoscibili come luoghi dell’orrore."

Il secondo speciale, dal titolo L’invisibile è politico, riguarda il film di Alina Marazzi Vogliamo anche le rose, ed è composto da un eccellente scritto di Tullio Masoni e Alberto Zanetti (che rivelano grande sensibilità e competenza verso l’universo culturale femminile) dal titolo L’autenticità è un approdo, dove si mette in relazione questa opera della Marazzi con la sua produzione precedente (Per sempre e Un’ora sola ti vorrei), elogiandone la capacità di riuscire a giostrarsi nel pericoloso campo delle "tecniche miste" mescolando magistralmente fiction e documentario, scomodando paragoni con i Comizi d’amore pasoliniani. Segue un’intervista alla regista curata da Sandra Campanini e dallo stesso Masoni.

Tra le schede di questo mese si segnala l’interessante recensione parallela di Tutta la vita davanti di Paolo Virzì e Non pensarci di Gianni Zanasi dal titolo La commedia e l’Italia nonostante tutto, dove Emiliano Morreale unisce la delusione verso il film di Virzì, del quale non sopporta la volontà di "alzare" il tono culturale del film con espliciti riferimenti letterari e filosofici, e la piacevole sorpresa dell’opera di Zanasi, che funziona proprio quando devia dai canoni tipici della commedia lasciando intravedere un approccio personale dell’autore al genere.

Blockbuster e (auto)censura di Pier Maria Bocchi è un gustoso esercizio di stile che prende spunto dal nuovo cinema americano "normalizzato" (quasi si fosse tornati alle regole che vigevano negli anni ’30), che, non rischiando più o quasi, non incorre più nelle maglie della censura se non per qualche PG (acronimo di "Parental Guidance") per i minori di 12 anni; Bocchi prende spunto proprio da questo acronimo per snocciolare una serie di giudizi su questo cinema che vanno dal "Politicamente Guidato" al "Prevalentemente Gradevole" passando per "Pagate [il] Giusto" (riferito alla durata standard di certi film).

Di tutt’altro tono è l’articolo di Giorgio Cremonini sul documentario Shoah di Claude Lanzmann dal titolo Nel vento, che denota una comunione di vedute con Antonio Piccardi quando parla di "luoghi che dopo oltre trent’anni non sono e non possono essere più gli stessi", cosa che trasforma "il viaggio nella memoria in una incessante deportazione, in cui tutto è un paese straniero; anche il presente storico". Illuminante la definizione che Cremonini dà del cinema di Lanzmann che "si fonda sul laicismo della visione e dell’ascolto: la logica aberrante dell’evento parla da sola; le storie narrate dai testimoni sono specchi in cui possiamo riconoscerci, senza nasconderci dietro parole facili e consolatorie come inumanità o crudeltà".

Molto interessante è il book dal titolo Italiana, sul cinema italiano contemporaneo, che contiene saggi scritti da Antonio Piccardi, Bruno Fornara, Giorgio Cremonini, Francesco Cattaneo, Fabrizio Tassi Giuseppe Imperatore, Chiara Borroni, Luca Malavasi, Roberto Chiesi, Giacomo Manzoli, che attraversano praticamente tutto lo spettro del nostro cinema attualmente "visibile" (dai "maestri" Monicelli e Bellocchio a Marco Tullio Giordana, da Michele Placido ai "giovani" Sorrentino e Garrone, passando per Lucchetti, Mazzacurati, Dritti, Chiesa, Ciprì e Maresco, ma anche Benigni, De Lillo, Avati, Winspeare, Salani, Virzì, Zanasi..., non senza dimenticare in apertura e soprattutto in chiusura Nanni Moretti e il suo Caimano).

Merita un’ultima segnalazione la recensione, nella sezione DVD, del film Il potere dei sensi penultima opera di un regista francese praticamente sconosciuto in Italia: Jean-Claude Brisseau, molto amato da Rohmer, del quale sarebbe opportuno recuperare anche il resto della produzione (appena otto film dal 1983 ad oggi).




Luigi Nepi


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