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Problemi di critica goldoniana
Carlo Gozzi entre dramaturgie de l’auteur et dramaturgie de l’acteur: un carrefour artistique européen

XIII, 2007, pp. 440, € 25,00

Il nuovo numero della rivista diretta da Manlio Pastore Stocchi e Gilberto Pizzamiglio è interamente dedicato a Carlo Gozzi. Come spiega il curatore Andrea Fabiano nella Premessa, la figura del conte veneziano viene indagata quale punto di incrocio di una rete di interferenze teatrali in cui il sapere professionale dei comici italiani si ibridò con frammenti di drammaturgia spagnola e francese, producendo una corruzione positiva dell’attuale sistema dominante, sintetizzato dall’opera di Goldoni. Gli articoli, che riprendono gli interventi del convegno internazionale Carlo Gozzi entre dramaturgie de l’auteur et dramaturgie de l’acteur: un carrefour artistique européen, tenutosi a Parigi dal 23 al 25 novembre 2006, sono schematicamente raggruppabili in tre gruppi sulla base della diversa prospettiva con la quale studiosi osservano la figura del drammaturgo.

Gli interventi di apertura sono dedicati ai rapporti di Gozzi con gli attori e le attrici. Anna Scannapieco riflette sul paradosso rappresentato dal fatto che Gozzi, il primo e più grande apologeta della Commedia dell’Arte, non abbia dedicato che poche  e sparse pagine agli attori in carne ed ossa della compagnia di Antonio Sacco, con i quali collaborò per oltre un ventennio. Il materiale per riempiere di ricordi e testimonianze la propria impresa editoriale non sarebbe infatti mancato, ma la conclusione a cui giunge Scannapieco, dopo aver ricapitolato le notizie conosciute sulla truppa di Sacco e averne fornite di nuove, è che quella che Gozzi garantisce ai comici è una sopravvivenza ideale, che ne cancella la specificità o addirittura l’identità in nome di un progetto mitografico che mira a porre su uno sfondo astorico la Commedia dell’Arte e a far emergere la supremazia artistica ed etica dell’autore che presta il proprio soccorso, volontario e gratuito, ad una truppa di attori in crisi di idee e di capitali.

Marzia Pieri utilizza le attrici della compagnia Sacco, che aveva un forte assetto familiare e matriarcale, per evidenziare le scelte drammaturgiche che guidarono Gozzi dalle Fiabe alle commedie spagnolesche. Nelle Fiabe le parti femminili ruotano intorno al talento comico di Andriana Sacco, sorella di Antonio, che interpretava con moine, doppi sensi e travestimenti virtuosistici il ruolo di servetta. Dalla fine degli anni ’60, parallelamente al declino delle maschere, si assiste a una crescente importanza drammaturgica dei personaggi femminili, che diventano il motore dell’azione. Se in una prima fase Gozzi, ricorrendo al materiale umano che aveva a disposizione, crea terzetti femminili basati sull’amorosa Antonia, moglie del capocomico, e sulle sue figlie Giovanna e Angela, la scrittura in compagnia di Teodora Ricci nel 1770 sconvolse ogni equilibrio drammaturgico e produttivo. Per la nuova attrice infatti l’autore creò un nuovo tipo di donna protagonista, spietata e fragile, incline agli eccessi e alla nevrosi, antesignana delle eroine romantiche.

Alla Ricci è dedicato anche l’articolo di Fabio Soldini, che riporta e commenta un fascicolo autografo inedito, recentemente acquisito nel Fondo Gozzi della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, nel quale il drammaturgo racconta il suo rapporto con la primadonna in termini diversi rispetto a quelli delle Memorie inutili. Oltre all’interesse testuale (si tratta infatti di una fase redazionale precedente a quelle finora conosciute), il fascicolo getta una nuova luce sulla storia della Ricci e della sua famiglia, connotata con termini sistematicamente scabrosi e negativi, che non lasciano scampo alla condanna morale dell’autore, evidentemente non così ironico e distaccato come nelle Memorie inutili vorrà poi far credere.

Alle nuove carte gozziane acquisite dalla Marciana fa riferimento anche Alberto Beniscelli, che enuclea i mutamenti scenico-narrativi che intercorrono da una versione all’altra delle Fiabe e ricostruisce le molteplici fonti letterarie dei drammi, restituendo così l’mmagine di uno scrittore che mentre scrive pensa in chiave teatrale e fornisce agli interpreti indicazioni funzionali alla rappresentazione.

Giulietta Bazoli analizza il testo del Serpente, il manoscritto che precede la redazione della Donna serpente per l’edizione Colombani del 1772, e che si suppone possa essere stato impiegato come copione dalla compagnia di Antonio Sacco. Il serpente infatti ha un carattere maggiormente prescrittivo rispetto al testo edito, recando istruzioni sui costumi, sui movimenti degli attori, sulle tonalità di voce e sul momento di eseguire i lazzi.

Piermario Vescovo indaga Le convulsioni o sia Il contratempo e Addio a Venezia 1763, due delle opere inedite del drammaturgo veneziano. Lo straordinario interesse di questa farse metateatrali consiste nel fatto che l’autore mette in bocca al suo capocomico notizie sostanziali sull’organizzazione della compagnia e sul suo repertorio, che all’altezza della stagione comica 1763-64 poteva unire sulle scene, in una stessa serata, La cena male apparecchiata di Gozzi e L’osteria della posta di Goldoni.

I legami di Gozzi con il teatro europeo, e in particolare con quello francese, sono oggetto del secondo blocco di interventi. Lucia Giari si occupa dell’acceso dibattito scoppiato a Venezia nel 1771-72 tra Gozzi i sostenitori del drame flebile, guidati da Elisabetta Caminer. Dopo aver ripercorso le tappe dello polemica, viene posto in esame il rapporto del drammaturgo con l’attrice Caterina Manzoni, che risulta diverso rispetto ai giudizi che Gozzi espresse a riguardo degli altri attori che recitavano nei drammi tradotti dalla Caminer, e che l’arrivo a Venezia di Teodora Ricci comprometterà definitivamente. Gérard Luciani pone al centro del suo articolo la conoscenza da parte di Gozzi del teatro della Foire, per il quale provò una profonda attrazione, tanto da equipararlo alla Commedia dell’Arte e da utilizzare le commedie di Alain-René Lesage e Thomas-Simon Gueullette come materiale comico per le sue Fiabe. Ginette Herry rintraccia le fonti dei Pitocchi fortunati in due novelle di Mille et un jours, ma la struttura dell’opera gozziana viene collegata ad una conoscenza approfondita di Misura per misura e del trattamento che Shakespeare riserva al tema del potere e del suo esercizio.

La terza e ultima parte della rivista si occupa della ripresa e della trasmissione di alcuni stilemi e tematiche della scrittura scenica gozziana nei generi drammaturgici e narrativi europei dall’Ottocento fino ai nostri giorni, con una panoramica che spazia dall’opera wagneriana alle fiabe scandinave, dall’avanguardia sovietica fino alla trasposizioni in versi martelliani di Edoardo Sanguineti. Di particolare utilità è l’articolo di Carmelo Alberti, che ripercorre gli episodi più significativi delle messinscene italiane del XX secolo partendo dal Re cervo di Alessandro Brissoni del 1939 per arrivare alla Donna serpente con Marcello Bartoli del 2006.

L’appendice a cura di Paolo Grossi, riporta la voce dedicata a Carlo Gozzi da Pierre-Louis Ginguené per la Biographie Universelle Michaud nel 1816, ancora oggi interessante non tanto per le notizie contenute, talvolta inesatte e approssimative, quanto per l’ampiezza riservatale dall’editore, che la pone alla pari di Goldoni e dei personaggi di maggior rilievo della cultura francese.


Lorenzo Colavecchia


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