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Il mecenatismo di Caterina de' Medici
Poesia, feste, musica, pittura, scultura, architettura
A cura di Sabine Frommel e Gerhard Wolf

Venezia, Marsilio, 2008, pp. 524 con ill. b/n, Euro 49,00
ISBN 8831793527

È uscito per le edizioni Marsilio un pregevole volume dedicato al mecenatismo di Caterina de’ Medici, principessa fiorentina che dal 1548 ricoprì la prestigiosa carica di regina di Francia. Il volume, curato da Sabine Frommel e Gerhard Wolf (con la collaborazione di Flaminia Bardati) contiene gli interventi del convegno organizzato a Firenze nell’autunno del 2005 dal Kunsthistorisches Institut di Firenze-Max Planck e dall’École Pratique des Hautes Études della Sorbona di Parigi.

I contributi  convergono in modo unanime sull’importanza strategica del mecenatismo di Caterina sottolineandone le importanti ricadute nell’organizzazione e gestione della vita politica del regno francese. E questo soprattutto all’indomani della tragica morte del marito Enrico II quando la vedova fiorentina, nel bel mezzo di anni turbolenti minati da forti tensioni religiose e sociali, fu chiamata al difficile compito di reggente e quindi di regina madre. Nell’atteggiamento di Caterina influirono da un lato il gusto dell’arte ma anche il dinamismo e il pragmatismo della famiglia di origini mercantili dei Medici, dall’altro la raffinatezza dell’antica nobiltà del casato francese dei Tour d’Auvergne della quale era diretta discendente per via materna. Proprio questo appartenere geneticamente a due patrie, e quindi a due sensibilità diverse, le permise di incrociare e far dialogare gusti, competenze e capacità differenti, in un continuo gioco di scambi, citazioni e contaminazioni tra cultura italiana e cultura francese che fino a quel momento non aveva mai raggiunto un così ampio orizzonte.

Il volume si presenta diviso in quattro sezioni. La prima si rivolge al mecenatismo letterario. Al centro del saggio  di Jean Balsamo sono i processi ideologici e stilistici che condussero i poeti di corte alla creazione dell’immagine di una regina coronata di virtù immortali, mentre in quello di Isabelle de Conihout e Pascal Ract-Madoux l’attenzione è rivolta alla ricostruzione della libreria dispersa di Caterina attraverso una meticolosa indagine che lascia intuire come molti esemplari e codici possano tutt’oggi trovarsi all’interno delle diverse biblioteche fiorentine. Servendosi della vasta corrispondenza di Caterina con i principali dignitari europei, Caroline Zum Kolk indaga infine l’evoluzione del patronage dagli anni dell’arrivo in Francia fino alla morte del secondogenito Carlo IX.

Anche nella seconda parte, sottotitolata Feste, Musica, Rappresentazione della Maestà Reale, il mecenatismo della regina risulta strettamente connaturato all’ottica politica come dimostra in apertura il saggio di Brian Sandberg sull’uso propagandistico delle immagini religiose commissionate da Caterina nel corso delle guerre di religione. La sezione prosegue con due contributi dedicati allo spettacolo di corte. Sara Mamone si sofferma sull’ingente debito della spettacolarità francese verso la sovrana medicea che a Parigi portò con sé quella visione fiorentina dello spettacolo inteso come strumento di consolidamento del potere signorile. Dall’analisi dei festeggiamenti francesi la studiosa mette quindi in luce come i modelli della spettacolarità fiorentina, rielaborati e contaminati dalla pratica francese, prenderanno nuovamente la strada di Firenze dove giungeranno rigenerati e pronti a contribuire ai nuovi fasti medicei. Sara Mamone sottolinea infine l’importante ruolo di Caterina per l’affermazione a Parigi delle prime compagnie dell’Arte italiane che proprio alla città transalpina legheranno la creazione e la fortuna del proprio mito. Nell’intervento successivo Philippe Canguilhem sposta l’attenzione sul nuovo genere del Ballet de Cour con il quale la regina, facendo danzare “côte à côte protestants e catholiques”, si propose il difficile obiettivo di mantenere quella coesione politica attorno alla corona che le guerre civili e di religione stavano seriamente minando. L’indagine sulle strategie per la  promozione di un’immagine emblematica e duratura della corona prosegue nel saggio di Barbara Gaehtgens dedicato allo studio degli arazzi commissionati da Caterina a Antoine Caron con la finalità di esaltare la storia della casa dei Valois Angoulême. L’analisi del programma iconografico è portata quindi a conclusione nell’intervento di Monique Chatenet che a partire dalla ricca corrispondenza tra i diplomatici francesi e i duchi padani di Mantova e Ferrara mette a nudo la rigida pianificazione e il pregnante valore simbolico assunto dagli abiti nelle cerimonie di corte. Dettagli esaustivi sui particolari della vita mondana parigina giungevano anche a Roma dove la regina, che nella città papale aveva vissuto alcuni anni sotto la protezione dello zio Clemente VII prima di imbarcarsi verso Parigi, non mancò di inviare i suoi artisti preferiti a perfezionarsi negli studi come si evince dal saggio conclusivo della sezione di Martine Boiteux.

La terza sezione, inerente il collezionismo, la pittura e la scultura, rivela nuovi e  poliedrici interessi della regina francese. Se Bernadette Py e Dominique Cordellier raccontano i forti legami con il pittore e decoratore di fiducia, l’italiano e manierista Francesco Primaticcio, Caterina mostrò un vivo interesse anche per la ritrattistica (nella quale, secondo Alexandra Zvereva, conciliava il suo amore per l’arte e quello per la comprensione dell’animo umano), per la statuaria e le decorazioni marmoree (saggio di Geneviève Bresc-Bautier) e per l’universo intellettuale e scientifico come rivela il contributo di Margriet Hoogvliet sul Gabinetto delle Curiosità che la sovrana aveva organizzato al primo piano dell’Hôtel de la Reine a Parigi.

Chiude il volume la sezione dedicata all’architettura e ai giardini in cui ancora una volta il dialogo e lo scambio continuativo avviato alla corte di Caterina tra Francia e Italia è ben indicato dai saggi di Sabine Frommel, Vincent Drouget e Christoph Luitpold Frommel. Gli scritti dei tre studiosi ripercorrono le diverse fasi progettuali dei più importanti edifici e monumenti commissionati da Caterina mostrando le non comuni competenze architettoniche della sovrana fiorentina. Tra gli edifici del tempo ormai scomparsi vi fu quello detto Maison Blanche edificato all’interno del castello di Gaillon sulle cui ipotesi di costruzione si sofferma Flaminia Bardati. Addentrandosi all’interno delle stanze dei palazzi reali Luisa Capodieci esamina i progetti auto-celebrativi ed encomiastici presenti nell’affresco del soffitto della residenza di Enrico prima e di Caterina poi nel castello di Blois mentre il saggio riepilogativo di Henri Zerner  tende a rivalutare una volta per tutte la diffamante accusa di Reine noire rivolta a Caterina dai suoi avversari politici.

Il volume, corredato nella parte finale di un ricco apparato iconografico, si pone come una approfondita e completa pubblicazione su una delle più importanti figure femminili del Rinascimento che per prima tra le illustri sovrane del tempo promosse al più alto livello un mecenatismo artistico di ampio respiro, di lunga durata e di importanti ricadute sul piano politico, istituzionale e culturale.



Leonardo Spinelli


Copertina

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