Sono passati quasi due anni da quando a Torino è calato il sipario sul ‘Progetto Domani lambizioso ciclo di cinque spettacoli diretti da Luca Ronconi in occasione delle Olimpiadi Invernali del 2006 e oggi luscita per i tipi Ubulibri dellelegante monografia dallomonimo titolo, a cura di Cristian M. Giammarini, nella collana «I libri bianchi», fornisce una preziosa occasione per riconfrontarsi ormai sulla base di un conseguito distacco critico con questo tanto discusso (e per certi versi discutibile) ‘evento teatrale, pluripremiato sì, ma ad un tempo oggetto di non poche pesanti censure.
Sin dallIntroduzione firmata da Cristian Giammarini interprete di formazione ronconiana direttamente coinvolto nel progetto in qualità di attore il volume, rinunciando a qualsivoglia prospettiva valutativa, si offre come una obiettiva, per quanto appassionata, testimonianza ‘dallinterno del complesso lavoro di messa in scena che nel febbraio 2006 portò in rapida successione ai debutti torinesi di Troilo e Cressida di William Shakespeare, di Atti di guerra di Edward Bond, de Il silenzio dei comunisti di Vittorio Foa, Miriam Mafai e Alfredo Reichlin, de Lo specchio del diavolo di Giorgio Ruffolo ed infine di Biblioetica. Dizionario per luso di Gilberto Corbellini, Pino Donghi e Armando Massarenti, tutti per la regia di Luca Ronconi.
Scandita in cinque sezioni, intestate ai cinque diversi spettacoli, la mera rilevazione degli accadimenti si viene orchestrando, nel corso dello studio di Giammarini, in una articolata, e teatralissima, partitura polifonica in cui la voce di Ronconi, si intreccia agli interventi dei principali autori viventi dei copioni e alle considerazioni dei tre protagonisti del Silenzio dei comunisti, spettacolo dattore per eccellenza nel contesto di questa grande fabbrica registica. In perfetta omologia con la natura multiforme del progetto di partenza, ne esce un saggio composito a chiara vocazione enciclopedica, non alieno da un gusto spiccato per la sottile ironia, in cui il découpage della drammaturgia shakespeariana o di Bond si avvicenda ai bilanci dei cambiamenti di scenari storici caratteristici degli ultimi decenni, alle valutazioni prospettiche sullo sviluppo sostenibile o alle analisi dellaberrante scandalismo ‘pornogenetico che inquina la perspicuità dei dibattiti bioetici contemporanei.
Tra le pieghe di questo policentrico e sincretistico catalogo così in odore di liquida ed instabile tuttologia postmoderna, se non fosse per lansia di capire ‘neo-illuminista da cui è dominato in modo non dissimile dalla sua fonte teatrale a margine dellinchiesta sui temi scottanti del progetto prende corpo una stimolante summa della poetica teatrale di Ronconi tutta tesa a definire in fieri la matrice fisiologico-linguistica della recitazione ‘ronconiana, a fotografare linclinazione architettonica del ductus ermeneutico del maestro, a redigere linventario delle sue ossessioni estetiche e a circoscrivere e circostanziare la sua maniacale attenzione per la vexatissima quaestio della nuova drammaturgia, affrontata notoriamente non tanto nei termini di una trascrizione in chiave ‘contemporanea della grammatica teatrale tradizionale, sibbene in quelli della fondazione ex novo di un linguaggio scenico genuinamente ‘contemporaneo strutturato su sagaci mutuazioni da paradigmi comunicativi extrateatrali.
Sottrattosi al pericolo della caduta in facili accensioni (auto)celebrative non certo rare allorquando ci si cimenta nella rendicontazione del proprio diretto vissuto anche in virtù di una esposizione piana (forse a tratti al limite dellelementare), il referto di Giammarini, probabilmente un po lacunoso in merito alla pianificazione del Progetto, ha forse i propri limiti più evidenti sul piano storico-critico nellappiattimento del percorso di messa in scena in una sorta di sistematizzazione sincronica, e tutto sommato ‘per comparti stagni, sicuramente comoda ai fini del conseguimento di una certa chiarezza, ma al tempo stesso poco adatta a render adeguatamente giustizia alla processualità sfaccettata e contraddittoria, fitta di rimandi interni, della creazione scenica di Ronconi, e sul piano dellorganizzazione della materia in un malcelato squilibrio tra le varie componenti del discorso, verosimilmente solo in parte giustificabile con il diverso peso dei singoli allestimenti.
A prescindere dagli appunti che gli possono essere mossi, il volume Ubulibri sul ‘Progetto Domani, facendo propri gli scoperti moventi dellardita esperienza teatrale da cui prende le mosse e riproponendo nei fatti leterno mito ronconiano dello ‘spettacolo infinito che eccede lo spettatore, vale soprattutto per la sua capacità di porsi come stimolo provocatorio per riavviare la riflessione sul senso e sulla legittimità della pratica scenica nel mondo di oggi, forse oggi dati troppo per scontati. Ammirevole, quando non condivisibile, la pionieristica tenacia con cui Ronconi combatte da decenni per portare avanti la sua visione del teatro come strumento di conoscenza complessa maturata attraverso lesperienza, refrattaria ad ogni riduzione della scena alla dimensione di puro intrattenimento, per quanto ‘alto, e tutta innervata dallopposta volontà di accordare al teatro quella dignità di spazio culturale che lintellighenzia italiana fatica ad accordargli.
Ammirevole, quando non condivisibile, il suo serrato e lucido confronto con i nuovi media nel tentativo più ancora che di scoprire grotowskianamente lo specifico teatrale, di arricchire la sintassi scenica di nuove possibilità di senso collettivo e comunitario, al di fuori degli steccati esoterici della cosiddetta ‘ricerca. Ed è proprio di questa tenacia e di questo confronto che si nutrono le pagine di Progetto Domani.
di Claudio Longhi
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