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Plauto, J. B. Molière, H. v. Kleist, J. Giraudoux

Anfitrione
Variazioni sul mito
A cura di Lucia Pasetti

Venezia, Marsilio, 2007, pp. 402, € 9,00
ISBN 978-88-317-9311-7

Il volume fa parte della collana "Variazioni sul mito" a cura di Maria Grazia Ciani e segue la collaudata formula secondo la quale si raccolgono le più significative rielaborazioni teatrali del soggetto in questione con esempi tratti dall’antichità ad oggi (sono già state trattate le figure di Elena, Medea, Fedra, Alcesti, Antigone, Elettra, Don Giovanni, Orfeo).

Nel caso di Anfitrione l’apertura spetta alla commedia di Plauto (traduzione dal latino di Renato Oniga), destinata a diventare il punto di riferimento per le riscritture successive, della quale rimangono oscuri molti aspetti, dall’anomalia dell’argomento mitologico in un repertorio dominato da ambienti borghesi al prologo affidato a Mercurio in cui pronuncia "che farò in modo che sia una commedia con un misto di tragedia". Plauto coniò il termine "tragicommedia", intendendo l’assimilazione di elementi tragici in un tessuto comico e aprendo, in questo modo, la strada alla mescolanza di riso e di pianto che sperimenteranno le drammaturgie rinascimentali europee. Inedito è anche l’incontro tra un personaggio e il suo doppio, in cui gli dei sfruttano il loro potere per rubare le sembianze umane, producendo equivoci anche dai risvolti inquietanti come il celebre incontro tra Sosia (la vittima) e Mercurio (il carnefice). La figura di Anfitrione risulta imprigionata nel doppio. Nel rapporto con Sosia usa violenza fisica e violenza psicologica per mettere in discussione la sua credibilità. Quando si sente abbandonato dalla moglie, servi e amici, percepisce la sensazione dell’identità rubata anche da un punto di vista sociale, come pater familias e autorevole cittadino.

La fortuna dell’Anfitrione latino continuò nel Medioevo e, a seguito della riscoperta del 1427 di dodici commedie, si infittirono gli interessi con lavori filologici sui codici e attraverso sempre più frequenti allestimenti teatrali, prima in latino poi in volgare. L’influenza del modello platino nella commedia umanistica e poi in quella del Cinquecento fu notevole.

Con la rielaborazione di Jean Baptiste Molière si assiste ad un processo di emancipazione dal testo del commediografo latino. La svolta, preceduta da Les Sosies di Jean Rotron nel 1636 che adattò l’opera al gusto contemporaneo, determina la trasformazione del personaggio di Sosia. Interpretato dallo stesso autore con successo al teatro del Palais – Royal nel 1668, diventa il motore comico dei tre atti dell’opera, che introduce nuovi personaggi, La Notte, Cleonte (serva di Alcmena e moglie di Sosia), e quattro capitani tebani. Il nuovo Sosia non si presenta nei panni dello schiavo bensì come un "valletto di un gran signore, e dunque rispettoso delle buone maniere, poco incline alla servilità", sottolinea Lucia Pasetti nell’Introduzione (p. 28). Egli subisce l’autorità nel rispetto del suo ruolo di inferiore, che esprime anche nell’uso di un linguaggio comico popolare, a differenza dei protagonisti di rango, caratterizzati da una parlata nobile e cortigiana.

L’affiancamento di Cleonte a Sosia è un assunto tipico della commedia dell’Arte. I loro battibecchi si contrappongono alle eleganti contese verbali dei due giovani innamorati di alto rango. Commedia squisitamente moderna, l’Anfitrione (che nel volume Marsilio si legge nella traduzione dal francese di Paolo Giuranna) bersaglia, come altre opere di Molière, i meccanismi del potere nelle sue rigide gerarchie. Alla fine vince il falso Anfitrione, in quanto espressione di buone maniere e sicurezza, mentre quello vero è visto come troppo aggressivo e la sua silenziosa rassegnazione alla sconfitta assomiglia alla mortificazione del gentiluomo consapevole di essere stato sopraffatto da un personaggio superiore.

Alla base della riscrittura dell’Anfitrione (tradotto dal tedesco da Ervino Pocar) di Heinrich von Kleist del 1807 c’è la dichiarata volontà di contrastare il modello francese, operando un radicale cambiamento nella fisionomia interiore dei personaggi, con ripercussioni nell’impianto narrativo, "puntando alla confusione dei sentimenti", come sottolineò Goethe. Ne è vittima, in primo luogo, Alcmena, incapace di distinguere l’oggetto dell’amore e perciò avviata ad un percorso di destabilizzazione dell’anima. La donna ha perso i tratti della dama cortigiana e indossa i panni dell’eroina romantica alla ricerca dell’amore assoluto. Così la scena del litigio con il vero Anfitrione (II, 2) è drammatica rivelazione del sospetto di un mortificante tradimento, che produce un devastante squilibrio nella coppia. Quando il falso Anfitrione ritorna per rassicurare Alcmena (II, 5), scatta un movimento declinante di Giove. La donna non ne percepisce la natura divina, non pone differenze tra l’amante e il marito. Con la scelta finale a favore del primo, perché il secondo viene ritenuto causa del tradimento, "il dramma si affranca definitivamente dal tema molèriano del marito beffato – osserva la Pasetti (p. 40) – configurandosi piuttosto come una riflessione filosofica sulla capacità dell’io di conoscere la verità su di sé e sui propri sentimenti".

Tra i tanti Anfitrioni del Novecento, caratterizzati da un libero scompaginamento dell’archetipo platino, spicca Anfitrione 38 (1929) di Jean Giraudoux (tradotto dal francese da Tobia Zanon), che offre molte acquisizioni ricavate da Kleist. Alcmena è la protagonista, Sosia ricopre un ruolo marginale, il tema del doppio sfuma in secondo piano mentre al centro della commedia vive la coppia umana, colta nella sua dimensione borghese e domestica e osservata a distanza da Giove e Mercurio. La contrapposizione tra la dimensione umana e la sfera divina si fa netta, e questo determina la totale fedeltà della moglie al marito, che produce la sconfitta di Giove attraverso passaggi cruciali, quali il rifiuto dell’amata di definire "divina" la notte appena trascorsa e la successiva negazione dell’immortalità, perché la morte è "il prezzo della vita".

Memore del vaudeville, Giraudoux riabilita il motivo dello scambio dell’identità come generatore di equivoci. E’ Leda, già amata da Giove, che informa Alcmena delle intenzioni di dio rivelandole che, per sedurla, assumerà le sembianze di Anfitrione. Sarà l’amica a sostituirsi alla moglie fedele, ma vittima dell’inganno sarà il vero Anfitrione che, di ritorno dalla guerra, passerà inconsapevole la notte con Leda. Tuttavia il doppio tradimento produce l’effetto di rigenerare l’intesa nella coppia. Attraverso il ricorso alla rimozione della trasgressione la coppia borghese e terrena trova nuova linfa vitale. Completano il volume Marsilio esaurienti schede sul profilo degli autori e delle opere, e un ricco apparato bibliografico.


Massimo Bertoldi


Copertina

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