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Chaplin e l'immagine

A cura di Sam Stourdzé

Bologna-Genova, Cineteca di Bologna - Le Mani, 2007, pp. 256, euro 30.00
ISBN 88-8012-394-7
E’ fuor di dubbio che Chaplin e l’immagine sia stata una delle più belle mostre del 2007: organizzata a Bologna, la cui Cineteca da anni sta conducendo un encomiabile lavoro di recupero e diffusione a tutti i livelli del cinema di Chaplin, è stata accompagnata da un sontuoso catalogo curato dallo studioso Sam Stourdzé che, privilegiando il rapporto tra cinema e fotografia, indaga da diversi anni i meccanismi di diffusione dell’arte attraverso la circolazione delle immagini, con una particolare attenzione al loro contesto di produzione, diffusione, ricezione.

Nel breve saggio che introduce il catalogo Stourdzé applica la sua metodologia all’analisi dell’immagine di Charlot, il celebre personaggio creato da Chaplin intorno alla metà degli anni Dieci, quando il comico era ancora alla Keystone, la "scuderia" di Mack Sennett: "L’espressione del viso di Charlot contribuì alla definizione sociale del suo personaggio. Questa relazione – marchio di fabbrica dei suoi primi film – fu rafforzata dai manifesti pubblicitari, la cui efficacia era dovuta alla chiarezza e all’immediatezza del messaggio che veicolavano. Con le loro illustrazioni caricaturali, i manifesti riproducevano e accentuavano la mimica del primo Charlot, che unita ai leggendari baffi, bastone da passeggio, scarponi e bombetta, esprimeva al meglio lineamenti e caratteristiche del personaggio" (p. 9).

Il progressivo distacco dallo formula slapstick di Sennett, l’affermarsi di una precisa ed originale individualità creativa, il passaggio al cinema comico come "danza" del personaggio e della mdp, sono tutti fattori che contribuiscono all’enorme successo e alla diffusione dell’immagine dell’attore negli Usa e nel mondo, in concomitanza alla crescente espansione del cinema stesso. Con la fama lo status di Chaplin cambiò, si evolse verso uno stile recitativo sempre più sottile ed elaborato, che cercò di preservare assumendo anche il controllo delle sue produzioni, nei tempi in cui Hollywood aveva già messo in piedi la fabbrica dello studio system: "L’accortezza con cui diffondeva la sua immagine, il suo modo di rispondere alle critiche dei benpensanti, il talento con cui si assicurava la diffusione mediatica delle sue risposte costruirono non tanto la ragione del cambiamento, quanto il suo elemento catalizzatore, a conferma del fatto che Chaplin era pronto a far evolvere il suo personaggio, a cogliere ogni occasione" (p. 13).

Stoudzé ripercorre quindi la storia di Chaplin attraverso il suo rapporto con la tecnica recitativa, lo stile, la ricezione della sua stessa immagine, dall’idolatria degli anni Venti, all’impegno sociale e politico dei Trenta, dall’avvento del sonoro, al progressivo distacco dal pubblico e al ripiegamento nella leggenda. Il ricchissimo apparato iconografico che costituisce la parte più corposa del volume riporta le immagini di questa evoluzione: le bellissime foto tratte dai set dei film (dagli esordi alla Keystone alle ultime prove da regista) che permettono al lettore di entrare nella "bottega" di Chaplin e di conoscere la sua metodologia di lavoro sono di grande importanza per studiosi e appassionati. Le ricche didascalie, che riportano le frasi di Chaplin e dei suoi collaboratori illustrano le idee sulla regia, sulla recitazione, sui costumi, sulle scenografie, oltre che offrire una preziosa edizione dei bozzetti di scena de Il grande dittatore e di Tempi moderni, oltre naturalmente a locandine, copertine delle riviste, cartoline, manifesti pubblicitari ecc.

Completano il catalogo due sezioni; la prima è costituita i testi e le foto delle tre giornate passate da Chaplin nel dicembre del 1952 in Italia, a cui tutto il cinema e la cultura italiana in generale, come il potere democristiano, tributarono feste e riconoscimenti come in nessuna altra parte del mondo; la seconda è uno scritto di David Secchiaroli, l’unico fotografo di scena a cui fu permesso di lavorare sul set de La contessa di Hong Kong, l’ultimo film di Chaplin, interpretato da Sophia Loren e Marlon Brando, a cui si accompagna un ricordo di Kevin Brownlow, che spiega come Chaplin dirigeva gli attori, lui che "per spiegare il personaggi interpretava tutti i ruoli contemporaneamente". Il contrario, evidentemente, del personalissimo Metodo di Brando. Ma questa è un’altra storia.

Marco Luceri


copertina del libro

cast indice del volume


 



 
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