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Komik. Ästhetik Theorien Strategien
Numero speciale di "Maske und Kothurn"

Wien-Köln–Weimar, Böhlau Verlag, 2006, pp. 539, € 23, 80
ISSN 0025-4606

Si presenta come una inesauribile miniera di argomenti e materiali di ricerca questo corposo numero di "Maske und Kothurn" che raccoglie i contributi della VII conferenza internazionale tenuta dal 4 al 7 novembre 2004 presso l’Università di Vienna, il Theater der Jugend e l’Institut für Theater und Medienwissenschaft. I sette capitoli del libro Komik. Ästhetik Theorien Strategien analizzano il linguaggio comico nell’ambito dello spettacolo.

Nella prima, "…Innenseite der Trauer…", Rainer Stollmann studia le cause che provocano il riso e dimostra i condizionamenti socio-culturali, Stefan Hulfeld analizza i Prologhi di Domenico Brini e le Fantesies di Jean Gracieux Bruscambille per inquadrare il "nichilismo commediante", una sorta di rovesciamento velato di visioni pessimistiche delle utopie e degli ideali rinascimentali. Jenny Schrödl e Kristof Jacek Kozak affrontano rispettivamente il significato delle forme e delle dinamiche della comicità contemporanea e le implicazioni filosofiche presenti nel pensiero di Socrate e Aristotele per lo sviluppo del dibattito novecentesco sul comico e sul tragico. Di interesse si presenta il saggio di Nikolaus Müller-Schöll che dimostra come non sempre il linguaggio comico filtrato nella drammaturgia teatrale aderisca alla rappresentazione della realtà, non susciti cioè la risata in quanto non si sviluppa un gioco interattivo con il contesto socio-culturale, lo specifico momento storico e la tipologia espressiva del testo, come successo per gli allestimenti di Der Groß-Cophta di Johann Wolfgang Goethe nel 1791, Schweyk di Bertolt Brecht (1943) e Umsiedlerin oder das Leben auf dem Lande di Heiner Müller (1962).

La seconda sezione del volume, "...Plötzlichkeit der Kontraste…", presenta argomenti attinti dalla storia dello spettacolo. Hellmut Flashar si sofferma sulla finzione del comico nella Commedia Antica scegliendo come punto di osservazione gli elementi fantastici e le allusioni politiche che nell’opera di Menandro diventano critica pungente. In merito M. J. Pernerstorfer circoscrive l’analisi a Kolax. Si rimane in età antica con Evelyn Fertl che si occupa degli aspetti del comico nei ruoli femminili presenti nel mimo d’età romana.

Nella terza parte del libro, "…Maske der Kritik…", prosegue la ricognizione storica circa le modalità di sviluppo del linguaggio comico a partire dal Cinquecento indagato da Heidy Greco-Kaufmann. La studiosa si concentra sulla figura del contadino come fu trasferito sul palcoscenico nei testi scritti per gli spettacoli carnevaleschi di Lucerna. Il personaggio, avvolto di attributi comici, mantiene nella rappresentazione in chiave satirica e teatralizzata la sua posizione sociale del dannato subalterno. Donna divina o furia infernale, si chiede Katy Schlegel a proposito di Vincenza Armani. La risposta viene data dall’analisi dello spettacolo dei Comici dell’Arte e della ricezione da parte del pubblico, distinguendo lo spettatore laico da quello ecclesiastico sulla scorta delle testimonianze ritagliate dalle cronache dell’epoca e che poi in definitiva convergono nel riconoscere l’intreccio simultaneo di angeli e demoni sul palco. Otto G. Schindler presenta una riduzione del saggio Viaggi teatrali tra l’Inquisizione e il Sacco. Comici dell’Arte di Mantova alle corti degli Asburgo d’Austria, pubblicato nel volume I Gonzaga e l’Impero. Itinerari dello spettacolo (1560-1630), a cura di Umberto Artioli e Cristina Grazioli (Firenze, Le Lettere, 2005). Si staziona nel mondo della Commedia dell’Arte con il contributo di Friedemann Kreuder. Si tratta di un’analisi della funzione del linguaggio comico in Der neue Krumme Teufel (1758) di Joseph Felix von Kurz, seguendo il personaggio della serva Fiammetta. L’indagine sul Settecento si completa con lo studio di Daniela Weiss-Schletterer che, indagando il teatro maturato a Weimar quando Johann Wolfgang Goethe era intendente, avanza riflessioni sull’attualità della sostanza narrativa delle commedie anche in relazione alla tradizione del comico tedesco. Illustrano la stagione dell’Ottocento due autorevoli esponenti, quali Johann Nestroy, con la sua satira pungente e la parodia portate alla luce da Johann Hüttner, e Georg Büchner che in Leonce und Lena coniugò nella visione romantica la rappresentazione in chiave comica del dramma del potere. Il XX secolo comprende un’interessante panoramica del cabaret russo svolta da Swetlana Lukanitschewa, attenta a studiare il funzionamento dei meccanismi del comico negli allestimenti fatti da Nikolai Evreinov.

Nella parte centrale del libro ("…Ernst des Scheins…") sono riuniti saggi prevalentemente teorici. Argomento del contributo di Matthias Warstat sono le risate nervose e sardoniche intese come segno connotativi dell’attore nello stile di Eleonora Duse e di Sarah Bernhardt. Partendo dall’assunto che il comico esprime il linguaggio del suo tempo, Ingrid Hentschel si sofferma sulle opere teatrali di Christoph Marthaler, Elfriede Jelinek, Werner Schwab e René Pollesch per presentare traiettorie diverse, nello stile e nell’approccio con il materiale narrativo, attive nella drammaturgia contemporanea. Nel saggio di Andreas Englhart il problema del linguaggio comico viene trasferito nell’ambito del teatro di regia, seguendo lo sviluppo del taglio politico di Peter Zadek dagli esordi agli anni Novanta. Due interventi di Kati Röttger e Gerald Siegmund affrontano il rapporto tra eros e comicità osservando il cinema hollywodiano, La puce à l’oreille di Gerges Feydeau e il teatro postdrammatico di René Pollesch. Meritano attenzione due saggi dedicati a Carmelo Bene: nel primo, di Gabriele C. Pfeiffer, emerge la negazione comunicativa del comico che sconfina nella provocazione del corpo e nel delirio della parola come negli spettacoli tratti da Shakespeare; nel secondo, firmato da Gaetano Biccari, l’analisi si concentra sullo studio delle varianti di Amleto.

"…Chaos der Artikulation…" è il titolo della quinta sezione del libro edito da Boehlau e il discorso si rivolge ai protagonisti della scena contemporanea, a partire dal lavoro creativo svolto da Christoph Marthaler e Stefanie Carp presso la Schauspielhaus di Zurigo dal 2000 al 2004 (relazione di Thomas Bühler), per continuare con il teatro musicale ancora di Marthaler al quale Clemens Risi riconosce la capacità di abbinare lo specifico rito gestuale alle peculiarità psicologiche del personaggio. Lo stesso regista è oggetto di indagine da parte di Evelyn Klöti, che sposta l’attenzione sul versante della coreografia e della danza, dove risulta maggiore la proiezione comica, secondo quanto si ricava dall’analisi di Dantons Tod di George Büchner allestito nel 2004. Un senso di comicità malinconica, influenzata dalla gestualità della Commedia dell’Arte e dall’arte circense, si avverte nei testi Visitors Only (2003) di Meg Stuart Senza Fine - oder als Rimini noch schön war di Christina Thurner. Dallo studio dello spettacolo First Night ideato dal gruppo olandese Forced Entertainment nel 2001, Peter M. Boenisch riconosce un modo originale e innovativo di combinare il divertimento alla critica dei valori e dei miti prodotti dal consumismo e dal capitalismo. In questa panoramica culturale non poteva mancare Kasperl, il burattino simbolo del teatro popolare tedesco, colto nelle sue evoluzioni da Michael Hüttler in un saggio che storicizza il personaggio dalle origini seicentesche agli anni della Repubblica di Weimar, dal periodo nazista agli anni Sessanta con i testi di Ernst Wünsch.

"…Reiz der Unentschiedenheit …" si intitola la sesta parte del volume. Stephanie Schroedter affronta gli aspetti grotteschi e burleschi della danza barocca prendendo in considerazione una serie di spettacoli dei Seicento, tra i quali primeggia Ballet du Serieux et du Grotesque rappresentato a Parigi nell’Hotel de Ville nel 1627 e trasmesso da una serie di schizzi dei costumi, per poi trasferirsi nella Germania del Settecento con l’analisi degli scritti teorici. Nella struttura drammaturgia di due personaggi mozartiani, Tamino e Papageno di Die Zauberflöte (Il flauto magico), Anke Charton riconosce precisi riferimenti alla Commedia dell’Arte e ricorda illustri precedenti come Il ritorno d’Ulisse in patria di Claudio Monteverdi e La Calisto di Francesco Cavalli. Alla fortuna scenica del buffone Hanswurst nel teatro d’opera tedesco, Katrin Stöck dedica un’interessante ricognizione storica, privilegiando la stagione del Novecento che trova i punti di riferimento maggiori nei nomi degli artisti studiati nel saggio, Hanns Eisler, Paul Dessau, Rainer Kunad, Kurt Schwaen. Con l’intervento di Robert Sollich il comico si sposta nella contemporaneità attraverso l’analisi degli allestimenti realizzati da Hans Neuenfel, dall’Aida del 1981 a Fidelio del 2004.

Dalla lettura del settimo capitolo del libro, "…Anästhesie des Herzens …" emergono la varietà e la vitalità del linguaggio comico nel teatro tedesco del XX secolo. Klaus Wannemacher concentra l’attenzione sul teatro politico degli anni Venti maturato durante la Repubblica di Weimar e sottolinea le spinte rivoluzionarie, segnatamente nell’umorismo politico presente in Die Abenteuer des braven Soldaten Schwejk di Jaroslav Hasek allestito da Erwin Piscator nel 1928 seguendo l’adattamento di Bertolt Brecht. I gusti del pubblico teatrale e gli orientamenti degli scrittori, i mutamenti dei repertori per effetto della Grande Guerra, con la parallela metamorfosi del comico che da spensierato via via diventa cupo, costituiscono gli argomenti guida di Eva Krivanec. Con Burgtheater. Posse mit Gesang di Elfriede Jelinek si arriva al comico nella versione nichilista e scandalosa. La rabbiosa scrittura - secondo Beate Hochholdinger-Reiterer - distrugge con violenza il mito dell’attore secondo il modello viennese nato dopo il 1945, l’immagine aulica sprofonda nelle tenebre del nazismo da cui avrebbe avuto indiretta origine. Peter W. Marx riconosce una sorta di ‘umorismo etnico’ nello spettacolo tedesco tra il 1870 e il 1933. come esempi sono affrontati gli scritti precursori di David Kalisch e i film di Ernst Lubitsch.

L’ottavo e ultimo capitolo del volume, "…Schein der Maschinenhaftigkeit", si occupa di cinema. David Roesner propone un saggio dedicato all’influenza dei lazzi della Commedia dell’Arte nelle gags delle Slapstick Comedies maturate in America nel periodo 1910-1920 attraverso le interpretazioni fondamentali di Charlie Chaplin e Buster Keaton. Il tema dell’adolescenza costituisce un filone seguito dal cinema tedesco nel primo decennio del Novecento e ha prodotto una rappresentazione in chiave comica delle problematiche giovanili. Claudia Preschl propone, a titolo dimostrativo, il ruolo di Asta Nielsen in Engelein (1913) e di Ossi Oswalda in Ich möchte kein Mann sein (1918). All’analisi del film Einer trage des anderni Last realizzato da Lothar Warneke nel 1988 prodotto da DEFA (Deutsche Filmaktiengesellschaft), valutato da Wolfgang Mühl-Benninghaus come esempio di comicità assai poco comunicativa e quasi incomprensibile, segue il contributo di Claus Tieber che analizza gli ‘a parte’ (a parté) in Animal Crackers di Victor Heerman (1930), Annie Hall di Woody Allen (1977), Wayne’s World di Penelope Spheeris (1992) e Poppitz del regista austriaco Harald Sicheritz. Con la riflessione sulla produzione cinematografica di Alexander Kluge svolta da Christian Schulte si chiude questa preziosa raccolta di saggi sul Komik.



Massimo Bertoldi


copertina

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