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Il Castello di Elsinore


anno XIX, 53, 2006, euro 18,00

L'ultimo numero della rivista ĞIl castello di Elsinoreğ si apre con il saggio di Alessandro Pontremoli dedicato alla figura di Domenico da Piacenza. A questo danzatore attivo nel Quattrocento viene comunemente attribuito un noto trattato manoscritto dedicato all’arte del ballo. A partire dalle poche notizie biografiche sul ballerino e dalla ricostruzione dell'ambiente culturale che favoriva la stesura dei trattati, Pontremoli mette in discussione la diretta paternità dell'opera giungendo ad affermare che probabilmente fu stesa per Domenico da Piacenza da qualche studente universitario o da qualche tecnico di cultura più alta.

In un saggio in lingua francese, Roberto Alonge si interroga sui tempi e sui modi della nascita della regia. Riprendendo una tesi di Marie-Antoinette Allevy, l'autore sottolinea l'importanza dei livrets scéniques che vengono pubblicati a Parigi dal 1828 per insegnare ai teatri di provincia a riallestire gli spettacoli di maggior successo nella capitale. Allo scopo di assemblare gli elementi indicati dai livrets si delinea una nuova figura professionale, quella del régisseur, che però concepisce ancora la messinscena più come una pratica organizzativa che artistica. La prima figura di regista, nel senso modernamente inteso, è individuata da Alonge, che accoglie una tesi già espressa da Franco Perrelli, in Adolphe Montigny. A questa personalità spetta il merito di aver trasferito nell'ambito del teatro professionale l'attenzione all'allestimento complessivo degli spettacoli e la cura per il testo fino ad allora esercitata in occasioni eccezionali prevalentemente da drammaturghi estranei al mondo dei teatranti, come nel caso di Vigny meticoloso autore/direttore di Chatterton allestito nel 1835 alla Comedie Française.

Elena Randi dedica il suo intervento alla prima pièce pubblicata da Théophile Gautier, Une Larme du Diable, di cui vengono enucleati i principali temi. Il saggio fa emergere il forte tessuto metateatrale dell'opera e si interroga sulle ragioni per le quali il Gautier non avrebbe mai proposto questo testo a un teatro.

Il quarto saggio di questo numero della rivista, Medea da Adelaide Ristori a Giacinta Pezzana di Giulia Tellini, mette a confronto il lavoro delle due celebri attrici ottocentesche che, a partire dal testo di Ernest Legouvé, dettero due versioni originali e personali del personaggio di Medea. L'atteggiamento nei confronti di questa interpretazione è rivelatore delle diverse personalità delle due attrici, ma anche dello scontro tra due diverse generazioni di attori.

Chiude la sezione saggi Sonia Bellavia che illustra le modalità ed i tempi di penetrazione dell'opera ibseniana a Vienna a partire dagli inizi controversi fino al momento della consacrazione. A questo scopo l’autrice ricostruisce il succedersi delle rappresentazioni dell’autore norvegese nella capitale dell'Impero, analizzando per ogni evento le reazioni del pubblico e della critica. Si delineano in questo modo le diverse fasi del complesso rapporto tra Ibsen e Vienna.

Completa la rivista la sezione Materiali in cui Melanie Gliozzo propone alcune riflessioni sul teatro di Enzo Moscato, analizzando la struttura narrativa dei due monologhi Compleanno (1992) e Luparella (1997).


 



Emanuela Agostini


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