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Tom Stoppard

Teatro delle parodie
Acrobati - I mostri sacri

Milano, Costlan, 2005, pp. 190, € 9,60
ISBN 88-7437-004-0

La prima edizione del Teatro delle parodie di Tom Stoppard, volume contenente Acrobati (Jumpers) e I mostri sacri (Travesties) tradotti da Laura Del Bono e Elio Nissim e arricchito dall'Introduzione di Franco Marenco, fu pubblicata nel 1984 da Costa & Nolan. Nel 2005 lo stesso libro è stato ristampato dalla milanese Costlan, nata dalle ceneri della casa editrice genovese, come operazione finalizzata al recupero di un libro importante e difficilmente reperibile, che vuole sottolineare la popolarità di cui gode il drammaturgo inglese anche in Italia, sia come autore drammatico (si ricordano Rosencrantz e Guildenstern sono morti, L'invenzione dell'amore, Traversata burrascosa allestito da Attilio Corsini nel 1988 fino alla recente Arcadia), sia in qualità di scrittore di testi televisivi e radiofonici e di sceneggiature cinematografiche, tra le quali spiccano Shakespeare in Love (1998), con cui ha vinto un Oscar, e Tulip Fever.

Stoppard è creatore di un linguaggio originale e immediatamente riconoscibile, che ha contribuito a rinnovare e rivitalizzare la scena comica inglese. Si tratta di un teatro leggero, lontano da pretese ideologiche e privo di messaggi intellettuali da divulgare, svincolato dalla logica delle sequenze narrative della drammaturgia tradizionale e fondato sull'idea di parola senza verità, svuotata della sostanza concettuale che le è propria. Funambolico giocoliere e manipolatore della parola, con le sue facezie raffinate e intellettuali, Stoppard sviluppa la sua opera nel bizzarro gioco del 'teatro nel teatro' attraverso citazioni e parodie di grandi classici e nelle acrobazie linguistiche che presentano una sistematica sfasatura tra significato e significante. Questo procedimento creativo però non si richiama al filone del Teatro dell'Assurdo, come sottolinea Franco Marenco nell'Introduzione, poiché lo stile è privo di visione, non disegna un mondo, "allude a tutto ma non illustra che se stesso"(p. 15).

I testi raccolti nel volume di Costlan raccontano una realtà popolata da parole che si rincorrono a sproposito. In Acrobati (1972) i virtuosismi fisici e verbali del mondo dello spettacolo si incrociano, fino a convergere, con le capriole intellettuali di due professori di filosofia, George e Arci, impegnati a disquisire sull'esistenza di Dio con teorie che non dimostrano e significano nulla, e con i disturbi psichici di Dotti, moglie di George, star della commedia musicale prematuramente a riposo, ansiosa di recuperare forma e notorietà. Nella divertente commedia c'è un delitto di cui rimane vittima un altro professore di filosofia, che l'intraprendente ispettore di polizia, invaghito della bella Dotti, cerca inutilmente di risolvere per poi farsi ingenuamente incastrare in una presunta aggressione. Dal gioco delle acrobazie verbali si passa a quello fisico e artistico proposto da un gruppo di otto ginnasti invitati da Dotti per ravvivare una festa da lei organizzata. Tuttavia la performance d'apertura risulta piuttosto deludente perché non ritenuta abbastanza "incredibile", mentre decisiva nell'economia narrativa della vicenda si presenta l'esibizione successiva, in quanto dà l'avvio al finale di Acrobati che culmina con il recupero dell'arte canora per Dotti e dell'equilibrio interiore e verbale per Arci.

I mostri sacri è una parodia di The Importance of Being Earnest (L'importanza di chiamarsi Ernesto) con i personaggi della commedia impegnati nella recita dell'opera di Wilde come realmente successe a Zurigo nel 1918 per volontà di James Joyce. Tra i protagonisti storici figurano anche Lenin e Tzara, e realmente vissuto è anche Henry Wilfred Carr, figura centrale impegnata nel ruolo di Algernon Moncrieff, che Steppard presenta ormai vecchio e malandato, intento a ricordare il celebre episodio teatrale che lo vide protagonista. In una ricostruzione confusa, spesso contraddittoria e ripetitiva anche nelle invenzioni dei nomi e dei fatti, Carr parla con la voce del dandy impenitente che ripropone la formula degli anni zurighesi di magiche speranze rivoluzionarie malgrado il procedere della storia abbia sepolto quella stagione delle utopie. La scrittura di Stoppard non punta al coinvolgimento emotivo o ad un atteggiamento nostalgico. Il realismo comico dell'opera ridicolizza sia il mito dell'artista incompreso che quello della sovversione antiborghese che nella memoria di Carr sono vissuti non come principi ideologici ma come semplici espedienti utili per sbarcare il lunario.



Massimo Bertoldi


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