Dopo tanto girovagare, Eric Clapton torna a casa. Questo almeno il messaggio che il chitarrista-cantante sulla breccia ormai da quarant'anni ci vuole mandare attraverso la copertina, dove è disegnato il particolare di una discesa da un treno con due scarpe e la custodia dell'amato strumento in primo piano. Un titolo, Back Home, che però musicalmente è fuorviante. Perché ci si può aspettare di tutto dalle canzoni del nuovo cd, dal blues (ma già From the Cradle e Riding with the King - inteso come B.B. - avevano ampiamente celebrato il genere) all'epopea rock tipica dello stile Cream, visto che il 2005 è stato l'anno della reunion del gruppo alla Royal Albert Hall di Londra. Niente di tutto questo. Anzi all'età di 60 anni l'artista, passato dalla scuola di John Mayall a varie formazioni per poi proseguire in un'onorata carriera solista, lancia un messaggio ben preciso. Back Home vuole  semplicemente essere un album di belle canzoni, da ascoltare possibilmente in un'atmosfera familiare o durante una gita in auto con il lettore cd a volume medio-alto. Per dimostrare tutto questo, le foto del libretto mostrano Clapton attorniato da moglie e figli, e gli stessi musicisti che hanno collaborato con lui sono ritratti con compagne e bambini più che in studio di registrazione. A partire da Simon Climie, co-produttore, tastierista e coautore di cinque brani, al fianco di Clapton a partire da Pilgrim del 1998, per proseguire con il chitarrista Doyle Bramhall II, figlio d'arte e autore di due brani oltre che musicista supporter nel 2001 durante il Reptile Tour che toccò anche Milano e Firenze, arrivando fino a Billy Preston, tastierista di lungo corso (suo il piano elettrico di Get Back dei Beatles, l'organo hammond nel Concerto per il Bangladesh oltre a tante presenze in dischi e concerti dei Rolling Stones). E poi musicisti ospiti come Chris Stainton, pianista e autore che ricordiamo nel Mad Dogs & Englishmen di Joe Cocker, Pino Palladino, bassista-collaboratore di lusso a partire dagli Who, e soprattutto Steve Winwood, altro grande della musica britannica che condivise con Clapton la breve ma fruttuosa esperienza Blind Faith. 

B.B. King e Eric Clapton, Apollo Theatre, New York, 2003, foto Jeff Christensen

Se dovessimo trovare un punto di riferimento nella sua discografica a cui potrebbe essersi rifatto l'artista, diremmo sicuramente 461 Ocean Boulevard, che risale al 1974. Forse Back Home è  un 461 Ocean Boulevard  più maturo, con il suono che Clapton ha trovato negli anni 2000. Ci sono riferimenti al reggae (Say What You Will), ci sono ballate di classe (One Day), c'è un grande amore per la musica soul con la bella versione di Love Don't Love Nobody. A questo si aggiunga un pizzico di blues (ci pensa Doyle Bramhall II con Lost and Found), e qualche bel momento chitarristico degno della fama di Slowhand  (mano lenta, il suo soprannome) e il cocktail musicale è servito. C'è un bell'omaggio all'amico scomparso George Harrrison di cui Clapton propone la poco conosciuta Love Comes to Everyone, e un altro a Stevie Wonder (I'm Going Left). La canzone che dà il titolo all'album è posta in fondo, una ballata dal sapore americano con venature country, preceduta da un'altra, Run Home to me, dove la parola casa è enfatizzata in altro modo, quasi in forma di preghiera gospel. La voce di Clapton è sempre in bella forma, senza usura, forse grazie anche alle tonalità delle canzoni, brillanti sì ma senza esagerare (forse solo in Revolution l'impegno in questo senso è più marcato), mentre della capacità strumentale abbiamo già detto.

I Cream nella reunion del maggio 2005, Royal Albert Hall, Londra

Back Home è in sostanza un album che potrebbe non conquistare al primo ascolto gli estimatori del Clapton "duro e puro", ma rimane un disco di belle canzoni eseguite da musicisti di alto profilo. Un divertimento di buona fattura. Può bastare?

                                                                 Michele Manzotti