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SegnoCinema
Registi in cerca d'autore

a. XXIII, 2003, n. 122, euro 5,50
ISSN 0393-3865
Un rischio grosso quello del SegnoSpeciale estivo: trattare come se fossero degli autori alcuni registi di dubbio o difficoltoso incasellamento critico; cineasti con qualche film alle spalle - da un minimo di due a un massimo di sei - troppo consapevoli del proprio lavoro per essere annoverati tra i supini esecutori degli ordini di scuderia (e di mercato) e troppo poco continui nei risultati per acquisire un'incondizionata dignità autoriale.

Per Flavio De Bernardinis - curatore di questo speciale, in cui sono coinvolti tutti i principali collaboratori della rivista - si tratta dello «zoccolo duro dell'arte e dell'industria commerciale», che, forse per una sostanziale indifferenza nei confronti dei parametri tradizionali di giudizio, finisce per presentarsi troppo in anticipo o troppo in ritardo all'appuntamento con la critica. Viene da chiedersi se sia davvero questo il modo migliore per accostarsi a film e a registi simili, ma l'operazione ha il merito, se non altro, di mettere ben in evidenza i "buchi neri" della critica, spesso del tutto impreparata davanti a oggetti che è incapace di riconoscere.

Un primo gruppo di registi (Garrone, Jeunet, LaBute, Luhrmann, Muccino, Ozon e Shyamalan) è passato al setaccio di un griglia analitica composta da sei punti, uno di inquadramento sintetico e generale (Frame Stop) e cinque rivolti all'approfondimento di alcuni tratti stilistici e tematici (Narrazione, Attori, Set, Sound, Arti e Culture). Ad altri undici cineasti (Amenábar, Bay, Clark, Crowe, D'Alatri, Darabont, Mangold, Nolan, Solondz, Verbinski e Zonca) sono dedicati dei profili "liberi", redatti allo scopo di evidenziare le caratteristiche principali dei film realizzati.

La sezione "Saggi e interventi" si segnala per il varo di "SegnoAnalisi", nuova serie di interventi analitici su testi filmici; come "pilot" troviamo un accurato lavoro interpretativo di Luca Bandirali ed Enrico Terrone su Minority Report, impostato in due momenti successivi, uno di segmentazione commentata e uno di ricomposizione analitica. Il secondo intervento propone un riscontro tra la versione europea e quella americana di Shining: dopo una precisa e dettagliata descrizione dei diciannove tagli operati da Kubrick in quella europea - più breve di ventiquattro minuti - Matteo Bisato trae conclusioni sul significato dei tagli e sulle inevitabili differenze tra le due versioni. Pregevole, in entrambi i saggi, l'abbondante utilizzo di immagini provenienti direttamente dai fotogrammi dei film.

di Federico Pierotti


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