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Melania Bucciarelli

Italian opera and european theatre, 1680-1720
Plots, performers, dramaturgies

Turnholt, Brepols, 2002, pp. XXIV-228, ill., euro 75,00
ISBN 2-503-51021-3

Il volume, pubblicato dalla Fondazione Pietro Locatelli di Cremona, attraverso la Brepols belga, si presenta in una veste editoriale particolarmente curata e con un ricco corredo iconografico.

Il contributo di Melania Bucciarelli si pone egregiamente tra le file più avanzate e attente degli studi sull'opera degli ultimi venti anni, che, smessi obsoleti strumenti storiografici, ricorrono sempre più a una molteplicità di fonti e di contaminazioni metodologiche. La collocazione dell'opera italiana e dei suoi interpreti in un più ampio territorio culturale e 'genetico', attraverso un'articolata serie di punti di vista (formativo-professionali, teorici, retorici, drammaturgici), è l'obiettivo dichiarato di questo volume.

Dopo Fumaroli e i suoi studi fondamentali sull'influenza della retorica nello spettacolo seicentesco, e in particolar modo sul teatro dei gesuiti, non può esservi studio (serio) che possa prescindere dal confronto con questa 'disciplina'. L'autrice, all'interno della obbligata strada a doppio senso che collega la Francia all'Italia (senza escludere il grande territorio germanico), offre sin dal primo capitolo una interessante e ulteriore 'tavola' di paragone sui debiti che il teatro ha verso i modelli retorici. Una puntuale analisi che parte dall'influenza drammaturgica delle Parties Intégrantes - in cui Corneille 'traduce' gli elementi della poetica aristotelica - e giunge al trattato di Franciscus Lang, Dissertatio de actione scenica (Munich, 1727). Ricorrendo alle immagini contenute in quest'ultimo, rappresentanti emblematiche pose oratorio-drammatiche (che singolarmente 'ritornano' nelle Lezioni di declamazione del 1832 di Antonio Morrocchesi), l'autrice illustra alcune caratteristiche della recitazione del cantante d'opera. L'acting si rivela base fondamentale (e precisamente codificata) dell'attività di ogni grande "virtuoso".

Il volume, pur indugiando a volte eccessivamente nella ricognizione tra le ormai 'indagatissime carte' della trattatistica coeva, non manca di vitalizzare, contestualizzare e riscontrare pragmaticamente exempla teorici con exempla concreti, sia attraverso le 'disposizioni sceniche' tratte dai manoscritti dei grandi librettisti del '700, sia con il ricorso alle fonti iconografiche.

Uno dei nuclei centrali di questo libro è il rapporto tra Opera e commedia dell'Arte. Una vexata quaestio, una zona d'ombra che ancora si sottrae a una 'piena luce'. La Bucciarelli utilizza, tra l'altro, in modo sistematico il trattato/manuale Dell'arte rappresentativa premeditata ed all'improvviso di Andrea Perrucci, che racchiude sia modelli della retorica (insieme alla musica la vera protagonista di questo libro), sia modi dell'Arte. Interessanti i puntuali raffronti tra libretti e precedenti scenari.

L'analisi delle strategie retoriche e drammaturgiche dell'Astianatte di Antonio Salvi (librettista) è condotta (capitolo VI) attraverso una serrata e brillante comparazione retorico-testuale-drammaturgica tra il modello - l'Andromaque di Racine del 1667 - e l'Astianatte, appunto, nelle varie edizioni settecentesche. Un imprescindibile 'saggio' per coloro che da questa solida piattaforma desiderassero approfondire l'aspetto cortigiano e culturale (quello mediceo del principe Ferdinando, figlio di Cosimo III e Margherita-Luisa di Orléans) in cui si svolse la prima rappresentazione. Un altrettanto brillante e forse ancor più avvincente approfondimento riguarda il Radamisto di Handel e la sua complessa genealogia.

Il volume si chiude con tre appendici in cui sono trascritti rari scenari di varia provenienza, la dedica di Carlo Sigismondo Capece a I giochi troiani del 1688, e, infine, una lista di libretti 'modellati' su opere italiane e francesi.
 

di Gianni Cicali


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