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«Lo stupor dell'invenzione». Firenze e la nascita dell'opera
Atti del convegno internazionale di studi, Firenze, Teatro della Pergola, 5-6 ottobre 2000

A cura di Piero Gargiulo

Firenze, Olschki, 2001, pp. XVIII - 174, s.i.p.
ISBN 88 222 5047 8
In questo volume il lettore ha l'opportunità di conoscere l'humus storico che segna l'avvio del fenomeno 'opera' e dei suoi sviluppi in Italia e all'estero, nonché di rivisitare e rileggere alcuni degli aspetti più illuminanti e significativi di quel fondamentale evento musicalteatrale che è la nascita dell'opera. Rappresentando l'Euridice di Peri-Rinuccini (Firenze, Palazzo Pitti, 6 ottobre 1600) insieme un traguardo ed un avvio di un graduale processo, l'ampio ventaglio di prospettive da cui muovono i singoli contributi di ricerca illustra i molteplici aspetti del fenomeno, dagli antecedenti più illustri a una prospettiva proiettata nel futuro che ne coglie gli sviluppi in area toscana, italiana ed europea.

Affrontando il nuovo stile e la nuova morfologia dello spettacolo operistico (emblema della "maraviglia"), Claudio Gallico indaga le relazioni tra la recitazione intonata (recitar cantando) e la declamazione poetica. Piero Gargiulo propone una rilettura delle prefazioni di Jacopo Peri, Giulio Caccini e Marco da Gagliano alla luce dei contenuti e delle finalità estetiche e tecnico-esecutive. Claudio Annibaldi, sulla base di documenti anche inediti, indaga "i percorsi teorico-pratici ispirati da committenza aulica e patrocinio aristocratico e la loro incidenza sul repertorio operistico" (p. XV). Gary Tomlinson, muovendo da suggestioni magico-filosofiche ficiniane, individua nel canto dell'Euridice l'accesso privilegiato dell'umanità alle armonie del cosmo. John Whenham rilegge l'Orfeo di Monteverdi in una prospettiva organica che vede l'intreccio, l'apparato poetico-musicale e l'impianto scenico strettamente correlati fra loro. Franco Piperno, indagando l'evento celebrativo delle nozze del 1621 tra Federico Ubaldo Della Rovere e Claudia Medici, dimostra che la monodia era in uso non solo a Firenze, bensì anche in altri centri, come Roma e Pesaro, dove veniva praticata in maniera autonoma e parallela. Herbert Seifert fornisce un quadro dell'approdo e della recezione dello spettacolo operistico oltralpe. Sara Mamone illustra attraverso esponenti del casato mediceo i percorsi del patronato accademico e della gestione teatrale, che va muovendosi verso tipologie analoghe al pubblico teatro. Lowell Lindgren infine, spostandosi un secolo dopo la nascita dell'opera, ricostruisce la ricca e movimentata carriera dell'evirato fiorentino Gaetano Berenstadt, quale significativo esempio del professionismo canoro del tempo.

di Paolo Mechelli


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