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Maurizio Buscarino

Il teatro segreto

A cura di Maurizio Buscarino, Piergiorgio Giacchè, Mario Martone

Milano, Leonardo Arte-Electa, 2002, pp. 166, fot., euro 57,00
ISBN 88-435-9801-5
"Entrare in carcere non è un'esperienza di tutti e di tutti i giorni. Per lo più si entra per essere chiusi e trattenuti a forza. Sono gli operatori, quelli che agiscono per conto nostro, a entrare e uscire - un po' come i medici e il personale da un ospedale - ma i degenti, quelli, rimangono costretti e sospesi nella loro condizione". 

Con queste parole inizia il volume Il teatro segreto di Maurizio Buscarino - uno tra i maggiori fotografi 'teatrali' dei nostri anni - dedicato interamente agli spettacoli messi in scena dai detenuti del carcere di Volterra in Toscana. 
 

Maurizio Buscarino
Maurizio Buscarino
All'interno di una bella e congrua veste grafico-editoriale, più di cento foto descrivono e ritraggono questa singolare, unica e importante esperienza dello spettacolo dei nostri anni. Immagini di un bellissimo bianco/nero narrativo ed evocativo al tempo stesso, senza traccia di retorica o autocompiacimento.

Protagonisti sono gli attori della Compagnia della Fortezza, nata all'interno del progetto Laboratorio teatrale nel Carcere di Volterra, a cura di Carte Blanche, nell'agosto 1988. 

La compagnia da allora non ha mai smesso di allestire spettacoli. I titoli di cui il volume dà conto nel ricco apparato di note alle foto e agli spettacoli (con cast completi di nomi di attori, registi, scenografi, costumisti ecc.) sono molti, ricordiamo: I negri di Jean Genet del 1996 (compagnia della Fortezza, regia Armando Punzo), Orlando da Ludovico Ariosto 1998 (idem), Insulti al pubblico di Peter Handke 1999 (idem), Macbeth 2000 (idem), Amleto 2001 (idem), I mari del Sud (regia di R. Formigoni, con la partecipazione dei detenuti del carcere di Foggia). 

L'aggettivo segreto del titolo ha la sua radice in un'altra esperienza di teatro nel carcere, avvicinata in prima persona da Buscarino a S. Vittore tra il 1990 e il '94. Vi si erano formate due 'correnti di pensiero' su quale dovesse essere il destinatario degli spettacoli prodotti in carcere: il pubblico esterno (quello dei 'liberi', dei giornalisti, dei critici), o il pubblico dei detenuti, producendo così una sòrta di teatro segreto e senza testimoni. Questo ossimoro o ambivalenza (teatro segreto) rimane nel titolo di un libro sulle rappresentazioni aperte (relativamente) anche al pubblico esterno della fortezza-carcere di Volterra.

Le varie sequenze di immagini mostrano gli attori prigionieri durante le prove, nel corso degli spettacoli, mentre sono a un passo dal pubblico 'libero' (deuteragonista di questo spettacolo foto-teatrale), oppure attraverso singoli, bellissimi ritratti - l'aspetto più 'intimamente fotografico' di questo lavoro di Buscarino. 

Nello spazio del 'quadro' si integrano (perfettamente e in modo significativo) le scarne scenografie e i corpi seminudi degli attori con la scenografia 'maggiore' offerta dall'edificio del carcere. Uno scenario certo suggestivo (una rocca-castello turrita e merlata) qui avvertito e reso nella sua duplice e inquietante funzione/fruizione: scena di castello 'esotica'-medievale che si presta a qualunque tipo di moderno adattamento scenico-tratrale; entità incombente sugli attori e sul pubblico, essendo una struttura detentiva, un luogo in cui 'siamo' privati della libertà: un archetipo sociale e artistico che inevitabilmente influenza l'interpretazione e la ricezione.

Molti scatti riprendono detenuti a petto e cosce nudi: varie tipologie, tutte accomunate da una certa ipertrofia virile al limite dell'intelligente dose di pesi e manubri: niente ostentazioni 'calendaristiche' nel percorso iconografico di questo libro. L'erotico - presente ma senza alcun tipo di affettazione - si associa a una tenue patina affettiva e giocosa. Il teatro nella Fortezza di Volterra viene affidato a una memoria fotografica che ne sa cogliere lo spettacolare, l'insolito, il professionale, l'erotico e molte altre cose ancora (anche al di là della volontà dell'artista, probabilmente).

I 'prigionieri' affidano al teatro, all'attorialità e a queste splendide immagini un prezioso, raro messaggio verso l'esterno equivalente a uno stornello cantato da Anna Magnani nel film Nella città l'inferno. Ma qui e oggi non sono evocate le atmosfere moralistiche di quella pur bellissima pellicola del 1958, ma l'esperienza di vita drammaturgica di questi attori. È qualcosa più vicino a un concetto quale teatro nella città, titolo allusivo valido in questo caso sia per ricordare l'ordine gigante della struttura muraria volterrana, sia per vagheggiare un irreale/utopistico apocrifo agostiniano: la città del teatro, luogo di libertà e liberazione spirituale e creativa.

Perdute per anni, stanno riemergendo, o sono riemerse in modi tra i più disparati, valenze dell'arte drammaturgica che vanno al di là delle consuetudini formalizzate, di massa o d'avanguardia che siano: una di queste è raccontata nel libro di Buscarino, con maestria tecnica e rigore artistico. 

Questo teatro di e degli attori prigionieri trasmette un'ingenua e ammiccante offerta corporea agita durante il tempo indifferente dello spettacolo. Infatti, tre diversi 'vissuti' temporali coincidono in questo teatro/carcere: il tempo incarcerato dei detenuti, il tempo normale del pubblico, il tempo indifferente della rappresentazione.

Il volume si avvale anche di alcuni scritti prefatori, tra cui segnaliamo quello di Mario Martone

di Gianni Cicali


Copertina del volume

cast indice del volume


 

Dei pupi, di Maurizio Buscarino

 

L'intervista a Maurizio Buscarino



 
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