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Roland Barthes

Sul teatro

A cura di Marco Consolini

Meltemi editore, Roma, 2002, pp. 292, Euro 20,00
Roland Barthes, uno dei maggiori studiosi contemporanei di semiologia e comunicazione, ha insegnato all'Ècole des Hautes en Sciences Sociales e al College de France. Ha collaborato con le più importanti riviste di letteratura e di cultura e si è dedicato dal 1953 al 1961 alla rivista Thèâtre Populaire. Tra i suoi saggi più famosi figurano Miti d'oggi, Il piacere del testo, Frammenti di un discorso amoroso, La camera chiara.

Quasi sconosciuta fuori dalla Francia era l'intensa attività di critica teatrale di Barthes. La pubblicazione di Sul teatro, raccolta di tutti i testi di argomento teatrale, finora inediti in Italia, non confluiti nei volumi dei Saggi critici, colma tale lacuna. I saggi vengono pubblicati seguendo l'ordine cronologico così da ripercorrere in modo quasi autobiografico le tappe dell'interesse di Barthes per il teatro.

Dalla lettura dei contributi del semiologo emerge che la sua passione teatrale nasce alla fine degli anni Venti attraverso l'esperienza di spettatore, attore, traduttore-adattatore, animatore e regista di un gruppo amatoriale universitario e si consolida dal 1953 con l'attività di critico militante nella nascente rivista "Théâtre Populaire" in cui egli pubblica recensioni di spettacoli, editoriali, articoli polemici di argomento teatrale. Produce articoli con regolarità, anche se con decrescente frequenza e intensità, fino al 1961 quando abbandona il teatro in maniera definitiva. Della scena francese, Barthes non salva né il teatro ufficiale e borghese della Comédie o del Marigny di Jean-Louis Barrault, né quello d'avanguardia. Apprezza, invece, il Théâtre National Populaire di Jean Vilar di cui vede la vicinanza al grande archetipo della tragedia antica nell'adozione della scena aperta, nel rifiuto dell'illusionismo, dello psicologismo, dell'enfasi nella recitazione, del naturalismo o della preziosità nella decorazione.

Scrive nella recensione-saggio del 1953 sul Il principe di Homburg di Kleist allestito da Vilar: "la plasticità di uno spettacolo è più importante della pièce in sé; Il principe di Homburg di Vilar è uno spettacolo, non certo un insieme di accidenti e di accessori riuniti intorno a un testo deificato conformemente al culto tutto borghese della Letteratura […] ma piuttosto la nostra idea sensibile di un determinato atto storico che impone la sua plasticità a tutti i sensi del pubblico e la distribuisce in parti uguali al testo, allo spazio, allo stile, ai movimenti."

L'obbiettivo è la definizione concreta di un teatro popolare, divertente e nello stesso tempo difficile, d'intrattenimento e di pensiero. Ma l'arrivo, nella primavera del 1954, del Berliner Ensemble a Parigi con la Madre Courage di Brecht abbaglia Barthes e lo allontana da qualunque altro artista.

Inoltre, il sistema brecthiano offre l'occasione di fare del teatro un vero e proprio terreno di scontro e di "Théâtre Populaire" un organo di lotta per rinnovare il teatro parigino. La riflessione di Barthes si trasforma così da una parte in esegesi della scrittura scenica brechtiana così da servirgli da vera e propria palestra semiologica e dall'altra in ancora più corrosiva e spietata critica al funzionamento del teatro borghese.

Dopo il periodo '54-'57 in cui Brecht sconvolge il teatro francese, il semiologo inizia progressivamente a disinteressarsi del teatro per poi arrivare al silenzio totale quando lo shock del teatro epico è rapidamente sostituito da un'ambigua "pax brechtiana". Afferma, infatti, sconsolato: "Ho sempre amato molto il teatro, eppure non ci vado quasi più. È un voltafaccia che insospettisce anche me. Cos'è accaduto? Quando è accaduto? Sono cambiato io o è cambiato il teatro? Non lo amo più o lo amo troppo?"

La riscoperta di questi saggi permette di seguire tale percorso e mostra il lavoro di un intellettuale che, mentre raggiunge la sua maturità misurandosi con il teatro, elabora quei temi che ne faranno uno dei maitres à penser del Novecento.

di Albarosa Camaldo


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