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Roberto Roversi

Unterdenlinden

A cura di Arnaldo Picchi

Bologna, Pendragon, 2002, pp. 138, euro 13,00
ISBN 88-8342-162-0
L'opera teatrale Unterdenlinden di Roberto Roversi, scritta nel 1965 e pubblicata nello stesso anno dalla casa editrice Rizzoli, viene in questa edizione riproposta con un ricco apparato di note, riferimenti bibliografici e con una postfazione di Arnaldo Picchi.

L'impostazione editoriale tende a collocare l'opera drammatica nel contesto della sua apparizione inserendo - nelle pagine esplicative al testo - un breve, ma documentato, accenno alla 'prima nazionale' avvenuta il 3 maggio 1967 al Piccolo Teatro di Milano per la regia di Raffaele Majello.

L'azione inizia il suo svolgimento la notte tra il 7 e l'8 maggio 1965 (data che segna la prescrizione dei reati di guerra) e narra della riapparizione di Adolf Hitler e del suo fedele aiutante Martin Bormann. La storia è dunque quella - qui assunta come simbolo universale - della presa del dominio (economico e politico) di un Hitler redivivo che inizia la sua ascesa conquistando la presidenza di un'industria di "sardine-uomo" da inscatolare.

I detentori del potere economico - affascinati dalla dimostrazione della non comune capacità decisionale mostrata dal novello Adolfo - secondano la scalata di un uomo dai tratti maniacalmente sadici e immorali. Decisionismo e pragmatismo (la didascalia esegue sottolinea spesso le 'insensate' azioni del personaggio) non importa se sostanziati da bestialità e inettidune, soggiogano e irretiscono gli altri e risultano essere la carta vincente del protagonista: "Non dico proprio nulla. Penso fra me e decido. Penso fra me e preparo. Penso fra me e vinco. Ho bisogno della maretta per calmarmi".

La straniante giustapposizione dei quadri scenici, che compongono un tessuto narrativo dal ritmo cabarettistico, se ben restituisce lo spaesamento provocato da un'ascesa assurda e banale - per giunta costellata di crimini - rischia però di risolversi in una ripetitiva lista esemplificatoria che non si scioglie in accadimenti. Neppure le colte note di Picchi, volte a documentare con accertati fatti storici gli spunti della perifrasi drammatica, danno ordine ad una pièce slegata, ma dal messaggio desolatamente efficace.

I dolorosi avvenimenti del contemporaneo scenario nazionale e internazionale bastano da soli a motivare la scelta della riedizione di un testo che induce a riflessioni, purtroppo, ancora oggi, tragicamente necessarie.

 

di Francesca Simoncini


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