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Il mito nel teatro tedesco
Studi in onore di Maria Fancelli
A cura di Hermann Dorowin, Rita Svandrlik, Uta Treder

Perugia, Morlacchi Editore, 2004, pp. 430, euro 20,00
ISBN 88-89422-19-X

Il volume, pubblicato in onore della professoressa Maria Fancelli, figura di grande rilievo della germanistica italiana, è dedicato al mito nel teatro tedesco e raccoglie un notevole numero di saggi, ciascuno dedicato ad un diverso aspetto del complesso rapporto tra testo teatrale e mito nella letteratura tedesca dall'epoca barocca a quella contemporanea.

All'affettuoso ritratto di Maria Fancelli tracciato da Uta Treder, segue il breve contributo di Claudio Magris dedicato alle polene, un testo che spazia dalla letteratura inglese a quella latinoamericana e che, pur non inserendosi pienamente nel contesto tematico del volume, appare decisamente affascinante per la poeticità e l'agilità dello stile.

Con il saggio di Harald Steinhagen, dedicato ad uno dei massimi rappresentanti della letteratura barocca tedesca, Andreas Gryphius, si entra più propriamente nell'ambito di indagine del volume. Rifiutando un'interpretazione dell'opera di Gryphius in chiave meramente cristiana, Steinhagen si concentra sulla particolare rappresentazione della storia che si dispiega nei Trauerspiele dell'autore tedesco, e tenta di dimostrare come la storia diventi in essi "mito", ovvero la "prosecuzione della preistoria mitica nel corso naturale della storia". Al rapporto tra mito, storia e teatro è dedicato anche il saggio di Patrizio Collini su Dantons Tod di Georg Büchner. In tale opera, secondo l'analisi qui presentata, l'intera struttura drammatica si regge proprio sulla strettissima "interconnessione" tra mito e storia ed è caratterizzata da una costante distruzione dell'illusione scenica che, sul piano tematico, corrisponde all'intento büchneriano di smascherare la mitizzazione teatrale della storia da parte dei protagonisti della rivoluzione.

Numerosi sono i saggi dedicati alla ricezione di figure della mitologia greca nella drammaturgia tedesca. Tra questi spicca il contributo di Giuseppe Bevilacqua, corifeo della germanistica italiana, che, con il suo consueto stile levigato ed incisivo, prende in esame il frammento drammatico Prometheus di Goethe, illustrando i tratti peculiari della rielaborazione goethiana del mito greco. Emilio Bonfatti, altro importante germanista, presenta invece un'analisi accurata e approfondita della ricezione del mito di Meleagro nel teatro tedesco tra Settecento e Ottocento, passando in rassegna l'opera di autori quali Lessing, Heyse e, in ambito inglese, Swinburne. Ad altri importanti autori della letteratura tedesca a cavallo tra Settecento e Ottocento, quali Winckelmann, Kleist, Klingemann, sono dedicati i contributi rispettivamente di Giorgio Cusatelli, Lucia Borghese e Elena Agazzi.

Norbert Oellers analizza due diverse ricezioni del mito di Cassandra nell'epoca classico romantica tracciando un confronto puntuale ed attento tra due componimenti, rispettivamente di Stolberg e Schiller, dedicati alla "bella figlia di Priamo". Se nella Kassandra di Stolberg, così Oellers, il mito viene strumentalizzato a fini ideologici, in quella di Schiller esso è allo stesso tempo "attualizzato" e "conservato", senza che ne venga tradita la vera essenza. A Schiller è dedicato anche il contributo di Uta Treder che, analizzando Die Jungfrau von Orleans, individua nel mito, ed in particolare nel richiamo alle figure delle amazzoni e della sibilla, lo "strumento" attraverso cui Schiller sottrae la "pulzella" alle varie denigrazioni perseguite sia dalla Chiesa che dal razionalismo illuministico per farla "entrare, a pieno diritto, nella storia". Sulla figura di Giovanna d'Arco, in particolare sulla sua ricezione in ambito novecentesco, si incentra anche lo studio di Rita Calabrese dedicato al radiodramma di Anna Seghers Der Prozess der Jeanne D'Arc, zu Rouen 1431.

La seconda parte del volume presenta una serie di contributi dedicati al rapporto tra mito e teatro nella letteratura novecentesca, tra cui sono da segnalare l'originale saggio di Ingrid Hennemann-Barale su mito e utopia in Merlin di Tankred Dorst, e il testo di Fabrizio Cambi sulla ricezione del mito di Ulisse nella letteratura teatrale della RDT. Tra i saggi dedicati alla letteratura a cavallo tra Ottocento e Novecento, si segnalano quello di Aldo Venturelli sulla funzione del mito nell'opera di Nietzsche, e due contributi, rispettivamente di Vivetta Vivarelli e Leonardo Tofi, incentrati sulla produzione letteraria di Hofmannsthal.

Il volume si chiude con uno dei contributi di maggiore interesse e originalità, il saggio di Matteo Galli sul "mito della Rote Armee Fraktion" nella cultura tedesca dagli anni Sessanta ad oggi. Spaziando dal teatro al cinema, dalle arti figurative alla musica, dalla letteratura alla pubblicistica, da autori più noti quali Alexander Kluge, Heiner Müller e Elfriede Jelinek a drammaturghi emergenti come Dea Loher o John von Düffel, Galli traccia un'analisi acuta ed eclettica della nascita del "Mythos RAF" e dei suoi diversi elementi costitutivi illustrandone la profonda influenza nella cultura tedesca contemporanea.



Roberta Carnevale


copertina

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