Maurizio Buscarino
Dei pupi

testi di M. Buscarino, V. Venturini, F. Taviani

Milano, Electa, 2003, pp. 180, euro 57,00
ISBN 88 - 370 - 2254 - 9

Data di pubblicazione su web 12/01/2004

copertina del volume
Bellissimo ennesimo libro di Maurizio Buscarino, bergamasco, fotografo (in realtà scultore per mezzo della luce, oltre che pittore e impaginatore sulla carta delle sue luci e delle sue ombre) alle prese – come spesso sceglie di fare – con il teatro. Questa volta la serie delle sue fotografie è dedicata ai legni colorati e animati dei pupi della tradizione siciliana, anche se spesso i dettagli scavati dalla luce e dalle ombre sui primi piani dei personaggi fantastici e inanimati si confondono con i chiaroscuri e i rilievi dei visi dei pupari. C'è come uno scambio d'identità tra la marionetta e il corpo umano secondo quella incerta divisione dei ruoli a cui le avanguardie storiche hanno fatto spesso richiamo fino all'ultima incarnazione tardodadaista di Tadeusz Kantor (all'artista polacco Buscarino aveva dedicato un bellissimo volume nel 2001).


Foto di Maurizio Buscarino
 

A questo limbo immaginario in cui si situano i trasalimenti del legno e l'opaca inerzia degli umani fa riferimento, in uno straordinario saggio narrativo che accompagna i ritratti di Buscarino, Ferdinando Taviani: racconta di se scolaro delle elementari e di una visita, appunto scolastica, in una mostra romana di sculture medievali. Di lì, la memoria dello studioso e teorico del teatro, cava L'essenza del legno (questo il titolo delle sue pagine), una riflessione che gli serve a rievocare l'antropologia di Carlo Ginzburg e, attraverso Ginzburg, Pinocchio e, attraverso Pinocchio, l'arte di Mimmo Cuticchio, uno dei maggiori pupari viventi. E conclude: «I pupi di Sicilia servono a raccontare storie, le nostre. Ma continuano a lasciare trasparire un'altra storia, muta e tutta loro. Gli alberi non ci guardano. Gli occhi bisogna farceli. E appena fatti, non vedono niente, ma noi ci sentiamo guardati. Tutto qui. […] Non capita spesso di vederci visti da entità materiali che non appartengono neppure al regno animale. Né al cosiddetto sacro» (p. 23).

E' in questo dialogo di sguardi e di intenzioni sotterranee che un lettore si immerge osservando attentamente, a lungo, le immagini di Buscarino. Non sai se sei guardato o se guardi, e mi viene in mente allora un ricordo tutto libresco eppure terrificante e emozionante al tempo stesso: come i romani celebrassero con simulacri di volti i loro defunti, eroi presunti o veri, in processioni e in teatro. L'inanimato parla dell'anima mentre l'animazione della vita riceve da quel volto apparentemente inalterato una scatto di energia. Osservate quelle larvae (fantasmi) che ci osservano dalla fotografie, senza il calore di improbabili e infantili canovacci, e capirete chi sono i veri esploratori del tragitto che separa il presente e il futuro, così come il presente e il passato.

Come un altro siciliano, arido ma intelligente (oltre che astuto), Luigi Pirandello, i pupari dell'isola traghettano – sono barbuti come Caronte e come i santi e i sapienti della pittura rinascimentale e barocca – la nostra immaginazione da qui all'aldilà e, incutendo terrore, suscitano in noi pietà. Buscarino inventa letteralmente una scena inedita come fosse Cotrone, questi pupi sono più giganti de I Giganti della Montagna. Esistono nella realtà di una sopravvissuta tradizione siciliana, ma vivono davvero solo qui, in questo memoriale in bianco e nero. Emergono dalla caverna e con la loro inanimata materia evocano l'anima.

s.f.

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