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Teatro e censura

A cura di Annalisa Goldoni e Carlo Martinez

Napoli, Liguori Editore, 2004, pp. 165, euro 14,00
ISBN 88-207-3642-X

Il volume raccoglie gli Atti del convegno ''Teatro e censura'', svoltosi presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere nell'Università ''G. D’Annunzio'' di Chieti-Pescara nei giorni 12 e 13 giugno 2002. Nell'Introduzione Annalisa Goldoni e Carlo Martinez definiscono il significato di censura che poi sarà sviluppato nei saggi assemblati dai curatori: ''La censura rappresenta un punto di intersezione fra sfera pubblica e sfera privata, risponde a una o più molteplici spinte censorie ideologizzate, e quindi sociali, implicite o esplicite che siano.'' Inoltre la censura implica una pratica intimamente connessa con l’atto creativo, si annida nelle relazioni fra il silenzio e la parola del linguaggio. Arte pubblica per eccellenza, il teatro è il bersaglio preferito dalle iniziative censorie, che si muovono con espliciti interventi esterni ma anche con azioni interne di autocensura per colpire la produzione del testo drammatico, le fasi della messinscena, la ricezione del pubblico e la valutazione della critica. Oltre all'autore, nelle trappole della censura cade l'attore, considerato per lungo tempo un concentrato di tutto ciò che è illegittimo, perciò potenziale minaccia allo status quo sociale e politico.

Partendo dall'analisi della Rappresentazione di anima e di corpo scritta da Agostino Manni e musicata da Emilio de' Cavalieri in forma di concerto nel 1600 nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella, Valerio Marchetti analizza il concetto di ''theatrum animae'' elaborato nelle pratiche meditative dei religiosi, ossia quella forma di teatro interiore che inscena il dramma della tensione tra anima e corpo. Nella rappresentazione di tale rapporto si sviluppa una sottile forma di censura, in quanto la resa drammatica assume soluzioni espressive diverse a seconda del pubblico cui si rivolge.

Nella prima età moderna la censura bersaglia con durezza repressiva la danza, poiché associata all’idea di una fisicità 'libera', tanto da essere interdetta, come illustra il saggio di Alessandro Arcangeli, dall’ambito del sacro per effetto della Controriforma.

Si occupa di compagnie teatrali il contributo di Rosalba Gasparro, che studia l'azione della censura nell'ambito dello scontro ideologico e culturale, oltre che artistico, tra troupes e istituzioni dello spettacolo attivi nella Francia di inizio Settecento. Da un lato si pongono l'Académie de Musique e la Comédie Francaise, dall'altro lato agiscono i teatri 'extra mures' delle fiere, sui quali pesano forti minacce, generalmente aggirate con invenzione di un repertorio costruito con il ricorso a semplici frammenti affabulativi giocati sull’allusione, la polemica civile e la velata ironia, che il pubblico fedele aveva imparato a conoscere e decodificare.

Due contributi ambientano l'indagine nell'area tedesca durante l'Ottocento per spiegare il funzionamento di due diverse forme di censura.
Alberto Destro studia il caso di Johann Nestroy e dimostra come questo autore e attore, attivo in Austria durante il periodo della Restaurazione metternichiana, riuscì ad aggirare l’ostacolo della censura ricorrendo all'arma della gestualità e della mimica nelle sue performance per trasmettere al pubblico i messaggi altrimenti proibiti. Ogni allusione, anche la più complessa, fu recepita per effetto di una sorta di complicità tra l'interprete e lo spettatore, che si dimostrò attento conoscitore del linguaggio scenico elaborato da Nestroy.

Al centro dello studio di Pier Carlo Bontempelli si pone la travagliata e sintomatica vicenda dei Tessitori (Die Weber) di Gerhart Hauptmann, opera fondamentale del teatro naturalistico tedesco, che fu considerata eversiva e pericolosa per la stabilità morale e sociale. Intervenne un tipo di censura 'indiretta', non esplicata da provvedimenti giudiziari, ma finalizzata all'impedimento della rappresentazione teatrale del dramma. Nella Germania del Secondo Reich governata da Otto von Bismarck, il controllo della vita dello spettacolo avvenne attraverso strategie di ostacolo alla realizzazione delle manifestazioni considerate poco affidabili per la conservazione degli equilibri sociali. I Tessitori furono infatti rappresentati nel Deutsches Theater di Berlino al cospetto di una platea selezionata dal costo eccessivo del biglietto. In altre città si pensò di inserire lo spettacolo durante la settimana lavorativa, impedendo in questo modo al proletariato di partecipare alla rappresentazione della sua drammatica condizione di lavoro culminata in una rivolta.

Altro tipo di dispositivo censorio analizzato è quello, altrettanto efficace, esercitato dalla critica che, di fronte ad un’opera teatrale apprezzata al tempo della sua pubblicazione, assume un atteggiamento di silenzio e di trascuratezza.
Lilla Maria Crisafulli indaga l'azione della censura nei riguardi del teatro romantico inglese, segnatamente quello proposto dalla schiera di drammaturghe ormai dimenticate. Joanna Baillie, Letizia Elizabeth Landon, Elizabeth Inchbald, Hannah Cowley, conobbero un notevole successo, che rapidamente declinò fino a relegare le loro opere a mero fenomeno di costume.

Il potere dell'esercizio della critica teatrale è dimostrato dall'indagine di Annalisa Goldoni, dedicata alle drammaturghe della Harem Renaissance. Marita Bauner, Mary Burrill, May Miller, per citare le principali autrici di ''Drammi di un vero teatro Negro'' come recita il saggio-manifesto The New Negro Movement del 1935, subirono paradossalmente una doppia censura, l'una esterna decisa dalle situazioni preposte all'ordine, l'altra interna al loro stesso ambiente culturale.

Il rapporto tra divieto e memoria del drammatico è l'argomento di due saggi che condividono l'analisi di differenti tipologie di autocensura.
Andrea Mariani affronta Lady in the Dark, opera ideata nel 1941 da Kurt Weill (musica), Moss Hart (libretto) e Ita Gerschwin (lyrics), segue l’evoluzione narrativa di una protagonista che supera la condizione di autocensura e recupera una femminilità di tipo tradizionale, rinunciando alla carriera, nello spettacolo scatta un’ulteriore censura, che condanna l’indipendenza della donna fino ad eliminarla quasi completamente.

Lo studio di Andrea Pesaresi concentra l'attenzione sulla figura di Edipo nella versione contemporanea di Henry Bauchau in Edipo sulla strada. Il personaggio sofocleo, trasferito in un dramma contaminato dal genere romanzesco, assume i tratti dell'uomo moderno alle prese con la forma forse più estrema e universale della censura, il tabù dell'incesto, che interferisce nella ricostruzione della sua memoria.

Non mancano, infine, manifestazioni censorie in Italia, come illustra il contributo di Luciano Paesani, egli steso vittima di divieti preventivi nel 1975 a Teramo in occasione della rappresentazione del suo dramma Papopoli. L’attore dedica ampio spazio ai problemi con la censura incontrati da L’Arialda di Giovanni Testori allestita da Luchino Visconti.



Massimo Bertoldi


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