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Lungo il Novecento. La musica a Trieste e le interconnessioni tra le arti

A cura di Maria Giardi

Venezia, Marsilio, 2003, pp. 383, euro 28,00
ISBN 88-317-8383-I
E' insolito che una festschrift sia dedicata a un'istituzione; se l'è meritata il conservatorio "Giuseppe Tartini" di Trieste che ha felicemente concluso il primo secolo di vita. Lungo il Novecento non poteva essere perciò titolo migliore per delineare non solo le vicende della "musica a Trieste e le interconnessioni tra le arti" - così recita il sottotitolo - ma anche allargare lo sguardo a quelle zone non poi tanto periferiche, rispetto alla musica, alle quali Trieste, città di frontiera per eccellenza, dette contributi di notevole peso specifico. Parliamo cioè di una cultura di base che troviamo presente all'interno dei numerosissimi interventi (circa settanta). Ne citiamo solo alcuni: Quirino Principe, Alessandro Arbo, Piero Weiss, Giorgio Vidusso, Gianni Gori, Tullio Kezich, Patrizia Veroli, Luciano Chailly, Claudio Magris, senza dimenticare Maria Girardi che non solo ha curato il volume ma è anche autrice del saggio Viozzi e Malipiero, una lunga conversazione.

La ricca carrellata procede per tasselli diversificati che formano un mosaico omogeneo in cui si legge la mappa musicale della città, ricostruita in ogni particolare. Dominano le presenze, da poco rivalutate, di autori un tempo celebri e poi dimenticati, quali Antonio Smareglia; la sua posizione nell'ambito dei tentativi compiuti per seguire le orme di Wagner, viene delineata da Guido Salvetti quasi ad apertura di libro. Bianca da Cervia e La Falena sono rarità recentemente riscoperte che verrebbe voglia di vedere realizzate in scena; a questo proposito la nostra curiosità viene legittimata da Matteo Sansone quando parla di un "teatro di poesia". Se gli 'ismi' hanno avuto nell'Europa a cavallo tra Otto e Novecento un senso, una città come Trieste ne ha data ampia dimostrazione, a cominciare dal neogoticismo - tentativo di far risuscitare i fantasmi del medioevo eroico e letterario - per passare al simbolismo di marca più viennese che francese.

A questo proposito bisognerebbe puntare l'attenzione più la letteratura (su tutti Joyce, Saba e Svevo) o le arti figurative che la musica, la quale avrebbe preso più le strade della nostalgia per il passato risolte non senza traumi che quelle della proposta vera e propria. Nel primo caso bisogna ricordare Beethoven e Mahler, nel secondo non andranno dimenticati i contributi che Trieste seppe dare alle spinte innovative legate a un certo futurismo (Silvio Nix) o all'insegnamento di Schöenberg e della sua scuola. Interessante il saggio poco noto di Valdo Medicus, "un triestino allievo di Schöenberg", tratteggiato da Marina Petronio. Dovendo parlare di avanguardie novecentesche il pensiero corre a Luigi Dallapiccola e ad altri che ebbero un ruolo non secondario nell'arco del Novecento: Antonio Pedrotti, Giulio Viozzi, Orazio Fiume, Mario Zafred, quest'ultimo oggetto delle indagini di Rubens Tedeschi e di Erasmo Valente. Nel quadro di queste accattivanti curiosità si giustifica l'intervento di Ornella Volta Un incontro di terzo tipo: Trieste ed Erik Satie.

Ampio spazio viene inoltre dato agli interpreti (cantanti, gruppi cameristici o direttori d'orchestra). Tra i molti artisti: Victor de Sabata, il Trio di Trieste, Fedora Barbieri, Piero Cappuccilli, Franco Gulli. Sullo sfondo vediamo comparire anche il cinema e il teatro come anelli di una catena che conferma l'estrema vitalità di una città che non a caso avrebbe scelto agli inizi del Novecento il suo 'doppio' in Firenze.

Antonella Bartoloni


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