Atene, Maria

di Lara Lensi

Data di pubblicazione su web 30/08/2024

Maria

Reduce dal premio Osella per la miglior sceneggiatura per El Conde della scorsa 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, torna Pablo Larraín ad aprire questa edizione del festival del Lido. Prende le distanze dalle tematiche sociopolitiche (a lui care sin dai tempi di Post Mortem, 2010) che in El Conde avevano preso una deriva ironicamente grottesca, trasformando il dittatore cileno Pinochet in un immortale vampiro, per dirigere un biopic incentrato su figure femminili che con la propria vita si sono ritagliate un pezzo di memoria del XIX secolo.

Dopo Jackie (2016) e Spencer (2021), Maria segue (a tratti, pedina) il soprano Maria Callas nei suoi ultimi giorni parigini, prima dell'infarto che ha messo fine alla sua vita a soli cinquantatré anni, nel 1977. A interpretare la cantante d'opera ateniese è l'attesa Angelina Jolie, in quella che potrebbe essere un'occasione per riscattare le sue doti attoriali, già dimostrate in Girl, Interrupted (1999) e A Mighty Heart (2007).

Maria si apre con uno sguardo fantasmico, un accennato nobody shot che dalla stanza da letto di Maria lentamente gira verso il salone centrale dell'appartamento francese. Ci affacciamo timidamente nel grande salone, illuminato lateralmente dalle alte e ampie finestre, alla Cries and Whispers, ma in una palette tenue, che accompagna tutto il film; suona limpida e forte la voce della “vera” Maria che intona l'Ave Maria, piena di grazia (Otello atto IV). Al centro, occultato parzialmente dal mobilio, giace il corpo dell'usignolo. La morte si legge di riflesso nei volti affranti e rassegnati dei fedeli domestici (Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher). È il 16 settembre 1977.

Uno stacco netto ci avvicina vertiginosamente a un primo piano di Maria (Jolie) intenta nell'interpretazione del canto della voce di Callas mentre, con un montaggio vorticoso, si susseguono immagini d'archivio dei successi della carriera del soprano. I frammenti video sono inquadrati in un mascherino a dimensioni ridotte e da found footage si passa (quasi) impercettibilmente a fiction, facendo apparire come unico volto quello di Jolie. In questo modo Larraín sembra prendere le dovute precauzioni per introdurci nell'universo filmico, simultaneamente dichiarando la profonda volontà di attenersi esclusivamente ai fatti realmente accaduti.

Può quindi iniziare il racconto di quegli ultimi giorni di Maria e quasi mai della Callas (alter ego per la personalità che appariva sul palco, come dichiara lei stessa): un veloce declino autoinflitto con chiaroveggenza e lucidità. Maria è il racconto del dissidio interiore di un'artista ormai esanime, dopo aver compreso il limite invalicabile di un corpo malato. Nonostante il dolore, il palcoscenico rimane il sogno a cui tornare per farsi cullare, un'intoxication che continua ad abitare la mente. La sobrietà forzata dalla ribalta viene disperatamente rimpiazzata con quella da psicofarmaci, il Mandrax per la precisione, di cui Maria abusa, nonostante le preoccupazioni e i rispettosi rimproveri del maggiordomo. Sono quattro anni e mezzo ormai che Callas non si esibisce più, ma la ricerca, scaduta in ossessione, per capire se ha ancora una voce rimane l'unico élan.

Una scena del film © Biennale Cinema
Una scena del film
© Biennale Cinema

Terribilmente impaurita da orecchie indiscrete, in un'iconica scena si esibisce nella Casta Diva in cucina, in vestaglia da notte, davanti alla domestica Bruna, imperturbabilmente intenta nel cucinare un'omelette. Le note del celebre brano (con un'unica possibile interprete) si sovrappongono allo sfrigolio dell'olio della padella: l'intimità casalinga della scena è intervallata da immagini di Callas su di un palco davanti a una platea gremita. Sebbene possa sembrare un semplice montaggio alternato, siamo in realtà nella mente del soprano, confusa ormai da lucide visioni causate dall'abuso di Mandrax. Un farmaco, quest'ultimo, che prende letteralmente vita, incarnandosi in un giovane giornalista (Kodi Smit-McPhee) che ha a cuore la realizzazione di una lunga intervista per scrivere una biografia sulla Divina.

Con Madrax avrà inizio il racconto della sé più intima, costellato da flashback in bianco e nero sulla sua infanzia ed età adulta. Un vero e proprio film, diviso in quattro onirici capitoli annunciati da dei ciak in primo piano (Diva; Important Truth; Curtain fall; An ending: ascent) che si introducono ex abrupto nella realtà di quei giorni. Attraverso la visionaria intervista viene ripercorsa la storia d'amore con il potente e possessivo Aristotle Onassis che si è innamorato “attraverso un binocolo” e che avrà per lei lo stesso ludibrio da collezionista che dimostra con i suoi preziosi oggetti. Uno squarcio è aperto anche nel sofferto passato ateniese, ai tempi in cui la madre, per sbarcare il lunario, non si faceva scrupoli nel vendere ai soldati tedeschi le doti canore e coreutiche delle figlie, senza escludere le richieste più ardite. Un passato verso il quale Maria non riesce a distogliere lo sguardo (I live looking back) come confessa all'amata sorella Yakinthī in visita (Valeria Golino) e di cui si porta addosso ancora il peso di sentirsi non meritevole di amore (fat and unlovable, come le diceva sua madre).

Cosa rimane di Maria dietro la Callas? Una sorta di fantasma che si aggira senza requie nelle ampie stanze parigine, un ambiente immobile, prematuramente cristallizzato da quella fine impellente. Le stanze sono abitate da busti di statue greco-romane, davanti al cui pallore e immobilità Larraín posiziona spesso la sua Maria, come la sfortunata Camille Javal di Godard, in quell'a-tu-per-tu con la statua durante la sequenza dell'appartamento. Maria farà nòstos, Onassis l'aspetta sul porto di Atene per vedere le barche che arrivano. D'altronde sono greci e la morte è un familiar companion.

La camera di Larraín riesce nell'intento di scavare negli spiragli lasciati dalla cantante lirica verso la sua vita personale. Senza scadere nel patetismo, effettua rapide immersioni in un passato talvolta pesante, scomodo o doloroso, ben arbitrandosi nel ristretto universo temporale da lui stesso recintato e tipico di quasi tutta la sua filmografia. Fa riflettere la scelta di Jolie, la cui complessa vita personale ben si allinea con il trascorso di Callas; ma una distanza fisica, quasi organica, separa le due artiste: nonostante la dedizione e l'innegabile impegno attoriale, è difficile trovare l'una nell'altra. Toccante l'interpretazione del brano Vissi d'arte dalla Tosca di Puccini, intonato dall'appartamento parigino, prima del malore. Pungente e commovente anche la voce e la recitazione del giovane soprano Christiana Aloneftis che interpreta Callas nella sua infanzia.



Maria

Cast & Credits


Larraín
Pablo Larraín

Cast & credits

Titolo 
Maria
Origine 
Italia, Germania, USA
Anno 
2024
Durata 
123'
Regia 
Pablo Larraín
Interpreti 
Angelina Jolie
Pierfrancesco Favino
Alba Rohrwacher
Haluk Bilginer
Kodi Smit-McPhee
Stephen Ashfield
Valeria Golino
Produzione 
The Apartment (Lorenzo Mieli, Annamaria Morelli), Komplizen Film (Jonas Dornbach, Janine Jackowski, Maren Ade), Fabula (Juan de Dios Larraín, Pablo Larraín)
Scenografia 
Guy Hendrix Dyas
Costumi 
Massimo Cantini Parrini
Sceneggiatura 
Steven Knight
Montaggio 
Sofía Subercaseaux
Fotografia 
Ed Lachman
Suono 
Mac Ruth, Lars Ginzel
Lingue disponibili 
Inglese, Greco