Vulnerabilità di Otello

di Riccardo Cenci

Data di pubblicazione su web 06/06/2024

Otello

Otello segue un lungo periodo di profonda introspezione e ripiegamento, un decennio di scarsa operatività apparente durante il quale Giuseppe Verdi matura la concezione del proprio teatro estremo, non immemore del dettato wagneriano. Il librettista Arrigo Boito declina la poetica shakespeariana in chiave scapigliata, consegnando il protagonista a un delirio febbrile che rasenta l'incubo. Rispetto alle esecuzioni della seconda metà del Novecento il gusto interpretativo è progressivamente mutato verso una riduzione dell'enfasi, in favore di una maggiore introspezione psicologica.


Una scena dello spettacolo
© Fabrizio Sansoni - Teatro dell'Opera di Roma

Ciò non toglie che, in assenza di interpreti carismatici e vocalmente formidabili come fu Mario del Monaco, l'Otello per antonomasia negli anni Cinquanta e Sessanta, il titolo sia stato assente dal Costanzi dal lontano 1968 fino al 2008, quando venne riproposto da Riccardo Muti in una nuova edizione, pregevole a memoria di chi scrive. L'allestimento offerto oggi al Teatro dell'Opera di Roma ha la sua ragione d'essere nella presenza di Gregory Kunde, cantante dalla carriera più che peculiare, unico in tempi recenti ad avere in repertorio tanto l'Otello di Rossini quanto quello di Verdi, in virtù di una metamorfosi vocale che ha del prodigioso. Se a questo aggiungiamo una longevità fuori dal comune, otteniamo le coordinate di una carriera di straordinaria evidenza, non a caso oggetto di una interessante pubblicazione biografica, presentata di recente presso l'ente lirico romano (J.L. Jiménez, Gregory Kunde. Una vita da cantare, Madrid, Pigmalión, 2024). 

Lo spettacolo di Allex Aguilera si iscrive nel solco della tradizione, il cui alto livello è garantito dalle pregevoli scene di Bruno De Lavenère, dai costumi di Françoise Raybaud Pace e dalle luci di Laurent Castaingt. La scelta è quella di impaginare l'azione in una scena unica, nella quale la distinzione fra spazio pubblico e privato è data da proiezioni video, ad esempio nella tempesta iniziale, o da minimi dettagli, come le ampie tende dell'ultimo atto a suggerire la camera da letto. Per il resto vediamo il cortile di un palazzo rinascimentale costruito con diversi ordini di arcate, collegate da una passerella sospesa che conduce in basso tramite una scala a chiocciola. Unica licenza poetica, in realtà saldamente radicata nella tradizione letteraria anglosassone, la simbologia acquatica che origina dall'uragano e termina con Otello che spegne la vita di Desdemona in una vasca. L'elemento liquido contrapposto al fuoco delle passioni, che conducono il dramma verso il suo tragico epilogo. Unico appunto una recitazione a tratti un poco stereotipata, alla quale avrebbero giovato un approfondimento e una cura maggiori.


Una scena dello spettacolo
© Fabrizio Sansoni - Teatro dell'Opera di Roma 

Dicevamo di Kunde. Il tenore americano, con i suoi settanta anni, è ancora un pregevole Otello. Il timbro ha inevitabilmente perso un poco di smalto, alcuni acuti non sono folgoranti ma l'interprete è assolutamente intatto. Il suo Otello è vulnerabile ma non fragile, sempre fondato sui valori del fraseggio, mai in difficoltà nell'impervia tessitura. Con l'intelligenza che lo contraddistingue, Kunde dosa le forze nei primi due atti, per poi emergere nel terzo e in particolare nell'ultimo. Niun mi tema è da brividi, con l'orchestra ad accompagnare con rituale lentezza il congedo del protagonista. 

Gli sta accanto lo Jago ben cantato di Igor Golovatenko, mai sopra le righe e insinuante come si conviene. Il timbro nobile e la recitazione misurata lo rendono un antagonista perfettamente credibile. Roberta Mantegna è una Desdemona di ragguardevole spessore vocale. La canzone del salice risalta nel suo toccante lirismo, anche se in un paio di occasioni avrebbe giovato un maggiore alleggerimento del suono. Ben curate le figure di contorno, essenziali in questo titolo, come il Cassio di Piotr Buszewski e l'Emilia di Irene Savignano.


Una scena dello spettacolo
© Fabrizio Sansoni - Teatro dell'Opera di Roma

Riguardo alla direzione, Daniel Oren non apre inediti orizzonti interpretativi, ma trova ammirevole sintonia con l'orchestra e con il palcoscenico. In particolare convince nei momenti pervasi da un lirismo lunare, come nel finale primo, o nei momenti d'insieme, come il concertato del terzo atto. La sua visione è arricchita da una lodevole cura dei dettagli e dei preziosismi strumentali che non compromette l'efficacia teatrale e narrativa. Del finale, condotto con un passo ieratico che conferisce spessore emotivo di enorme pregnanza, si è già detto. Resta da evidenziare la prova del coro, pregevole come di consueto.


Otello

Cast & Credits

Trama



Un momento dello spettacolo
visto il 4 giugno 2024
al Teatro dell'Opera di Roma
© Fabrizio Sansoni -
Teatro dell'Opera di Roma

Cast & credits

Titolo 
Otello
Sotto titolo 
Dramma lirico in quattro atti
Durata 
3 ore circa con intervallo
Data rappresentazione 
4 giugno 2024
Città rappresentazione 
Roma
Luogo rappresentazione 
Teatro dell'Opera
Prima rappresentazione 
Teatro alla Scala, Milano, 5 febbraio 1887
Libretto 
Arrigo Boito
Autori testo d'origine 
William Shakespeare
Regia 
Allex Aguilera
Interpreti 
Gregory Kunde (Otello)
Roberta Mantegna (Desdemona)
Igor Golovatenko (Jago)
Irene Savignano (Emilia)
Franesco Pittari (Roderigo)
Alessio Cacciamani (Lodovico)
Alessio Verna (Montano)
Piotr Buszewski (Cassio)
Fabio Tinalli (Un araldo)
Scenografia 
Bruno De Lavenère
Costumi 
Françoise Raybaud Pace
Luci 
Laurent Castaingt
Musiche 
Giuseppe Verdi
Orchestra 
Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma
Direzione d'orchestra 
Daniel Oren
Coro 
Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Maestro del coro 
Ciro Visco
Note 
Video: Etienne Guiol e Arnaud Pottier.

Trama


Atto primo 

Cipro, fine del XV secolo. Otello, generale moro del presidio veneziano, ritorna all’isola dopo avere sconfitto la flotta musulmana. È sera, in mare infuria la tempesta. La folla spaventata avvista una nave, comprende che è quella del generale e prega per la sua salvezza («Dio, fulgor della bufera!»). Quando Otello compare dagli spalti, annunciando la vittoria e lo scampato pericolo («Esultate!»), la folla lo accoglie festosa («Fuoco di gioia!»). Gli unici che non prendono parte al tripudio sono Roderigo, innamorato di Desdemona, moglie di Otello, e l’alfiere Jago, che odia Otello e trama contro di lui perché ha promosso Cassio capitano al suo posto. I soldati si radunano davanti alla taverna per bere e cantare. Jago spinge Cassio a ubriacarsi («Innaffia l’ugola!»); questi, fuori di sé, ferisce con la spada Montano, il predecessore di Otello nel governo di Cipro, che l’aveva richiamato ai suoi doveri. Jago intanto fomenta una rissa generale, finché Otello, richiamato dal tumulto, interviene a sedarla. Il generale, dopo aver degradato Cassio, fa sgombrare la scena e resta solo con Desdemona. Mentre il cielo si rasserena, i due ricordano le prime fasi del loro amore e si avviano, abbracciati, verso il castello («Già nella notte densa»).

 

Atto secondo 

Jago continua il suo intrigo: convince Cassio che presto ridiventerà capitano, se si rivolgerà a Desdemona perché prenda le sue difese presso il marito. Invitato Cassio ad aspettare la donna in giardino, Jago riflette sul suo destino, sulla sua fede in un Dio malvagio, sulla natura cinica degli uomini («Credo in un Dio crudel»). Si avvicina Otello, e Jago gli instilla il dubbio che la sua sposa gli sia infedele. Otello, che ha visto Cassio e Desdemona a colloquio in giardino, scaccia però i dubbi quando la moglie è accolta con gioia da un coro di donne e fanciulli e da marinai che le offrono monili («Dove guardi splendono raggi»). Nella sala in cui si trova Otello entra Desdemona. Quando questa prende le parti di Cassio, chiedendo al marito di restituirgli i gradi di capitano, Otello si adira. Desdemona vorrebbe asciugargli la fronte con un fazzoletto, da lui donatole in pegno d’amore, ma Otello lo scaglia a terra; Emilia, moglie di Jago, lo raccoglie. Desdemona chiede perdono allo sposo per averlo turbato («Se inconscia, contro te, sposo, ho peccato»), mentre Jago si fa consegnare da Emilia il fazzoletto, imponendole di tacere. Otello, rimasto solo con Jago, sente crollare le sue certezze («Ora e per sempre addio») e gli chiede di aiutarlo a trovare una prova del tradimento. Jago lo inganna, svelandogli che ha udito Cassio parlare in sogno a Desdemona e invitarla a nascondere il loro amore («Era la notte, Cassio dormia»). Gli ultimi dubbi del Moro cadono quando Jago gli confida di aver visto un fazzoletto di Desdemona nella camera di Cassio: Otello, sconvolto, giura di vendicarsi («Sì, pel ciel marmoreo giuro!»).

 

Atto terzo 

Un araldo annuncia l’arrivo imminente di ambasciatori veneziani. Jago espone il suo piano a Otello: farà venire Cassio così che lui, nascosto, possa spiarne le parole e le intenzioni. Arriva Desdemona, che prova nuovamente a difendere la causa di Cassio («Dio ti giocondi, o sposo, dell’alma mia sovrano»); Otello le chiede di mostrargli il fazzoletto che le aveva donato, e la investe con la sua collera e le sue offese, tanto da costringerla ad allontanarsi. Rimasto solo, Otello sfoga la sua amarezza («Dio! mi potevi scagliar»). Giunge Jago, che lo invita a nascondersi perché sta per arrivare Cassio. Con l’inganno, l’alfiere spinge Cassio a mostrargli il fazzoletto che ha trovato in casa sua e che crede l’omaggio di una corteggiatrice ignota («Quest’è una ragna»). Otello è ormai convinto del tradimento. Squilli di trombe e un colpo di cannone annunciano l’arrivo dei Veneziani. Cassio s’allontana e Otello informa Jago che ha deciso di uccidere i colpevoli; nomina poi capitano l’alfiere e riceve gli ambasciatori. Al messaggio del doge che lo invita a rientrare a Venezia, nominando Cassio suo successore, Otello, istigato da Jago, perde il controllo e insulta la moglie davanti a tutti, maledicendola. Rimasto solo, cade a terra tramortito; mentre dall’esterno giungono acclamazioni in onore del generale moro, Jago si compiace del suo trionfo e guarda con disprezzo l’uomo che ha rovinato.

 

Atto quarto 

Nella sua camera da letto Desdemona congeda Emilia, narrandole la triste storia dell’ancella Barbara, abbandonata dall’uomo di cui era innamorata (Canzone del salice). S’inginocchia poi, e prega la Vergine preparandosi al sonno (Ave Maria). Otello entra nella stanza da una porta segreta; si avvicina al letto, contempla Desdemona e la bacia tre volte, risvegliandola. Di fronte al marito che le rinfaccia le sue colpe, Desdemona si dichiara innocente, ma inutilmente: Otello la soffoca. Emilia scopre l’assassinio e chiama aiuto: accorrono l’ambasciatore veneto, Jago e Cassio, che è appena sfuggito a un agguato tesogli da Roderigo. Scoperto l’inganno di Jago, Otello dà addio alla vita («Niun mi tema»); compiange l’uccisa, si pugnala e spira sul corpo di Desdemona, dopo averne baciato un’ultima volta le labbra.