Sulla scena vuota sintravedono
due vecchi bauli abbandonati in una penombra di stampo beckettiano; accanto al
primo si anima Lei, come una sopravvissuta del tempo che inizia a rovistare tra
gli oggetti più banali, prima di accostarsi al secondo cassone dal quale emerge
Lui. Inizia così Il tango delle capinere,
un originale catalogo di ricordi sentimentali, la storia comune di due persone
attempate, simili a figure ingessate che con gesti ripetitivi sabbracciano, si
staccano, tossiscono, cadono e si rialzano in balia delle sofferenze senili.
La rappresentazione, curata da Emma Dante e ricavata dall“approfondimento”
di un proprio “studio”, Ballarini,
appartenente alla Trilogia degli occhiali,
è ospitata al Teatro Carlo Goldoni di Venezia a circa un anno dal debutto
presso il Teatro Biondo di Palermo. Lo spettacolo è interpretato in modo
eccellente da Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, due attori che sono
collaboratori storici della regista. Un momento dello spettacolo © Rosellina Garbo
Questo mosaico, dedicato
allamore che sopravvive alle miserie della vecchiaia, nasce dallo spiraglio di
luce che produce linventario dei ricordi:
il contenuto delle scatole prende forma nello spazio immaginario dei
giorni felici, si trasforma in una danza dai ritmi crescenti, sulla scia delle
canzoni di successo, da E se domani,
eseguita da Mina, alla struggente Lontano lontano di Tenco, e ancora a motivi di Gianni
Morandi, Rita Pavone, del
Quartetto Cetra fino a Nilla Pizzi
che esegue il Tango delle Capinere.
Andando a ritroso nel tempo,
luomo e la donna indossano in rapida sequenza abiti da sera, costumi
clowneschi, vestiti di paillettes; partecipano a gare di tango, danzando
appassionatamente una milonga di Piazzolla.
Inoltre, traggono dalle cianfrusaglie un bambolotto-bambino che subissano di
coccole; e poi festeggiano un ultimo Natale e un Capodanno, ubriacandosi e
lanciando in aria coriandoli e palloncini. Evocano, ancora, con nostalgia i
sogni delladolescenza, i momenti del corteggiamento, la dichiarazione in
tenuta da bagno, in riva al mare, e il matrimonio che mostra la ragazza avvolta
in un vaporoso abito bianco, una cerimonia che al ritmo del carillon genera le
movenze meccaniche di una sposa-automa; vi sono anche le serate davanti alla
televisione, che la regia trasforma nella lotta tra la mania calcistica e il
desiderio di cambiare canale. Un momento dello spettacolo © Rosellina Garbo
Una volta cancellata dal volto la maschera della
decadenza i protagonisti declinano senza soluzione di continuità l“utopia”
della totale dedizione. Dalla loro unione, contraddistinta dallesperienza del
parto (della nascita) e dalle vicendevoli cure di fronte al declinare della
giovinezza, scaturisce un finale di partita che trasmette sia unintensa
tenerezza, sia una sfumatura di grottesco, sia un senso di angoscia, di
sconforto e, persino, dinsofferenza. Alla base della messinscena si avvertono
rapidi riferimenti alle poetiche teatrali di Emma Dante, mentre si eleva lo
slancio verso una visione del mondo in cui sia possibile coniugare al plurale
le passioni e le occorrenze. La memoria, allora, può aiutare a conservare la
presenza di chi non cè più.
|
|