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La demoniaca sfida tra amore e poesia ne Les Contes d’Hoffmann di Offenbach

di Carmelo Alberti
  Les Contes d'Hoffmann
Data di pubblicazione su web 08/12/2023  

Lungo una linea di sviluppo difficile e, insieme, appassionante si sviluppa la composizione di Les Contes d’Hoffmann, il capolavoro musicale di Jacques Offenbach tanto prezioso, quanto travagliato nella sua genesi di opera incompiuta (1880-1881), con cui il Teatro La Fenice di Venezia ha inaugurato con grande successo la stagione lirica 2023-2024, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Mentre la direzione orchestrale è affidata a Frédéric Chaslin, attento specialista del testo offenbachiano, l’allestimento scenico è firmato da Damiano Michieletto e dalla sua collaudata squadra di collaboratori.


Una scena dello spettacolo
© Michele Crosera

Le cinque parti de Les Contes delineano, da un lato, lo slancio meta-teatrale di Offenbach, principe dell’opéra-bouffe, nel volere creare un’opera «fantastica» fuori dagli schemi consueti e prossima al genere della lirica «seria», dall’altro, l’attrazione per la letteratura misterica di E.T.A. Hoffmann, i cui testi appassionano la cultura francese di fine Ottocento. Nel 1851 sulle scene dell’Odeon parigino si può assistere a una prima versione drammatica, ricavata dai racconti hoffmaniani, su libretto di Jules Barbier e Michel Carré, che sarà la base di partenza per il progetto del musicista.


Una scena dello spettacolo
© Michele Crosera

Nel prologo, che si svolge in una taverna tedesca, una schiera di «spiriti invisibili» esaltano il vino e la birra, mentre La Muse, fuoriuscita da una botte, annuncia l’arrivo del suo protetto Hoffmann, che appare dimesso e in uno stato di permanente ubriachezza. Un gruppo di studenti-avventori convincono il poeta a cantare una romanza dai toni buffoneschi, prima di narrare sotto l’istigazione di Lindorf, un essere diabolico, la «folle storia» delle tre donne più amate durante la sua vita. Negli atti successivi si animano le singole trame sentimentali: l’infatuazione per la bella Olympia (dal racconto L’uomo della sabbia), un raffinato automa generato nel laboratorio parigino del fisico Spalanzani, stravolge il giovane scrittore, ingannato dagli occhiali che gli vende il ciarlatano Coppélius, nel vortice di due danze, un minuetto e un valzer, contrassegnate dagli scricchiolii del meccanismo.


Una scena dello spettacolo
© Michele Crosera

Nel secondo episodio (dal racconto Il consigliere Krespel), invece, affiora la passione di Hoffmann per la sofferente Antonia, la cantante che il padre – il liutaio Crespel – tenta invano di salvare dalla stessa malattia che ha ucciso la madre; ma l’infido guaritore Le docteur Miracle la convince a farsi rapire dal «demone della musica», animando il ritratto materno e provocando, in tal modo, sulla scia delle reminiscenze canore la sua morte. Il terzo atto, rimasto in parte frammentario e soggetto a più versioni, si apre sul ritmo «ostinato» della famosa Barcarola «Belle nuit, ô nuit d’amour» in un palazzo veneziano (da Le avventure della notte di S. Silvestro), dove il perfido Dapertutto convince l’enigmatica cortigiana Giulietta ad ammaliare il poeta, trascinandolo in un duello cruento e privandolo della propria immagine. Rimane, infine, l’ambiguo epilogo nella stessa bettola dell’inizio, mentre si festeggia il successo della prima donna Stella, la cantante di cui è innamorato Hoffmann; ma costui, confuso dai fumi dell’alcool, intravedendo in lei Olympia «brisée», Antonia «morte», Giulietta «damnée», rinuncia all’amore per seguire la Musa dell’arte e della poesia.


Una scena dello spettacolo
© Michele Crosera

La regia di Damiano Michieletto governa con sicurezza la complessità dell’opera, proponendo una visione «originale» del disegno espressivo offenbachiano, svincola gli episodi dalla loro collocazione geografica e sottolinea, piuttosto, la costante presenza del diavolo, incarnato dalle torbide figure la cui malvagità emerge nei singoli passaggi; distingue, invece, una dall’altra le parti femminili, tratteggiando per ciascuna distinti contesti espressivi, che trascorrono dal buffonesco al tragico. Intanto, proietta sulle pareti le ombre inquietanti dei personaggi per evidenziare l’intreccio inscindibile tra l’umano e il fantasmatico; suggerisce agli interpreti, ai danzatori e ai coristi movimenti avvolgenti, mentre inquadra con meticolosità i caratteri dei protagonisti in una dimensione trasognata e grottesca, in un gioco satanico perverso e immorale. E, ancora, interviene con misura sul testo, laddove coniuga le vivacità di una scolaresca indisciplinata con la frammentazione del linguaggio (l’esperimento di Olympia trascorre dalle formule tracciate sulla lavagna alle lettere che volteggiano in aria), intreccia il canto e la danza (la cantante Antonia muore mentre tenta d’indossare le scarpette da ballo), scompone le forme clownesche e rinchiude il riflesso dei corpi oltre gli specchi (nell’episodio di Giulietta). E altro ancora, se si considera l’importanza dell’accurata scenografia di Paolo Fantin, che costruisce una spazialità di squarci infiniti, di finestre sospese e di ambienti visionari, dei costumi gioiosi e bizzarri di Carla Teti, delle attente coreografie di Chiara Vecchi


Una scena dello spettacolo
© Michele Crosera

L’apprezzata esecuzione sinfonica del maestro Chaslin, dell’orchestra e del coro, diretto da Alfonso Caiani, valorizza la varietà musicale del registro magico-simbolico di questa versione de Les Contes, che si affida completamente alla bravura dei cantanti-attori. Gli applausi premiano la vocalità di Ivan Ayon Rivas, che assume le diverse fasi del poeta Hoffmann; la speciale bravura di Alex Esposito, che veste i panni demoniaci di Lindorf, Coppélius, Docteur Miracle e Dapertutto; l’efficace canto di Rocío Pérez nella parte di un’Olympia meccanica e di Carmela Remigio in un’Antonia malinconica e tragica. Risultano ben calibrate le prove di Giuseppina Bridelli (Nicklausse), di Veronique Gens (la divina Giulietta), di Didier Pieri (in molteplici ruoli) e di tutti gli altri. Un apprezzamento particolare va, infine, ai danzatori e ai mimi.


Les Contes d'Hoffmann
opera fantastica in un prologo, tre atti e un epilogo


cast cast & credits
 
trama trama


Un momento dello spettacolo
© Michele Crosera

 
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