Lungo una linea di sviluppo
difficile e, insieme, appassionante si sviluppa la composizione di Les
Contes dHoffmann, il capolavoro musicale di Jacques Offenbach tanto
prezioso, quanto travagliato nella sua genesi di opera incompiuta (1880-1881),
con cui il Teatro La Fenice di Venezia ha inaugurato con grande successo la
stagione lirica 2023-2024, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella. Mentre la direzione orchestrale è affidata a Frédéric Chaslin,
attento specialista del testo offenbachiano, lallestimento scenico è firmato
da Damiano Michieletto e dalla sua collaudata squadra di collaboratori. Una scena dello spettacolo © Michele Crosera
Le cinque parti de Les Contes
delineano, da un lato, lo slancio meta-teatrale di Offenbach, principe dellopéra-bouffe,
nel volere creare unopera «fantastica» fuori dagli schemi consueti e prossima
al genere della lirica «seria», dallaltro, lattrazione per la letteratura
misterica di E.T.A. Hoffmann, i cui testi appassionano la cultura francese di
fine Ottocento. Nel 1851 sulle scene dellOdeon parigino si può assistere a una
prima versione drammatica, ricavata dai racconti hoffmaniani, su libretto di Jules
Barbier e Michel Carré, che sarà la base di partenza per il progetto del
musicista. Una scena dello spettacolo © Michele Crosera
Nel prologo, che si svolge in una
taverna tedesca, una schiera di «spiriti invisibili» esaltano il vino e la
birra, mentre La Muse, fuoriuscita da una botte, annuncia larrivo del suo
protetto Hoffmann, che appare dimesso e in uno stato di permanente ubriachezza.
Un gruppo di studenti-avventori convincono il poeta a cantare una romanza dai
toni buffoneschi, prima di narrare sotto listigazione di Lindorf, un essere
diabolico, la «folle storia» delle tre donne più amate durante la sua vita.
Negli atti successivi si animano le singole trame sentimentali: linfatuazione
per la bella Olympia (dal racconto Luomo della sabbia), un raffinato
automa generato nel laboratorio parigino del fisico Spalanzani, stravolge il
giovane scrittore, ingannato dagli occhiali che gli vende il ciarlatano
Coppélius, nel vortice di due danze, un minuetto e un valzer, contrassegnate
dagli scricchiolii del meccanismo. Una scena dello spettacolo © Michele Crosera
Nel secondo episodio (dal racconto Il
consigliere Krespel), invece, affiora la passione di Hoffmann per la
sofferente Antonia, la cantante che il padre – il liutaio Crespel – tenta
invano di salvare dalla stessa malattia che ha ucciso la madre; ma linfido
guaritore Le docteur Miracle la convince a farsi rapire dal «demone della
musica», animando il ritratto materno e provocando, in tal modo, sulla scia
delle reminiscenze canore la sua morte. Il terzo atto, rimasto in parte
frammentario e soggetto a più versioni, si apre sul ritmo «ostinato» della
famosa Barcarola «Belle nuit, ô nuit damour» in un palazzo veneziano
(da Le avventure della notte di S. Silvestro), dove il perfido
Dapertutto convince lenigmatica cortigiana Giulietta ad
ammaliare il poeta, trascinandolo in un duello cruento e privandolo della
propria immagine. Rimane, infine, lambiguo epilogo nella stessa bettola
dellinizio, mentre si festeggia il successo della prima donna Stella, la
cantante di cui è innamorato Hoffmann; ma costui, confuso dai fumi dellalcool,
intravedendo in lei Olympia «brisée», Antonia «morte», Giulietta «damnée»,
rinuncia allamore per seguire la Musa dellarte e della poesia.
Una scena dello spettacolo © Michele Crosera
La regia di Damiano Michieletto
governa con sicurezza la complessità dellopera, proponendo una visione
«originale» del disegno espressivo offenbachiano, svincola gli episodi dalla
loro collocazione geografica e sottolinea, piuttosto, la costante presenza del
diavolo, incarnato dalle torbide figure la cui malvagità emerge nei singoli
passaggi; distingue, invece, una dallaltra le parti femminili, tratteggiando
per ciascuna distinti contesti espressivi, che trascorrono dal buffonesco al
tragico. Intanto, proietta sulle pareti le ombre inquietanti dei personaggi per
evidenziare lintreccio inscindibile tra lumano e il fantasmatico; suggerisce
agli interpreti, ai danzatori e ai coristi movimenti avvolgenti, mentre
inquadra con meticolosità i caratteri dei protagonisti in una dimensione
trasognata e grottesca, in un gioco satanico perverso e immorale. E, ancora,
interviene con misura sul testo, laddove coniuga le vivacità di una scolaresca
indisciplinata con la frammentazione del linguaggio (lesperimento di Olympia
trascorre dalle formule tracciate sulla lavagna alle lettere che volteggiano in
aria), intreccia il canto e la danza (la cantante Antonia muore mentre tenta
dindossare le scarpette da ballo), scompone le forme clownesche e rinchiude il
riflesso dei corpi oltre gli specchi (nellepisodio di Giulietta). E altro
ancora, se si considera limportanza dellaccurata scenografia di Paolo Fantin,
che costruisce una spazialità di squarci
infiniti, di finestre sospese e di ambienti visionari, dei costumi gioiosi e
bizzarri di Carla Teti, delle attente coreografie di Chiara Vecchi.
Una scena dello spettacolo © Michele Crosera
Lapprezzata esecuzione
sinfonica del maestro Chaslin, dellorchestra e del coro, diretto da Alfonso
Caiani, valorizza la varietà musicale del registro magico-simbolico di questa
versione de Les Contes, che si affida completamente alla bravura dei cantanti-attori.
Gli applausi premiano la vocalità di Ivan Ayon Rivas, che assume le diverse
fasi del poeta Hoffmann; la speciale bravura di Alex Esposito, che veste i
panni demoniaci di Lindorf, Coppélius, Docteur Miracle e Dapertutto; lefficace
canto di Rocío Pérez nella parte di unOlympia meccanica e di Carmela Remigio in unAntonia malinconica e tragica. Risultano ben
calibrate le prove di Giuseppina Bridelli (Nicklausse), di Veronique Gens (la
divina Giulietta), di Didier Pieri (in molteplici ruoli) e di tutti gli altri.
Un apprezzamento particolare va, infine, ai danzatori e ai mimi.
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