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L’incontenibile rabbia di «tipi seduti al chiuso» di una biblioteca

di Carmelo Alberti
  Tipi seduti al chiuso. Partitura sentimentale per biblioteche
Data di pubblicazione su web 22/11/2023  

Nello spazio essenziale di una piccola biblioteca fa il suo ingresso una scrittrice che, rivolgendosi agli spettatori, confessa di riuscire a lavorare solamente in un posto neutrale e riservato come quello, un luogo in cui esseri tra loro estranei siedono in silenzio in mezzo agli scaffali a inseguire, forse, la trama dei pensieri con il capo chino sopra le pagine di un libro. Non c’è, dunque, posto migliore per considerare la «complessità devastante» del mondo contemporaneo: Simona – questo è il suo nome – inizia a scrivere, immaginando i tratti distintivi delle persone che le stanno intorno. Così ha inizio Tipi seduti al chiuso. Partitura sentimentale per biblioteche, un prezioso «progetto» di Lucia Calamaro, prodotto dal Teatro Stabile del Veneto e ideato per le celebrazioni degli 800 anni dell’Ateneo di Padova. Lo interpretano con efficacia e impegno Riccardo Goretti, Simona Senzacqua, Lorenzo Maragoni, Cristiano Moioli, Cristiano Parolin, Filippo Quezel e Susanna Re, attori della «Compagnia Giovani» dello Stabile che danno il proprio nome a ciascun personaggio.


Un momento dello spettacolo
© Serena Pea

In una scena sobria, disegnata da Alberto Nonnato, irrompono tre strambi bibliotecari, evocati da Simona che con una sottile giravolta diventa l’autrice della rappresentazione. Il dialogo che s’intreccia tra loro è serrato e divertente con battute che rimandano alla vita personale, alle crisi familiari, alle trappole sentimentali; ma investono, soprattutto, la sfera dei libri, citando scrittori e pensatori come substrato necessario per un’organica sopravvivenza. I discorsi oltrepassano la ribalta, chiamano in causa il pubblico, giocando sul significato concreto delle parole lungo il sottile confine tra il comico e il drammatico. Emerge, gradualmente, l’ampiezza del disagio individuale che si trasforma apertamente in una varietà di manie e incomprensioni. Da un lato, scricchiola l’impegno a inventariare le forme del sapere, a registrare le tracce della conoscenza racchiuse in quei pochi reperti oramai superati; dall’altro, aumenta la centralità dell’immagine che, attraverso il groviglio prodotto dalle reti internet, finisce per definire interamente l’idea del mondo.


Un momento dello spettacolo
© Serena Pea

Il fallimento della parola e della sua propaggine scritta si traduce sul palcoscenico, e oltre nella società, in rabbia. Si tratta di una collera irrazionale e, spesso, priva di motivazione; eppure si radica prepotentemente nel corpo umano, ne condiziona i gesti scomposti e isterici, sospinge verso un’inevitabile sindrome demolitrice. Riccardo, il direttore della sede, affronta con asprezza lo smarrito e nostalgico nipote Cristiano sulla scia dell’incombente separazione dalla moglie, partita per l’India, lasciandolo solo con un figlio ribelle; costui, quando entra in gioco, scatena il suo odio distruttivo, scagliando a terra libri e oggetti. Lorenzo, il terzo eclettico bibliotecario, smania dietro Susanna, una giovane contestatrice che s’accanisce sulla tastiera suonando con caparbietà brani tristi; persino le note musicali appaiono scomposte, introverse, perché sono incapaci di accendere una semplice danza. Anche Filippo, improbabile artista multiforme, svilisce la sua vocazione per l’arte contemporanea fino ai limiti dell’inconsistenza e della futilità.


Un momento dello spettacolo
© Serena Pea

Nello spettacolo le tante tematiche della vita s’intrecciano con la fragilità del sistema bibliotecario, richiamando la logica della circolazione sanguigna e del battito del cuore, o riversando l’idea di un «tempo fermo» sulla mappa di Padova, la città universitaria per eccellenza affollata di studenti protesi verso la liturgia del Teatro Anatomico, la città che respira il culto immobile del Santo. Lucia Calamaro lascia emergere in modo geniale la paradossale ossessione dell’aggrapparsi ai codici della poesia e dei testi, a una memoria scritta sorpassata di continuo dalla crudeltà degli accadimenti quotidiani; alfine, a Simona, sua diretta portavoce, non resta che ribadire la propria malinconica impotenza, citando la frase di Wittgenstein: «Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere».


Tipi seduti al chiuso. Partitura sentimentale per biblioteche
cast cast & credits
 


Un momento dello spettacolo
© Serena Pea


 
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