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La tragedia di un emarginato

di Vincenzo Borghetti
  Peter Grimes
Data di pubblicazione su web 25/10/2023  

Un villaggio di pescatori sulla costa del Suffolk è oggi considerato un luogo idilliaco, dove riprendersi dal “logorio della vita moderna”, ritrovando forme di socialità diverse da quelle spersonalizzanti delle metropoli – il Suffolk è a poche ore da Londra, ed è una delle mete preferite dagli abitanti della capitale per fine settimana rilassanti. Peter Grimes di Benjamin Britten si svolge proprio in uno di questi villaggi sulla costa. Nell’opera, però, l’idillio cede alla tragedia.


Una scena dello spettacolo
© Brescia e Amisano 

Basato su un racconto in versi di George Crabbe, The Borough, pubblicato nel 1810, Peter Grimes narra la vita in un piccolo paese, descrivendolo come un inferno. Un inferno per il protagonista, vessato dalla cattiveria e dall’avidità dei suoi compaesani; un inferno per i suoi giovani mozzi, sui quali il tutore scarica con violenza le sue frustrazioni; un inferno, infine, per gli stessi abitanti del villaggio, ossessionati dai soldi, le cui vite si consumano tra continue gelosie e maldicenze. L’opera è lo specchio della difficile condizione esistenziale dello stesso Britten, omosessuale e pacifista in una società estremamente conservatrice, tutta concentrata sullo sforzo bellico (Peter Grimes è stato composto negli anni della Seconda guerra mondiale), ma è soprattutto una riflessione generale sul male di vivere di chi non è in armonia col mondo e che, inevitabilmente, da quel mondo viene emarginato e distrutto. Senza la minima pietà, nemmeno quella dei propri vicini, che, tradizione vuole, in un villaggio abbiano più a cuore che in città i propri “prossimi”. 

Robert Carsen (regia) incentra la sua lettura sull’oppressione della società sull’individuo. La scena è una stanza chiusa circondata da un ballatoio praticabile. Di volta in volta è la sala del tribunale, la strada che dà sul mare, il pub “Il cinghiale”, la capanna di Grimes. Cambiano pochi arredi e nell’ultimo caso si fa più angusta, ma lo spazio resta quello. La chiusura e la fissità della scena rendono concreta la difficoltà della vita in una piccola realtà di provincia, che non concede possibilità di scampo a nessuno. Il mare è una presenza costante e minacciosa, ma si vede solo proiettato sullo sfondo, sempre scuro e in perenne tempesta, come un incubo ricorrente. I colori sono ridotti al minimo: scene e costumi, in tinte fredde, rendono lo spettacolo molto simile a un film in bianco e nero (video di Will Duke; luci dello stesso Carsen e Peter van Praet). Con l’eccezione di Ellen Orford, la maestra, l’unico personaggio che nella storia conosca sentimenti di umana compassione per l’emarginato Grimes e il suo giovane mozzo, e che per questo si stacca anche visivamente dalla massa inquietante che la circonda. Il tutto è di una claustrofobia soffocante ai limiti del sostenibile (le scene e i costumi sono di Gideon Davey).


Una scena dello spettacolo
© Brescia e Amisano 

Tanta è la complessità, la ricchezza della regia di Carsen, che, particolare non scontato, ha prestato grande cura alla recitazione dei cantanti e del coro che in quest’opera ha una parte considerevole. Di sicuro uno dei migliori spettacoli prodotti alla Scala nell’ultimo decennio. Una annotazione a margine: è curioso che il teatro milanese proponga con questo Peter Grimes una nuova produzione dell’opera a poco più di dieci anni dallo spettacolo di Richard Jones, giudicato tra i più fortunati della stagione 2011-2012, il cui protagonista, John Graham-Hall, fu insignito del premio Abbiati come miglior cantante. 

Simone Young (direzione) ha offerto una lettura della partitura vigorosa e perfino aggressiva, inesorabile nel ritmo drammatico, fondendosi così alla perfezione con la messinscena di Carsen, seguita a meraviglia dall’orchestra della Scala, qui in una delle sue prove in assoluto migliori. Lo stesso si può dire degli interpreti, tutti in forma smagliante e talmente in parte da far dimenticare lo sforzo del canto nella recitazione. Brendan Jovanovich (Peter Grimes) ha una voce importante che piega però a tutte le esigenze psicologiche del personaggio, nevrotico come Peter Pears (il creatore del ruolo nel 1945), brutale come John Vickers (l’altro grande Peter Grimes, che Britten non amava).


Una scena dello spettacolo
© Brescia e Amisano 

Nicole Car è stata una Ellen Orford di grande intensità, il cui timbro caldo e omogeneo in tutti i registri l’ha resa perfetta nel ruolo dell’unico personaggio davvero positivo della vicenda (assolutamente magnifica nella scena col mozzo del secondo atto col mozzo). Eccellente tutto il resto del cast, di cui piace menzionare almeno Peter Rose (Swallow) e Benjamin Hulett (Rev. Horace Adams). 

Grande successo per tutti; la direttrice Young è stata accolta da un’ovazione al rientro dopo il secondo intervallo.



Peter Grimes
Opera in tre atti e un prologo


cast cast & credits
 
trama trama


Un momento dello spettacolo
visto il 21 ottobre 2023
al Teatro alla Scala di Milano
© Brescia e Amisano


 
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