Un villaggio di pescatori sulla
costa del Suffolk è oggi considerato un luogo idilliaco, dove riprendersi dal
“logorio della vita moderna”, ritrovando forme di socialità diverse da quelle
spersonalizzanti delle metropoli – il Suffolk è a poche ore da Londra, ed è una
delle mete preferite dagli abitanti della capitale per fine settimana
rilassanti. Peter Grimes di Benjamin Britten si svolge proprio in
uno di questi villaggi sulla costa. Nellopera, però, lidillio cede alla
tragedia. Una scena dello spettacolo © Brescia e Amisano
Basato su un racconto in versi di
George Crabbe, The Borough, pubblicato
nel 1810, Peter Grimes narra la vita
in un piccolo paese, descrivendolo come un inferno. Un inferno per il
protagonista, vessato dalla cattiveria e dallavidità dei suoi compaesani; un
inferno per i suoi giovani mozzi, sui quali il tutore scarica con violenza le
sue frustrazioni; un inferno, infine, per gli stessi abitanti del villaggio,
ossessionati dai soldi, le cui vite si consumano tra continue gelosie e
maldicenze. Lopera è lo specchio della difficile condizione esistenziale dello
stesso Britten, omosessuale e pacifista in una società estremamente
conservatrice, tutta concentrata sullo sforzo bellico (Peter Grimes è stato composto negli anni della Seconda guerra
mondiale), ma è soprattutto una riflessione generale sul male di vivere di chi
non è in armonia col mondo e che, inevitabilmente, da quel mondo viene
emarginato e distrutto. Senza la minima pietà, nemmeno quella dei propri
vicini, che, tradizione vuole, in un villaggio abbiano più a cuore che in città
i propri “prossimi”.
Robert
Carsen (regia) incentra la sua lettura
sulloppressione della società sullindividuo. La scena è una stanza chiusa
circondata da un ballatoio praticabile. Di volta in volta è la sala del
tribunale, la strada che dà sul mare, il pub “Il cinghiale”, la capanna di
Grimes. Cambiano pochi arredi e nellultimo caso si fa più angusta, ma lo
spazio resta quello. La chiusura e la fissità della scena rendono concreta la
difficoltà della vita in una piccola realtà di provincia, che non concede
possibilità di scampo a nessuno. Il mare è una presenza costante e minacciosa,
ma si vede solo proiettato sullo sfondo, sempre scuro e in perenne tempesta,
come un incubo ricorrente. I colori sono ridotti al minimo: scene e costumi, in
tinte fredde, rendono lo spettacolo molto simile a un film in bianco e nero
(video di Will Duke; luci dello
stesso Carsen e Peter van Praet).
Con leccezione di Ellen Orford, la maestra, lunico personaggio che nella
storia conosca sentimenti di umana compassione per lemarginato Grimes e il suo
giovane mozzo, e che per questo si stacca anche visivamente dalla massa
inquietante che la circonda. Il tutto è di una claustrofobia soffocante ai
limiti del sostenibile (le scene e i costumi sono di Gideon Davey).
Una scena dello spettacolo © Brescia e Amisano
Tanta è la complessità, la ricchezza
della regia di Carsen, che, particolare non scontato, ha prestato grande cura
alla recitazione dei cantanti e del coro che in questopera ha una parte
considerevole. Di sicuro uno dei migliori spettacoli prodotti alla Scala
nellultimo decennio. Una annotazione a margine: è curioso che il teatro
milanese proponga con questo Peter Grimes
una nuova produzione dellopera a poco più di dieci anni dallo spettacolo
di Richard Jones, giudicato tra i
più fortunati della stagione 2011-2012, il cui protagonista, John Graham-Hall, fu insignito del
premio Abbiati come miglior cantante.
Simone
Young (direzione) ha offerto una lettura
della partitura vigorosa e perfino aggressiva, inesorabile nel ritmo
drammatico, fondendosi così alla perfezione con la messinscena di Carsen, seguita
a meraviglia dallorchestra della Scala, qui in una delle sue prove in assoluto
migliori. Lo stesso si può dire degli interpreti, tutti in forma smagliante e
talmente in parte da far dimenticare lo sforzo del canto nella recitazione. Brendan Jovanovich (Peter Grimes) ha
una voce importante che piega però a tutte le esigenze psicologiche del
personaggio, nevrotico come Peter Pears
(il creatore del ruolo nel 1945), brutale come John Vickers (laltro grande Peter Grimes, che Britten non amava). Una scena dello spettacolo © Brescia e Amisano
Nicole
Car è stata una Ellen Orford di grande
intensità, il cui timbro caldo e omogeneo in tutti i registri lha resa
perfetta nel ruolo dellunico personaggio davvero positivo della vicenda (assolutamente
magnifica nella scena col mozzo del secondo atto col mozzo). Eccellente tutto
il resto del cast, di cui piace menzionare almeno Peter Rose (Swallow) e Benjamin
Hulett (Rev. Horace Adams).
Grande successo per tutti; la
direttrice Young è stata accolta da unovazione al rientro dopo il secondo
intervallo.
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