I tratti della trama che scrutano le profondità spesso cupe
e aberranti dellanimo umano, lo “spettrale” e il “fantastico”, la follia e il
crimine, emergono notevolmente dal lavoro registico di Andrea Cigni,
il quale costruisce atmosfere buie che ben si addicono agli incubi
esistenziali, alle ambivalenze e alle fragilità dei personaggi dellopera. Lo
scenografo Dario Gessati ricrea un ambiente sguarnito fatto di
due soli pannelli grigi, con delle fessure allinterno, che si muovono a
seconda dei cambi di ambientazione e di particolari situazioni: rimangono
completamente aperti – fissati lateralmente – per le scene di esterno, mentre
appaiono semichiusi o chiusi del tutto – al centro – nelle scene ambientate
nelle stanze del castello.

Una scena dello spettacolo
© Elisa Casula
Particolare attenzione desta la presenza di una
griglia che viene calata dallalto in due momenti del dramma: nel preludio –
costruito a sipario aperto e con le tre streghe sulla scena – e durante latto
III nel momento in cui Macbeth rincontra le stesse. Queste ultime non
suggeriscono mai che sia necessaria una qualche azione di Macbeth, fanno solo
delle profezie da cui scaturiscono gli avvenimenti dellopera. Verdi – in una
lettera del febbraio 1865 a Escudier – scriveva: «Le streghe dominano il dramma. Tutto
deriva da loro». La griglia
rappresenta forse la gabbia in cui la forza del soprannaturale chiude –
volontariamente o involontariamente – il protagonista. Il dramma interiore di
Macbeth è allora inteso come sede dellelemento soprannaturale che determina e
circoscrive lazione dallinizio alla fine.

Una scena dello spettacolo
© Elisa Casula
Latmosfera cupa è rafforzata dal disegno luci di Fiammetta Baldiserri, che consente una
buona visibilità della scena senza mai illuminarla del tutto, lasciando degli
spazi misteriosamente preda del buio e, talvolta, di una foschia generale. A
ciò si aggiunge il gioco di luci e ombre creato dalle sagome dei personaggi
riflesse sui pannelli o sul pavimento lucido quasi a specchio. Attenuano
loscurità gli abiti bianchi del coro delle streghe, curati dalla costumista Valeria Donata Bettella, e la nota di
rosso che ritorna insistentemente in tutta la vicenda: nel mantello con cui fa
il suo ingresso re Duncan (lo stesso poi impiegato per portarlo in scena
morto), nei momenti degli omicidi, allinterno della caldaia delle streghe, sui
corpi nudi degli otto re insanguinati.

Una scena dello spettacolo
© Elisa Casula
Il soprano Gabrielle Mouhlen è una Lady
Macbeth tormentata dal sangue, che non ha paura di sporcarsi le mani e
intrecciarle a quelle di Macbeth insanguinate dopo lassassinio del re, e poi
ancora di gettare del sangue sulla parete del castello alla fine
dellaria La luce langue. Sicura nella recitazione, riesce a
caricare di una forte caratterizzazione psicologica il suo personaggio,
ottenendo a più riprese gli applausi e gli apprezzamenti del
pubblico. Tuttavia non si distingue per quel carattere della voce «aspra,
soffocata, cupa e diabolica» ricercata da Verdi, benché dimostri capacità nei
passaggi dal registro grave a quello acuto. Infine, non convince come
dicitrice: la lettura della lettera non funziona e quel momento, nelloscurità
della scena, perde di enfasi. Altro discorso per Franco Vassallo nei
panni di Macbeth, che dimostra una certa sicurezza nelle sfumature vocali, in
quel canto al limite del declamato, e nel disegnare un personaggio che ben
conosce poiché più volte interpretato.
Dario Russo, nel ruolo di
Banco, sembra trovarsi vocalmente e scenicamente a suo agio; emozionante
nellaria Come dal ciel precipita. Positiva anche linterpretazione
di Macduff del tenore Gianluca Terranova, la cui voce, con uno
straziato recitativo, emerge abilmente dal coro mentre piange lo sterminio
della sua famiglia allinizio dellatto IV. Meno convincente è la prestazione
di Mauro Secci nelle vesti di Malcom, soprattutto dal punto di
vista recitativo, proprio in unopera in cui lazione drammatica è forse
persino più importante della vocalità. Molti applausi per i giovani Elena
Schirru (dama), Marco Solinas (domestico e voce della
prima apparizione), Antonio Lambroni (araldo), Alessia
Cozzolino e Laura Chili (apparizioni). Quanto al coro
dellEnte Concerti, sotto la direzione di Antonio Costa, il
risultato pare buono, fatta eccezione per il coro delle streghe dellatto I che
inizialmente sembra non riuscire ad amalgamarsi con il suono dellorchestra; faticano
a seguire quella pulsazione ossessiva su cui scintillano i disegni di flauti e
ottavini. Si riscatteranno nel resto dellopera, in particolar modo nellatto
III e, con il resto del coro, in Patria oppressa.

Una scena dello spettacolo
© Elisa Casula
La direzione dellorchestra è affidata al direttore Michelangelo Mazza, il quale seguendo ledizione parigina del 1865, porta lorchestra ad avere pieno possesso della partitura. In momenti importanti come ad esempio quello in cui Macbeth immagina il pugnale sporco di sangue nellatto I, la compagine orchestrale riesce a esplodere accompagnandolo nella sua angoscia. Diverse le occasioni in cui i cantanti si sono lasciati un po troppo andare al “bel canto” – anziché al “canto dazione” e drammatico richiesto da Verdi – rallentando così rispetto allaccompagnamento musicale; ma altrettanti – e anche di più – sono i momenti in cui Mazza è riuscito a rimettere assieme la compagine tutta e mandare avanti lopera.
È un Macbeth che funziona, seppur con un finale che stona per
una morte irrealistica ed eccessivamente sbrigativa. Macbeth muore per mano di
Macduff abbandonandosi per terra, ma senza lasciare una sola goccia di sangue
nella spada o sulla scena. Verdi immaginava una morte «patetica, ma più che
patetica, terribile», e allora vè forse motivo di accogliere la scelta di
Cigni: Macbeth non può che morire come foglia rinsecchita, senza più neppure
una goccia di sangue in corpo.
*Studentessa di Digital Humanities per la Storia dello
Spettacolo nel corso di Scienze dello Spettacolo del Dipartimento, SAGAS