Unanime,
lAssemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato e proclamato la Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, il 10 dicembre 1948 a Parigi. Da allora si
sono fatti molti progressi, ma gli stati nazionali restano per definizione appiattiti
sui gruppi di interesse localmente dominanti.
«“La
follia è comportarsi sempre allo stesso modo e attendersi un risultato
diverso”, ha detto Albert Einstein».
«La crisi finanziaria ha aggravato le già evidenti disuguaglianze che
costituiscono il male della nostra generazione. Queste ingiustizie, di cui
nessuno dovrebbe essere soddisfatto, alimentano una rabbia legittima che devessere
incanalata per eliminare i meccanismi fraudolenti». «Limitarsi a additare capri
espiatori, semplificare fino allestremo senza cercare di capire che cosa sta
accadendo, è oscurantismo. È considerare imbecilli tutti. È decidere per loro».
«Elettori, attenzione. Siate curiosi. Ricordatevi che contrapporre una
minoranza vincente a una maggioranza lesa è riduttivo: è la tattica elettorale
del “divide et impera”». «Dato che la finanza supera le frontiere, la scala
giusta è quella europea. Chi è tentato dalla ritirata non deve dimenticare che
contro il rischio americano di deregolamentazione e il dumping cinese, non ce
la faremo da soli». «Dobbiamo anche tenere presente lurgenza di ripensare la
distribuzione del reddito e la transizione ecologica. Prima che accada
lirreversibile: una società individualizzata, privatizzata, senza investimenti
pubblici, dove nessuno nasce né prospera in libertà e uguaglianza dei diritti.
Non siamo più molto lontani» (M. Vincent, Le banquier et le citoyen. LEurope face aux crises financiéres, Paris, FEPS-Fondation
Jean Jaurès, 2019, pp. 79-80). Il laboratorio Italia conferma.
Operatore
della City, poi docente di regolazione finanziaria e storia delle crisi alla
Sorbona, Vincent attualizza lanalisi che fu già di Carlo Cattaneo (1848): «Le correnti si muovono verso due fronti: o
lAutocrate dEuropa, o gli Stati Uniti dEuropa» (cit. in Y. Hersant-F.
Durand-Bogaert, EUROPES, Paris, Robert
Laffont, 2000, p. 932). Poi di Georges
Bernanos (1946): «LEuropa è decaduta nel momento in cui ha messo in dubbio
se stessa, la sua vocazione e i suoi diritti. Non si può negare che sia stato
anche il momento dellavvento del capitalismo totalitario»; e André Malraux: «Lottimismo, la fiducia
nel progresso, sono valori americani e russi più che europei. Leredità dellEuropa
è lumanesimo tragico» (ivi, p. 934).
Lo
confermano i migranti africani via Italia, vicina non solo geograficamente
perché un secolo fa, «contemplando lo scenario del Mezzogiorno dopo la
sconfitta del grande brigantaggio, nel 1899 Francesco Saverio Nitti spiegava che lemigrazione è la
manifestazione di unautonoma soggettività popolare che si manifesta nella
storia con una forte capacità di azione. La scoperta di un altro mondo e
soprattutto di un mondo diverso sono dimensioni eminentemente politiche». «Di
chi ha visto un altro mondo e non ha più voglia di tornare a essere quello che
era» (A. Scotto di Luzio, Lequivoco don Milani, Torino, Einaudi, 2023,
p. 73).
Non
sprechiamo questa crisi.
Non
sprechiamo questa crisi (Roma-Bari, Laterza-Gedi, 2020), esorta Mariana Mazzuccato, docente di Economia
dellinnovazione e del valore pubblico, University College London. «Il
capitalismo, infatti, sta affrontando almeno tre grandi crisi. Una crisi
sanitaria indotta dalla pandemia ha rapidamente innescato una crisi economica
con conseguenze ancora sconosciute per la stabilità finanziaria, e tutto questo
si gioca sullo sfondo di una crisi climatica che non può essere affrontata con
il solito approccio del “business as usual”» (p. 11). «A meno che la creazione
di denaro non sia legata alla creazione di opportunità nelleconomia reale, la
maggior parte della liquidità va di nuovo a finire nel settore finanziario,
esattamente comè accaduto nel 2008. La marginalizzazione dello stato nella sua
funzione di investitore ha quindi privato i governi sia di un vitale ruolo
precauzionale nellaffrontare gli eventi imprevisti sia di uno strumento vitale
di stabilizzazione, oltre che di un ruolo chiave di trasformazione per
imprimere un indirizzo verde alleconomia» (ivi, p. 80).
«Ci
siamo lasciati ossessionare dalla velocità della crescita anziché guardare alla
direzione che prendeva. Se lasciate libere di agire, le economie di mercato
tendono a prendere direzioni che privilegiano il breve termine e lespansione
del valore, come la finanziarizzazione e la deindustrializzazione negli ultimi
decenni» (ivi, p. 82). «Un caposaldo dellortodossia, a questo punto, avrebbe
dovuto essere smentito dagli eventi, ovvero che le economie hanno una spontanea
tendenza alla piena occupazione. Tuttavia, questidea è dura a morire e si
riflette nei requisiti sempre più stringenti imposti per laccesso al sussidio
di disoccupazione: sotto sotto, infatti, lopinione è che la scarsità di lavoro
non è mai un problema, e tutto dipende unicamente dalla riluttanza della gente
a lavorare. Un programma occupazionale pubblico supererebbe lobiezione morale
di subordinare lerogazione dellindennità di disoccupazione al fatto che le
persone cerchino lavoro, quando invece il lavoro non cè» (ivi, pp. 88-89). «I
posti di lavoro del Public Job Programme potrebbero fare capo a tre grandi
gruppi: a) la cura dellambiente; b) la cura della comunità; c)
la cura delle persone» (ivi, p. 88).
È
la svolta di Next Generation UE che ha radici profonde. «Come affermato da Guglielmo Ferrero, ma ancor prima dallo
storico inglese Lord Acton e dal
francese Édouard Laboulaye, e
successivamente ripreso da Luigi Sturzo,
da Wilhelm Röpke e da una folta
schiera di storici e dei teorici della politica, con il cristianesimo si fa
strada lidea che non debba essere la politica a giudicare la coscienza, ma che
debba essere questultima a giudicare la prima, in forza di un precetto
religioso: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.
Così è entrata nella storia la consapevolezza che Caesar non è Kyrios,
che il potere non è il Signore, lAssoluto, e che la coscienza è superiore a
qualsiasi autorità politica» (F. Felice, La
politica prima e dopo Gesù: questione di libertà, in «Avvenire», 5 settembre 2023, on line).
«Il
punto è che la Rivoluzione francese e i suoi epigoni (fino ai nostri giorni)
non hanno mantenuto le promesse, spingendo sullacceleratore di libertà ed
eguaglianza e trascurando la fraternità, senza la quale però le prime due
impazziscono e ci portano alla situazione attuale» (A. Monda, Scenari. Lurgenza di tornare a fare
politica, in «Avvenire», 10
ottobre 2023, on line). «Il cloud oscura la democrazia» («Avvenire», 5 settembre 2023, on
line) è il titolo dellintervista di Simone
Paliaga a Vili Lehdonvirla,
docente a Oxford e autore di «Cloud Empires. Come le piattaforme digitali
stanno superando gli Stati e come possiamo riprendere il controllo (Torino, Einaudi, 2023). In esso propone una carta digitale
dei diritti per limitare il potere delle piattaforme e anche in questo caso il
Regolamento UE sul trattamento dei dati è il primo e sinora unico a gestire la
materia. «Ha molti aspetti positivi, ma rende più difficile per le piccole
imprese estere offrire servizi ai cittadini europei». «È uno dei motivi per cui
le piccole imprese si avvalgono di piattaforme come Google Cloud e Apple App
Store che forniscono un unico ambiente commerciale globale. Maggiori sono le
differenze tra le leggi dei vari Paesi, maggiore è per le piattaforme il valore
degli affari. Solo che il loro deficit di democrazia è molto grave».
Lo
è perché nella modernità leconomia ha una dinamica anche tecnologica
inarrestabile e «quando leconomia si spinge al di là della “statica”, essa
diviene meno scienza, e più storia» (J. Hicks, Analisi causale e teoria
economica, Bologna, il Mulino, 1981, p. 12).
Perciò, «lidea di Keynes veramente importante e completamente nuova è che le
decisioni prioritarie che determinano tutto il resto sono le decisioni
di spesa». «Prima si costruiscono le fabbriche (di solito finanziate con
unespansione del credito delle banche); questa attività genera reddito
addizionale e i redditi generano i risparmi addizionali che corrispondono alla
spesa iniziate. (Dopo aver scritto tutto questo ho scorso il capitolo Della
moneta nel secondo libro di La ricchezza delle nazioni per scoprire
che Adam Smith dice quasi la stessa
cosa)» (N. Kaldor, Ricordi di un economista, a cura di M.C. Marcuzzo, Milano,
Garzanti, 1986, pp. 79-80). Le decisioni di spesa concretizzano le scelte –
quali beni e servizi, per chi, con quali soldi e obiettivi – su cui una comunità
costruisce se stessa e il proprio futuro.
Non
ci sono comunità e futuro dove il denaro fa solo denaro e non sorprende leggere
che «la paura ha modellato il comportamento umano negli ultimi 700 anni, e possiamo
trarne lezioni per il presente. La principale è: “Il potere dipende dalla
paura”». «Lo ha riassunto Hermann Göring,
capo della aviazione di Adolf Hitler:
“Tutto ciò che dovete fare è dire che siete sotto attacco e denunciare i
pacifisti che non hanno patriottismo e mettono il paese in pericolo. Funziona sempre”». Così «The Economist» che recensisce
Fear: An Alternative History of the World di Robert Peckham, Royal Historical Society (How fear has shaped human affairs, 16-22 settembre 2023, on line). «Due ragioni
convincenti per leggerlo. Anzitutto in un numero deprimente di paesi tra cui
Cina India Russia, i governi intensificano il ricorso alla paura per tenere in
riga i cittadini. In secondo luogo, i ricordi su come tali tattiche hanno
funzionato in passato sono confusi in modo preoccupante» (ibid.).
Oggi
«per molti intellettuali e politici contemporanei la nostra società si
confronta col pericolo di altri barbari, che sono le “masse” da tenere a bada
per evitare che distruggano la civiltà. Non volendo prendere in considerazione
i problemi del mondo contemporaneo, risulta loro più comodo tirar fuori dal
cassetto il vecchio spauracchio della decadenza di Roma, piuttosto che
esaminare i fattori interni di divisione, nonché laumento delle disuguaglianze
economiche o le limitazioni delle libertà. Oggi alcuni storici dicono che nel
tardo impero la vera corruzione risiedeva nella pratica politica, che antepose
gli interessi privati a quelli collettivi, e non è strano che le loro prese di
posizione suscitino riserve. Infatti ci possono indurre a paragoni scomodi con
analoghe situazioni del presente. Una interpretazione che voglia porre
laccento sui problemi interni alla società romana non ha necessità di
ricorrere ai barbari per spiegare la crisi dellimpero”» (J. Fontana, LEuropa
allo specchio. Storia di unidentità distorta, Torino, Laterza, 1994, pp. 22-23). «Ciò di cui abbiamo
bisogno, prima di tutto, è sapere che i nostri problemi, e quelli del mondo
sottosviluppato, debbono essere risolti congiuntamente» (ivi, p. 197).
LEuropa
è nata e vive nellinterdipendenza, ma solo dopo due guerre mondiali in una sola
generazione ne abbiamo preso atto. William
Robertson laveva capito già nel 1769: «Chiunque voglia scrivere la storia
di un grande Stato dEuropa nei due secoli passati è costretto a scrivere la
storia dellEuropa tutta» (History of the Reign of the Emperor Charles V,
prefazione a EUROPES, cit., p. 930). E nel 1796 Mirabeu lo ribadiva: «Verrà il tempo in cui lEuropa non sarà che
una sola famiglia, allora si concluderà il patto federativo del genere umano» (Moniteur,
26 agosto 1796, ibid.). ONU e UE sono oggi realtà, fragili o forti quanto lo
siamo noi cittadini del mondo e dEuropa.
Linterdipendenza
vive di cultura, perché «capire e farsi capire sono i due pilastri di una
politica degna di questo nome» (Scotto di Luzio, Lequivoco don Milani, cit., p. 89). Interdipendenza anche
nel tempo. «La maggior parte delle persone di oggi stanno meglio dei nostri
antenati perché i cittadini e i lavoratori delle prime società industriali si
sono organizzati, hanno sfidato le scelte dominate dalle élite sulla tecnologia
e sulle condizioni di lavoro e hanno imposto modalità di condivisione più equa
dei guadagni derivanti dai miglioramenti tecnici. Oggi dobbiamo fare di nuovo
la stessa cosa» (D. Acemoglu-S. Johnson, Power
and Progress: our thousand-year struggle over technology and prosperity, London,
Basic Books, 2023, p. 7).
Lungo
il percorso tracciato nellUE, «perché lunione faccia la forza. Una forza
giuridica, prima di tutto. Le nostre lacrime, infatti, non turbano il potere,
compreso quello militare» (A. Politkovskaja, Proibito parlare, Milano, Mondadori, 2010, p. 107). È storia, anzi attualità,
prima europea e ora globale.
«Di
fatto, in questo tempo ansioso, il futuro si colora delle più diverse e
smisurate speranze: quante ne propone un mondo che – solo apparentemente
globalizzato – resta, come scrisse Antonio
Gramsci, “sempre e ancor più di prima “grande e terribile”» (A. Prosperi, Tremare
è umano. Una breve storia della paura, Milano, RCS
MediaGroup, 2021, p. 149).
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