La Palazzina Reale di Santa Maria Novella diventa suggestivo spazio scenico
per Fabbrica Europa nonché scenografia per le performance degli artisti francesi Leïla Ka e Alexandre
Fandard. I due danzatori si esibiscono in successione nei lavori site-specific:
Se faire la belle e Comme un symbole, entrambi atti a esprimere malesseri
dei giorni nostri, problematiche e pregiudizi sociali.
In parte contrapponendosi ai tempi che corrono, i due
giovani performer rappresentano
con decisione non la “fluidità di genere” (o gender fluidity) bensì i
concetti di “femminile” e “maschile”. Ka sembra rappresentare un universo
interiore fatto di merletti e candore ma anche – e soprattutto – di voglia di liberarsi
da qualsiasi forma di costrizione. La performance
di Fandard è invece manifestazione di una mascolinità schietta, a tratti riconoscibile
ma comunque complessa e difficilmente inquadrabile.

Un momento dello spettacolo © Laurent Philippe
In Se faire
la belle Leïla Ka incarna una figura in bianco con le mani strette davanti
allo stomaco. Ha gli occhi chiusi, lo sguardo un po sofferente, quasi penitente.
Al sopraggiungere della musica inizia a dondolare, prima con il busto, poi con la
testa, rimanendo salda sulle gambe e con i piedi che non si staccano mai dal
pavimento. Il personaggio mostra un carattere volubile e unessenza in continua
mutazione: il suo abito sembra ora una camicia di forza, ora una semplice veste
da notte, ora una tunica alla greca. Ka sembra voler rievocare una Isadora
Duncan alle prese con la scoperta di nuove torsioni, di nuove pulsioni,
espresse però al ritmo della musica elettronica.
La Palazzina, di
gusto squisitamente fascista (fu inaugurata nel 1935 come soggiorno temporaneo per il re e per la corte), è la cornice
ideale per la gestualità di Fandard, che richiama insieme latto di protestare
e quello di idolatrare qualcuno (o qualcosa), di attaccare e di proteggere. Il
danzatore è solo in scena ma agisce come se fosse circondato da una massa di
persone, invisibile ma palpabile grazie allazione coreografica: Fandard
acclama, prega, combatte e lo fa con compagni e contro nemici immaginari.

Un momento dello spettacolo © Pierre Planchenault
Anche la
musica assume un forte valore narrativo: ora diegetica – richiamando
rumori, urla, fischi – ora extradiegetica, esprimendo gli stati danimo più
intimi del protagonista. Il costume, una tenuta “da casa” come quella scelta da
Ka, ovvero una semplice tuta da ginnastica e un cappellino con la visiera,
denuncia lo statuto di un uomo “qualunque”. Questuomo è difficile da definire,
forse è uno straniero e, proprio perché ignoto, è potenzialmente violento e
pericoloso.
Lobiettivo di
Comme un symbole è proprio quello
di scalfire i simboli e di rivalutare lessere umano al di là dei pregiudizi e
delle sterili sentenze basate sulla sola apparenza. La maestria dei performer rende le coreografie di
forte impatto visivo non lasciando scampo agli spettatori, che li ringraziano
con scroscianti applausi.
|