Una scena del film
Nella
scena in questione Floriana indica a Desiré, visibilmente spaesata, dove apporre
la firma, e nel sollecitarla la chiama “scemina”. Poco dopo il fidanzato Bruno
(Sergio Rubini) la apostrofa con
aggettivi poco edificanti (“sguaiata”, “imbarazzante”, “bugiarda”) eppure
puntuali, che scolpiscono un primo profilo del personaggio, ma che non bastano
a definirlo. Perché Desiré dimostrerà a poco a poco di essere davvero molto di
più. Aiuto parrucchiera per il cinema, alletà di diciotto anni scappa dalla
periferia per lavorare e mettere da parte dei risparmi. Nonostante viva con il
compagno, un professore universitario molto più maturo e istruito di lei,
sembra non essere ancora riuscita a tagliare del tutto il cordone ombelicale con
la famiglia, un nodo che rischia di intrappolarla e distruggerla. A riportarla
a più riprese nella casa dinfanzia è lamore incondizionato per il fratello
con il quale condivide un insopportabile senso di inadeguatezza: questi, reo di
aver “perso troppi treni” a detta del padre, non trovando vie di uscita al
costante sentirsi “sbagliato” si chiude nel silenzio e abusa di psicofarmaci.

Una scena del film
Dietro
la cinepresa Micaela Ramazzotti decide di
portare sulla scena la sintesi perfetta di tutte le donne di cui ha vestito i
panni nel corso della sua carriera, donne intimamente squarciate e fisicamente
abusate. Donne bambine, ingenue eppure coraggiose. Donne istintive e generose, amate
da uomini sbagliati. Donne che non sanno camminare, scomposte, che incedono in
una corsa smaniosa e goffa alla ricerca cieca di uno spiraglio di speranza.
Correva Sonia dopo esser stata licenziata in Tutta la vita davanti (2008) e urlava a perdifiato «qui nessuno è
gentile!», correva Donatella Morelli ne La pazza gioia (2016) in fuga dalla
clinica psichiatrica domandandosi dove fosse la felicità e correva Anna
Nigiotti ne La Prima cosa bella (2010)
dietro alla macchina del marito che le portava via i figli. E, nonostante vada
tutto male, corre Desiré.
Una scena del film
Non
è semplice districarsi tra i disagi di questo racconto e trovare nellimmediato
una giustificazione al titolo del film. In effetti, dopo aver lottato a fatica
per conquistare la sua libertà e quella del fratello, non solo ci si augura che
Desiré tagli i ponti con tutte le relazioni nocive che la circondano, come
effettivamente accade, ma ci si aspetterebbe di vederla felice, felice davvero.
Così, dal momento che abbiamo imparato a conoscerla e smesso di giudicarla,
proviamo un po di rammarico nel non sapere con certezza se, dopo che
finalmente si è emancipata, avrà raggiunto o meno lagognata felicità. Se non
altro la sua generosità si è rivelata salvifica per il fratello e ci consola
sapere che il percorso terapeutico di Claudio ha dato i suoi frutti, che ora sta
bene e può salire in tempo sul treno giusto. Non un vero e proprio happy ending, ma uno squarcio di
speranza in questa storia attuale, toccante e sincera.
* Studentessa di Digital Humanities per la Storia dello Spettacolo nel corso di Scienze dello Spettacolo del Dipartimento, SAGAS.