Proseguendo
il filone di film storici che si prendono sempre maggiori libertà
creative, Pablo Larraín
compie un ulteriore salto con El Conde (vincitore del premio
per la Miglior Sceneggiatura allultima Mostra del Cinema di
Venezia e distribuito internazionalmente sulla piattaforma Netflix),
optando per raccontare la storia del celeberrimo dittatore attraverso
unottica bizzarra: cosa succederebbe se Augusto Pinochet
fosse un vampiro bicentenario ormai stanco e deciso a mettere fine
alla sua non-vita?
La
pellicola ripercorre le origini del “conte” del titolo, a partire
dalla sanguinaria Francia rivoluzionaria quando Claude Pinochet,
soldato dalle ignote origini, assistette al trapasso della nobiltà
parigina a fil di ghigliottina, pianificando di combattere ogni
rivoluzione. Quindi finse la morte e sparì nel nulla per riemergere
come militare in opposizione ai ribelli, finché non scelse di
diventare comandante e infine dittatore di «un ignoto piccolo paese
del Sud America».
Una scena del film Questo
il preambolo, poiché il fulcro del film vede protagonista lultra
geriatrico “Conde” (Jaime Vadell), sfiancato da una vita
più che bicentenaria, alle prese con degli “avvoltoi in seno”
che non perdono loccasione più unica che rara di liberarsi della
fastidiosa longevità mostrata dal patriarca e mettere mano ai fondi
di famiglia.
Narrato
principalmente in flashback da uninaffidabile, parziale
narratore,
e girato in un sontuoso bianco e nero, El Conte si prende
numerose libertà storiche per reinventare la figura del dittatore
come un letterale mostro di nome e di fatto, una sorta di “strigoi”
cileno, attraverso il filtro alla moda della commedia horror. Si
pensi al genere dei vampiri, destinato a una rinnovata auge nelle
ultime due decadi, spesso declinato su temi come la gentrificazione
(Vampires vs. the Bronx di Oz Rodriguez, 2020) o la
codipendenza in relazioni tossiche (Renfield di Chris
McKay, 2023) e proposto in chiave di satira sociale.
Purtroppo,
nonostante la carica satirica sia ferocissima e non faccia sconti, e
le recitazioni siano solide, il copione è più sagace che
divertente, lasciando lo spettatore in balia degli eventi. Poiché
non si può certamente dire che il film manchi di “eventi”, né
che manchi di mostrare gli elementi horror come le efferate uccisioni
e le estirpazioni di cuori dal vivo petto.
Una scena del film Ma
a parte un twist del terzo atto che alza lasticella della satira
ancora più in alto, tutto procede con un fare compassato che mal si
presta a una commedia nera, mentre nel calderone horror-gotico di
maniera, storia e humour non si amalgamano. Né il tema del potere
viene approfondito nella sua inesorabile corruzione, in un mondo in
cui nulla si può salvare dal male e la sua pervadente banalità gli
permette di prosperare ad infinitum.
Il
cast eccelso e unottima fotografia non bastano a rendere il film
più di un modesto esperimento di genere il cui ottimo terzo atto (e
finale) non è così potente da far soprassedere al fatto che non cè
davvero molto da scoprire sotto il mantello.
* Studente di Digital Humanities per la Storia dello Spettacolo nel corso di Scienze dello Spettacolo del Dipartimento, SAGAS.
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