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Il trono vuoto

di Giuseppe Gario
  Il trono vuoto
Data di pubblicazione su web 13/09/2023  

Individuato nel 2002 da Carlo Urbani – che ne morì, dimenticato come il virus – Covid-19 è tornato pandemico nel vuoto di governo globale, in cui Putin riporta guerra in Europa e carestia nel mondo. Pestilenza-guerra-carestia, i tre cavalieri dell’apocalisse nell’Europa all’alba del millennio alle nostre spalle, si accompagnano talora con il quarto ineffabile salvatore-giudice, nel medioevo di progresso tecnico fino alla rivoluzione della stampa e alla scoperta dell’America. Professore di storia russa e sovietica all’università di Lilla, Andreï Kozovoï scrive che «al di là dei discorsi dei dirigenti, le cui parole andrebbero considerate con cautela (Putin è maestro in depistaggio) conviene esaminare i loro atti» (La chute de l’Union soviétique 1982-1991… 2023, Paris, Perrin, 2023, p. 393). E le conseguenze. «La guerra intrapresa da Vladimir Putin in Ucraina, rompendo una volta di più con un multilateralismo più che mai necessario per risolvere la crisi climatica, attesta una volta di più che l’esaltazione della potenza è nociva per il pianeta» (P. Blanc, Géopolitique et climat, Paris, SciencesPo, 2023, p. 32). Nella crisi climatica si profila il salvatore-giudice. 

«I processi culturali occupano più tempo dei processi produttivi ed organizzativi e richiedono una maggior perseveranza» e «imparare a pensare in termini mondiali. Discussioni in termini di interessi nazionali sono quasi sempre espressione di una mentalità ristretta e di un punto di vista retrogrado. Dobbiamo formulare gli obiettivi della politica economica e sociale in termini mondiali, vale a dire tenendo presente l’idea di cooperare alla costruzione di un mondo armonico e ricco. Dobbiamo verificare gli obiettivi fin qui discussi chiedendoci: quale struttura internazionale della economia è realizzabile, stabile, ottimale?» ricordava già sessant’anni fa Jan Tinbergen, professore di economia all’università di Amsterdam (Lezioni dal passato, Firenze, Vallecchi, 1967, p. 175). 

Nell’introdurre Democrazia di Giovanni Sartori (Roma, Treccani, 2023), Nadia Urbinati ricorda che «la traiettoria quantitativa e quella della scelta razionale stavano in quegli anni cambiando la fisionomia della teoria democratica in un modo che a Sartori non piacque, anche se egli stesso simpatizzò con la seconda, in particolare con l’applicazione al voto della teoria economica dei costi e benefici per determinare le preferenze degli elettori. A Anthony Downs (autore nel 1957 di An Economic Theory of Democracy) Sartori riconobbe il merito di avere – con la sua interpretazione economica dei processi politici – liquidato di fatto il marxismo: ma non tenne sufficientemente in conto che quella teoria ideologica della scelta razionale avrebbe anche intaccato alla radice la tensione normativa della democrazia» (ivi, p. 17). È il nostro problema. 

«Uno studio della rivista Nature mostra che dall’inizio degli anni Ottanta il continente europeo si è riscaldato da tre a quattro volte più velocemente delle altre regioni del mondo situate alle stesse latitudini. I meccanismi implicati sono ancora poco noti, ma l’attenzione degli scienziati sembra attirata dalla modificazione delle correnti nell’alta atmosfera (Jet Stream), che provoca il blocco degli anticicloni nell’estate». «Se la tendenza si conferma, l’Europa può attendersi di subirne i nefasti effetti sulla salute umana. Per poco che le ondate di calore si combinino con siccità prolungate, il granaio europeo rischia più spesso di esserne scompigliato. Nel corso dell’estate 2022, diversi fiumi e corsi d’acqua in Europa hanno visto la loro portata scendere ben al di sotto del livello medio delle acque basse, al punto che si è spesso parlato di guerre per l’acqua» (Blanc, Géopolitique et climat, cit., p. 187). 

Madre delle rivoluzioni, l’Europa in formato UE si muove e nella 27a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Sharm El Sheikh 2022), «l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, e il presidente della Banca europea degli investimenti, Werner Hoyer, indicano chiaramente i mezzi già messi in opera dall’Unione e quelli da mobilitare. Puntano sull’ulteriore formulazione di una dottrina climatica, insistendo sulla capacità d’azione europea: “L’Europa deve completare i suoi impegni interni con una politica estera climatica proattiva. In un mondo dove l’UE rappresenta meno dell’8% delle emissioni mondiali, i nostri sforzi in questo campo non possono limitarsi al nostro continente. Se lasciamo che si risponda alla crescente domanda di energia in Africa e parti dell’Asia costruendo altre centrali elettriche a carbone o a gas, finanziate da Cina o altri paesi, la nostra speranza di limitare il riscaldamento climatico partirà letteralmente in fumo. Dobbiamo convincere i nostri partner mondiali a condividere la nostra ambizione e spingerli – aiutarli – a prendere le misure necessarie» (ivi, pp. 37-38). «La “potenza dalla norma più che dalla forza”, scrive Zaki Laïdi. L’Unione europea potrebbe darsi così uno strumento importante di singolare influenza. Per iniziare a esercitare questo soft power nelle proprie frontiere, ha previsto un fondo di 40 miliardi di euro per aiutare gli Stati più dipendenti da energie fossili a realizzare le loro transizioni» (ivi, p. 39). 

Va ricordato che «liberalismo, un sistema politico, non è liberismo, un sistema economico». «Difatti il liberalismo è nato in società ancora povere (poverissime per i nostri criteri) e prima della rivoluzione industriale». «Ma il problema cambia quando il liberalismo si avvince alla democrazia e in funzione della componente democratica della liberal-democrazia. Ché la democrazia, inevitabilmente, anche se con velocità molto diverse, approda a distribuzioni e redistribuzioni di ricchezza» (Sartori, Democrazia, cit., pp. 115-116). La ricchezza prodotta nella rivoluzione industriale è disastrosa senza un governo giusto che, «riferito a una cosa indica che risponde alle esigenze o all’uso a cui è destinato» e «riferito a persona indica chi giudica e si comporta secondo i principi della giustizia» (Treccani online). 

Senza competenza e senza giustizia, il trono è vuoto. 

Il trono vuoto (P. Viola, Torino, Einaudi 1989) fu la rivoluzione francese dalle «tante transizioni, nelle diverse sfere della politica, dei conflitti sociali, dell’economia. Nel corso di quella che qui prendo in esame: della sovranità dal re al popolo, non solo si verificarono i conflitti di potere che sono propri di qualunque congiuntura rivoluzionaria, ma entrò in crisi la sovranità stessa, al livello ideologico e al livello simbolico. Per dirla con Mounier, il trono rimase vuoto. Né i dirigenti politici, né il popolo, capirono più bene che cosa significasse esercitare il potere» (ivi, p. IX). «Quella francese è infatti un caso di rivoluzione che praticamente nessuno si è mai posto il problema di “fare”, ma fin dall’inizio, di difendere e concludere» (ivi, p. XIII). Così pure la rivoluzione industriale, rivelandoci che «la distinzione tra titolarità ed esercizio del potere è tanto irrilevante nel contesto dei regimi dispotici – quale l’impero persiano – quanto le è nel contesto di una democrazia diretta» (Sartori, Democrazia, cit., p. 62) e che sovrano è il rispetto dei diritti umani, riconosciuti inviolabili dall’unanime Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948. Per primo il diritto alla vita. 

Il Word Resource Institute stima necessario investire circa l’1% del prodotto interno lordo globale anche per «rimediare al cronico sotto-investimento infrastrutturale, cambiare modelli di irrigazione, puntare su soluzioni naturali (proteggere mangrovie e zone umide ad esempio), riutilizzare acque trattate. E, va da sé, ridurre le nostre emissioni di gas a effetto serra e attenuare il riscaldamento climatico che, se non è il solo responsabile delle difficoltà di approvvigionamento d’acqua in tutto il globo, lo è però in gran parte». «La minaccia del “giorno zero”, senza più acqua, si è già realizzata in India, Messico, Iran, Africa del Sud ma anche nel Sussex, e in Francia 700 comuni sono stati approvvigionati con autobotti nel 2022». «Nel mondo la domanda d’acqua è raddoppiata dal 1960 e ora sta aumentando a un ritmo superiore a quello della popolazione mondiale. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo e, mentre raggiunge il tetto in America del nord, Asia centrale e Europa, rischia un aumento vertiginoso nell’Africa sub-sahariana» (M. Valo, Crise de l’eau: 4 milliards d’humains touchés, in «Le Monde», 17 agosto 2023, on line). Nell’attuale città-mondo il trono è vuoto. 

«In conclusione quale fondamento scegliamo per la nostra città? Quella che si fonda sull’origine o quella che ha come principio di individuazione il fine? La città il cui legame fondamentale è la stirpe, l’appartenenza, o il legame fondamentale che vogliamo è la legge, la concordia, la pax? La città pensiamo che si formi attraverso meccanismi sempre più rigidi, discriminatori, di inclusioni che comportano esclusione, o al contrario attraverso un “augescere”, un crescere che include sempre più largamente? Fermo restando che anche in questo caso è necessario andare oltre al modello della synoichia, della semplice coabitazione» (U. Curi, Alle radici dell’idea di città, in F. Pizzolato-A. Scalone-F. Incorvaja, La città e la partecipazione tra diritto e politica, Torino, Giappichelli, 2019, p. 7). Nell’attuale città-mondo la semplice coabitazione non è più possibile e «appropriati principi di giustizia internazionale mirano a fornire il fondamento teorico di un quadro istituzionale che può essere difeso da ogni persona interessata. È mia opinione che non ci sono buoni motivi per istituire uno schema distributivo che faccia dipendere la forza della legittima pretesa di una persona dalla sua cittadinanza» (C. Jones, Patriotism, Morality, and Global Justice, in Global Justice, a cura di I. Shapiro e L. Brilmayer, New York, New York University Press, 1999, p. 165). «Dobbiamo pensare per quanto possibile oltre nazionalismo e statalismo come forme di ordine politico» (D. Satz, Equality of What Among What? Thoughts on Cosmopolitanism, Statism, and Nationalism, ivi, p. 82). 

Salvatore-giudice, la crisi climatica conferma. «Il buono stato di natura non è nulla senza una buona natura dello Stato. In altre parole, se le profondità della natura servono soprattutto a nutrire lo “stato profondo”, vale a dire le sfere sotterranee dei regimi autoritari che sfuggono a ogni controllo» (Blanc, Géopolitique et climat, cit., p. 203). A partire dal controllo fiscale, pilastro di sovranità perché «la redistribuzione si attua più efficientemente col sistema fiscale che con norme di legge che stravolgono i comportamenti» (L. Kaplow-S. Shawell, Why the legal system is less efficient than the income tax in redistributing income, in Law and Economics, a cura di E.A. Posner, Farnham, Ashgate, 2001, p. 285). 

Già Mediateur de la République – indipendente incaricato di trovare soluzioni condivise nelle liti civili, ora Défenseur des Droits – Jean-Paul Delevoye constata che «la vera questione che dobbiamo porci, dopotutto, è la seguente: “è legale, certo, ma è anche giusto?”. E si sa che le rivoluzioni nascono più dalle ingiustizie che dalla miseria» (La société au risque de la judiciarisation. Atti del colloquio della Fondation pour l’innovation politique, Paris, Litec 2008, p. 120). E lo Studio Vitale Zane & Co., Strategie d’Impresa, cita Plutarco («Uno squilibrio tra ricchi e poveri è la malattia più antica e più fatale di tutte le repubbliche») in Il barrito dell’elefante: disuguaglianze e altri rischi per la democrazia: «Il riepilogo cupo che ne abbiamo fatto non vuol essere un piagnisteo o un esercizio pessimistico di dati e informazioni: vuole essere invece un tentativo di prendere atto dei fenomeni che caratterizzano il nostro mondo e che, esponendolo a reciproche influenze e determinando gravi impatti sulle disuguaglianze e sulla democrazia, mettono in pericolo la tenuta dei nostri sistemi economici, sociali, politici» (Newsletter n. 21, agosto 2023, on line). 

Salvatore-giudice, la crisi climatica svela l’operazione speciale di Putin. «Se il rafforzamento della vocazione agricola della Russia grazie ai cambiamenti climatici è ipotesi molto plausibile, vederla divenire fonte d’esportazione di acqua dolce, lo suggeriscono certi discorsi, solleva altri interrogativi. In un momento in cui lo stress agricolo globale è sempre più pesante, la stampa documenta la grande capacità di acqua dolce della Russia e le possibilità di convogliarla fuori dai suoi confini. Ai tempi dell’URSS, le autorità hanno preso in considerazione trasferimenti d’acqua dai fiumi della repubblica socialista di Russia verso le molto più aride repubbliche d’Asia centrale, ma il piano non ha avuto seguito» (Blanc, Géopolitique et climat, cit., p. 163). «L’avanzare del fronte agricolo russo potrebbe consentire alla Russia di garantire, oltre la sicurezza alimentare, un servizio indiretto di sicurezza idrica su scala globale in virtù del concetto di acqua virtuale: acquistando prodotti agricoli russi i paesi importatori risparmiano la propria acqua di irrigazione» (ivi, p. 164). Ma… c’è un ma. «Yevgeny Prigozhin’s reported death may consolidate Putin’s power. But it shows that Russia is a mafia state» («The Economist», “Today”, 24 giugno 2023, on line). L’UE invece tassa le multinazionali e regola le piattaforme digitali, poteri globali che sfruttano paure e aggressività alimentate anche da ipotetici duelli tra campioni del mondo, nello scenario del Colosseo romano. Come nella lotta alla fiscalità, il laboratorio Italia è a disposizione. 

Ci vuole ben altro. Il padre della cibernetica moderna, Norbert Wiener, l’ha detto fin dal 1948: «Se combiniamo il potenziale della macchina di una fabbrica con la valutazione degli esseri umani su cui si basa il nostro sistema di fabbrica, siamo a favore di una rivoluzione industriale di assoluta crudeltà. Dobbiamo essere disposti ad affrontare i fatti piuttosto che le ideologie alla moda, se vogliamo superare indenni questo periodo» (in esergo a D. Acemoglu-S. Johnson, Power and Progress, London, Basic Books, 2023). Il cambiamento climatico lo conferma in modo coerentemente crudele.






 
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