Lespressione “uomo dargilla” può richiamare alla
mente molte immagini. Un uomo paralizzato e incapace di agire, paragonabile
alla nubile lavandaia Maria del racconto Clay di James Joyce, in cui largilla è segno di morte. Oppure, al
contrario, si può pensare allorigine dellumanità: al Signore che plasma la
creta e, con un soffio, dona la vita alluomo; e lo stesso accade con Prometeo
e con il Golem ebraico.
Il primo
lungometraggio di Anaïs Tellenne –
presentato all80Ş Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti Extra –
sviluppa un proprio “uomo dargilla”
partendo dalla seguente questione: «Unopera darte nasce dallo sguardo di un
artista sul suo soggetto. Ma cosa accade al soggetto? Cosa resta di questo
sguardo? Il mio film racconta una storia che i musei e le gallerie non
raccontano. Un segreto tra Raphaël e il pubblico».
Raphaël (Raphaël Thiéry) è un uomo sulla
sessantina, con una fisionomia corpulenta e una benda sullocchio. Vive con sua
madre ed è il custode di una villa impolverata in cui ormai non abita più
nessuno. La sua vita scorre quieta fino a quando, n una notte di pioggia,
arriva una donna. È lartista contemporanea Garance Chaptel (Emmanuelle Devos),
che ricoprirà la villa di una nuova polvere: quella dellargilla. Una scena del film
Interprete e
personaggio si sovrappongono. Lattore Thiery è affetto da una malattia rara
alle cornee che alletà di dieci anni gli ha fatto perdere la vista da un
occhio. Egli afferma che, nel far fronte a questo handicap, ha pensato di
rendere la sua disabilità unalleata. Non funzionando la vista si è concentrato
su un altro senso: ludito. La sua emancipazione è avvenuta attraverso la
passione per la cornamusa e la musica tradizionale.
Sembra la stessa
storia di Raphaël, al quale però manca un ultimo tassello per raggiungere quella
stessa emancipazione: lamore, per Garance e per sé stesso. Garance nella
figura di Raphaël vede una musa: «Mi ispiri come un paesaggio mutevole,
irregolare, un canyon: imprevedibile e impreciso». È la sua prossima opera darte.
Una scultura dargilla a dimensioni naturali di un uomo seduto, con un braccio
appoggiato sul ginocchio a sostegno del volto; sembra un pensatore ma è
qualcosa di più: è un sognatore. Una scena del film
Raphaël accetta di
posare per Garance, e la messa a nudo del corpo va di pari passo con la messa a
nudo dei sentimenti. Fino ad arrivare a un magico amplesso che non è solo sesso
ma è – in senso etimologico – un “abbraccio”
tra i due corpi, un coinvolgimento, uninclusione, ununione totale tra opera e
artista (e spettatore). Come in Možnosti
dialogu di Jan Švankmajer, i due
amanti si modellano a vicenda nella creta fino a plasmarsi in una cosa sola.
Per Raphaël la
trasformazione nell“uomo dargilla”
è una rinascita. È la conquista di sé. È la scoperta che il suo corpo atipico
non deve necessariamente essere mostruoso, anzi può essere bello. Dopotutto
questo è lamore: quando qualcuno ti rivela a te stesso. Lo sguardo di Garance
– così diverso dagli sguardi giudicanti e meschini delle altre persone – rivela
a Raphaël ciò che il suo corpo realmente è: pura arte, che suscita piacere
alla contemplazione. Ecco cosa resta di uno sguardo.
*Vincitrice Premio Carabba 2023
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