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L'Hamlet senza identità di Boris Nikitin, il domani senza futuro di Castellucci

di Carmelo Alberti
  Hamlet / domani
Data di pubblicazione su web 30/06/2023  

Le proposte della cinquantunesima edizione della Biennale-Teatro di Venezia tornano a insistere sulla definizione aggiornata dell’idea di teatro, mettendo in campo una varietà di formule e di connessioni con altre arti della visione. Un passaggio ulteriore è offerto dalle eccentriche esibizioni di Boris Nikitin, artefice di creazioni-happening con cui analizza il rapporto tra realtà e identità; il performer svizzero predilige da sempre una ricerca sviluppata lungo la linea di confine che separa l’invenzione dall’autobiografismo. Dopo avere monologato senza filtri sullo smarrimento esistenziale procurato al figlio dall’agonia del padre, malato di SLA, con Versuch über das Sterben (Sul morire), presentato in Sala d’Armi dell’Arsenale, il regista torna ad affrontare la complessa questione dell’insicurezza artistica e della vulnerabilità individuale con una stravagante rivisitazione dell’Hamlet, elaborato al di fuori dalla traccia shakespeariana già nel 2016 insieme al compositore Julia*n Meding e al «pluripremiato quartetto d’archi» Der Musikalische Garten.

Nikitin entra nello spazio neutro del Teatro alle Tese con un passo dinoccolato, indossando una maschera da cinghiale, prima di svelare un volto imbambolato e una voce gracchiante, persino sgradevole. Si rivolge in maniera diretta agli spettatori, dichiarando ciò che non sarà il suo spettacolo: «Questo non è uno spettacolo teatrale. Non è neanche una performance. Questo non è un concerto. Questa non è la vita vera. E questa non è la realtà». E prosegue elencando con un distacco sospinto oltre la smorfia grottesca passaggi della sua vita, il suo stato confusionale; e ritorna sulla scomparsa del padre, ribadisce insomma la conflittualità tra la sfera personale e quella sociale.


Un momento di Hamlet Courtesy La Biennale di Venezia © Andrea Avezzù
Un momento di Hamlet
Courtesy La Biennale di Venezia ©Andrea Avezzù

Il discorso diventa circolare, perché ingloba non solo le domande sull’essere (e sul non-essere), ma l’impossibilità di stabilire una relazione “politica” con gli altri, persino con i partner e i tecnici della rappresentazione, certamente con il pubblico e con il mondo. La scansione spazio-temporale si rivela, allora, cangiante e inafferrabile, anche quando il protagonista si rifugia in un groviglio sonoro, fatto di canzoni senza senso e di sfide alle prodezze del quartetto di musicisti. E si pone in contrasto anche con lo schermo video posto alle sue spalle, che dilata i suoi movimenti fino a deformare il primo piano della faccia e che, poi, mentre il corpo dell’attore piomba al suolo, mostra una lunga sequenza di anziani malati e moribondi, un’amara carrellata sulla sofferenza da finale di partita tra le corsie di un nosocomio.

Quando, infine, si maschera da vecchio cinico, Nikitin lascia cadere ogni dubbio residuo sulla vocazione catartica del teatro, di fronte all’incertezza del vivere. Il nodo centrale rimane una poetica che rende confuso il confronto tra interprete e personaggio, chiedendosi fino a che punto corrisponda a verità la sintesi espressiva che si attua in scena, quanto sia attendibile oppure assurdo il resoconto delle storie proposte e riproposte, come l’Amleto.

Un momento di domani Courtesy La Biennale di Venezia © Andrea Avezzù
Un momento di domani
Courtesy La Biennale di Venezia ©Andrea Avezzù

Un appuntamento molto atteso ha riguardato l’azione performativa di Romeo Castellucci domani, accolta nella Scuola Grande della Misericordia a Cannaregio, un ampio spazio al primo piano di un edificio unico dal punto di vista scenografico, contrassegnato da pareti affrescate con le immagini dei dodici profeti e dal soffitto a capriate di metallo. Il luogo ha un’incidenza specifica sul progetto artistico, poiché prefigura un ambiente assoluto dentro il quale agisce una figura eterea e, insieme, simbolica; si tratta di una donna cieca, scalza, vestita di bianco che sospinge un lungo ramo d’albero alla cui estremità è poggiata una piccola scarpa, adatta al piede di un bambino. Costei ha gli occhi vitrei; si muove agitando i lunghi capelli umidi e arruffati, tracciando una sorta di solco stridente sul pavimento della sala. Si comprende da subito come i suoi movimenti seguano un tracciato misterico e i suoni soffusi e lontani evochino un’eco sottile e insinuante. È l’archetipo di un moderno indovino, di chi ha insabbiato il dono della chiaroveggenza e non scorge più le tracce del presente.

Castellucci ha affidato il compito di attrarre a sé la presenza degli spettatori, che procedono liberi e in ordine sparso, seppure alquanto smarriti, alla performer brasiliana Ana Lucia Barbosa, protagonista della delicata azione muta, difficile da decodificare, ma efficace nel definire una presenza umana fuori dal tempo. Il vacillare del passo appare una condizione d’inquietudine per qualcosa che si è perduto, ma soprattutto per l’impossibilità di prevedere il futuro, che rimane un fattore indeterminato e, forse, traumatico.

Nel vuoto del mondo la sola possibilità resta quella di spingere il ramo contro le mura da un lato e dall’altro del salone arcaico; a questo punto si diffondono con forza inaudita i riverberi delle musiche di Scott Gibbons, l’artista americano che accompagna spesso le creazioni di Castellucci. Sono rumori assordanti, che scuotono i corpi e vibrano nell’aria in un crescendo invasivo oltre il limite dell’umano. In silenzio il pubblico lascia la stanza, mentre la donna ritrova un’immobilità smisurata.




Hamlet / domani
Hamlet
cast cast & credits
 
domani
cast cast & credits
 


Un momento di domani
visto il 28 giugno 2023 
al 51° Festival del teatro della Biennale di Venezia

Courtesy La Biennale di Venezia
© Andrea Avezzù


 
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