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Sirene a Milano

di Vincenzo Borghetti
  Rusalka
Data di pubblicazione su web 29/06/2023  

Antonín Dvořák (1841-1904) dedicò un’attenzione costante nella sua carriera al teatro musicale. Di lui si conoscono dieci opere, composte tra il 1870 e il 1904, anno della sua morte. La sua attività di operista fu parallela a quella di compositore di sinfonie, nove in tutto, ma in questo ambito la sua fama è incommensurabilmente maggiore, legata soprattutto al successo immediato e duraturo dell’ultima, la Sinfonia “dal Nuovo mondo” (1893), divenuta uno dei capisaldi nel repertorio delle grandi orchestre. Scritte pressoché tutte per il Teatro Nazionale di Praga (quello della comunità di lingua ceca), le opere di Dvořák rispondono a un programma di costruzione dell’identità nazionale boema attraverso la musica e il teatro, un tentativo di conquistare, almeno dentro i confini, uno spazio di affermazione contro l’egemonia delle tradizioni operistiche italiana, francese e in particolare tedesca, all’epoca dominanti.

Dvořák scrisse opere comiche e serie, tutte per lo più tratte dalla letteratura o dalla storia nazionale, tranne nel caso delle sue ultime creazioni, Rusalka (1901) e Armida (1904), ispirate da testi della letteratura europea di ampia circolazione ma non in lingua ceca. Non è un caso che sia proprio una delle ultime due, Rusalka, l’unica che fuor di patria abbia conosciuto ampia circolazione, e sia divenuta poi dalla caduta dell’impero sovietico parte del repertorio dei teatri lirici a livello internazionale. Non però in Italia. Questa della Scala è la prima rappresentazione di Rusalka nel teatro milanese, ed è stata finora preceduta da poche produzioni nei teatri della penisola: al Teatro Regio di Torino nel 2007, al San Carlo di Napoli nel 2013 e all’Opera di Roma 2014 – quest’ultima fu però una sostituzione di titolo in extremis per salvare l’inaugurazione di una delle stagioni più problematiche del teatro.

Rusalka si basa su alcuni recenti classici della letteratura ottocentesca, che a loro volta traggono materia da miti, leggende, poemi diffusi un po’ in tutte le tradizioni letterarie. Si tratta della Sirenetta di Hans Christian Andersen, di Undine di Friedrich de la Motte Fouqué e della Campana sommersa di Gerhart Hauptmann. La storia è quella di una ninfa delle acque (in ceco “rusalka”, appunto) che per amore di un principe umano chiede e ottiene dalla strega Ježibaba di cambiare natura e diventare donna, desiderio esaudito a patto della rinuncia alla sua voce. L’idillio ha vita breve, perché il principe si lascerà poi sedurre da una principessa straniera, e dopo varie vicissitudini, l’opera si conclude con la morte di lui che, pentito, spira tra le braccia di Rusalka dopo un ultimo bacio appassionato.

Un momento dello spettacolo © Brescia e Amisano Teatro alla Scala
Un momento dello spettacolo
© Brescia e Amisano Teatro alla Scala

L’opera di Dvořák è un concentrato delle novità teatral-musicali del momento. Dal teatro di Wagner prende la stoffa fiabesca, la tecnica del leitmotiv e una miriade di spunti che in alcuni casi sfociano nella citazione se non addirittura nella parodia. Per esempio all’inizio del primo atto, con le ninfe dei boschi che sono tre (soprani) come le figlie del Reno, alle quali si aggiunge lo spirito delle acque Ondin (basso), che, come Alberich nell’Oro del Reno, tenta sì di afferrarle, ma, diversamente da lui, lo fa con «affabile galanteria», come recita il libretto; o anche nel secondo atto, con la principessa straniera che si pone contro Rusalka e il principe come già Ortrud nel Lohengrin, e così via. Dall’opera italiana Rusalka prende la condotta melodica e l’uso dei numeri chiusi, legati al continuum musicale, ma sempre ben identificati; da quella francese il ricorso frequente al divertissement. Il tutto condito a dovere da costanti riferimenti alla tradizione boema, dalla quale Dvořák trae numerose suggestioni “popolari”, che ancorano l’opera nella cultura nazionale, così come si verifica anche nella sua musica strumentale. Ad ogni modo, l’operazione è riuscita in modo estremamente felice: Rusalka si distingue per una fortuna sconosciuta alle altre opere dell’autore, fortuna che negli ultimi decenni è cresciuta in modo considerevole.

Per la sua prima Rusalka la Scala ha richiamato alla regia Emma Dante. Sono passati circa quindici anni dal debutto burrascoso di Dante nel teatro milanese – e alla regia d’opera. La sua Carmen del dicembre del 2009, sebbene riproposta in altre stagioni, era stata accolta piuttosto male dal loggione, si presume infastidito dalla lettura anticlericale che la regista aveva fatto dell’opera di Bizet – il pubblico della Scala è famosamente restio a entrare in sintonia col Regietheater quando si tratta di opere di repertorio. Rusalka però è un’opera diversa da Carmen. Qui Dante si concentra sulla fiaba. E la racconta benissimo, ricorrendo all’immaginario della fiaba di oggi, inevitabilmente mediato dai film di animazione di Walt Disney e da quelli di Hollywood in generale, senza tuttavia rinunciare a qualche artigliata interpretativa. Dai cartoni animati derivano costumi, macchine e invenzioni che rendono la scena un susseguirsi di meraviglie.

Un momento dello spettacolo © Brescia e Amisano Teatro alla Scala
Un momento dello spettacolo
© Brescia e Amisano Teatro alla Scala

Come richiede il libretto, al centro del palco c’è un vero e proprio laghetto, in cui personaggi e comparse entrano ed escono costantemente; Rusalka ha un corpo anfibio, per metà fanciulla e per metà creatura marina, con una selva di tentacoli al posto delle gambe (costumi fantasiosi e coloratissimi di Vanessa Sannino); il bosco è una immensa parete di fogliame fitto, che si anima all’improvviso per la presenza di comparse fino a quel punto perfettamente mimetizzate con grande sorpresa del pubblico (scene di Carmine Marincola); Ježibaba è la summa di tante “cattive” della tradizione disneyana, dalla strega di Biancaneve, alla fata Carabosse della Bella addormentata, alla Ursula della Sirenetta. È poi evidente la citazione dai film di Esther Williams nella scena del primo atto con Ježibaba, accompagnata da un seguito di ondine in costume e cuffia olimpionica, i cui movimenti richiamano quelli della celebre nuotatrice americana degli anni Cinquanta.

Il tutto è una lettura divertita, divertente e allo stesso tempo appassionata della storia. Non priva però di risvolti inquietanti, come del resto sempre nelle fiabe. La trasformazione da ninfa a donna è per Rusalka un passaggio traumatico – la protagonista è assalita da un gruppo di elfi che le strappano dal corpo i tentacoli con violenza. Gi stessi tentacoli ricompariranno poi nel banchetto offerto dal principe durante la festa del secondo atto, divorati con avidità e financo ferocia da ospiti maligni, a metà tra i robot e le muse inquietanti di De Chirico. Insomma, la psicanalisi non è un elemento prominente della lettura di Dante, certo però è sempre pronto a spuntare da dietro l’angolo.

Un momento dello spettacolo © Brescia e Amisano Teatro alla Scala
Un momento dello spettacolo
© Brescia e Amisano Teatro alla Scala

La partitura di Dvořák si caratterizza per varietà di elementi e stili, ma anche da una scrittura orchestrale ricca sia dal punto di vista timbrico sia per lo spessore contrappuntistico – emerge chiaramente in questo l’allievo di Johannes Brahms. Tomáš Hanus (direzione) ha tempi perfetti, magistralmente coordinati allo spettacolo di Dante. I timbri e i colori sono “carichi” come quelli di un libro (musicale) di fiabe. Nei volumi, tuttavia, Hanus esagera con la ricchezza, perché qui e là l’orchestra copre le voci (complice l’acustica problematica della Scala). Con lui esagerano anche gli ottoni, che per tutto il primo atto non ci hanno risparmiato sbavature negli attacchi e nell’intonazione (i corni!), risolte per fortuna dal secondo atto in poi.

Il cast tutto di ottimo livello è nel complesso forse uno dei migliori degli ultimi anni, nonostante in Rusalka ci siano molti personaggi. Olga Bezsmertna (Rusalka) ha una voce generosa, particolarmente nella metà alta; soffre nei centri e nei gravi (e Rusalka ne ha), ma compensa con acuti sicuri dal timbro dolce e luminoso che riempiono la sala. Dmitry Korchak (il principe), già ascoltato nel repertorio primo-ottocentesco, è una sorpresa in questo ruolo gentilmente eroico, così intenso e squillante. Dopo l’incursione sopranile con Brünnhilde nella Walküre al San Carlo due mesi fa, Okka von der Damerau (Ježibaba) ritorna qui mezzosoprano. La facilità nei due estremi del registro le permettono di dominare la parte senza sforzi o eccessi, e di cantare e recitare in modo misurato come spesso in questo ruolo non capita di sentire – è in genere risolto con tante gigionerie. Molto bene Elena Guseva (la principessa straniera); bene anche Jongmin Park (Vodník, lo spirito delle acque), dalla voce potente anche se un filo intubata in alto. Ottimi, senza distinzione, tutti i ruoli di fianco, ma una menzione speciale va a Jiři Rajniš (il guardiacaccia) e a Svetlina Stoyanova (lo sguattero).

Stranamente per il mese di giugno, in un giorno feriale e caldissimo, e per un titolo in Italia non corrente, la sera del 19 giugno la Scala era gremita. Il successo è stato grande. Si legge che Dante ha ottenuto molti applausi anche alla prima: pace fatta con la Scala, dunque. Sarà questo l’inizio di nuove (auspicabili) collaborazioni?



Rusalka
Fiaba lirica in tre atti


cast cast & credits
 
trama trama


© Brescia e Amisano
Teatro alla Scala

Spettacolo visto al Teatro alla Scala di Milano il 19 giugno 2023

 
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