L85° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, così come
la carriera melodrammatica di Giuseppe Verdi, conclude la sua sezione
operistica con il Falstaff. Con la
replica pomeridiana del 23 giugno (preceduta dalle rappresentazioni del 16, 19
e 21), Daniele Gatti presenta al pubblico fiorentino un melodramma caro alla
città, messo in scena più volte nel corso degli anni (lultima nel novembre
2021). La scelta di recuperare lopera del «Re delle pance» in realtà è stata un
ripiego, a causa dellimpossibilità di rappresentare i Meistersinger di Wagner per esigenze economiche. I problemi in cui
versa il Maggio sono ben conosciuti dal pubblico, che viene sensibilizzato a
inizio spettacolo: la pomeridiana comincia con il silenzio dellorchestra e il
sipario aperto su una sedia dove sono appoggiati un violoncello e una rosa, per
rammentare lo stato attuale delle maestranze; lappello viene accolto da un lungo
applauso del pubblico, che ha ben compreso il rischio di perdere uno “scrigno”
così importante per la musica.
Stefania Grazioli recupera la regia di Sven-Eric
Bechtolf, dove musica e drammaturgia sono fedeli allidea verdiana, attraverso
un allestimento tradizionale. Lensemble corale è completamente rinnovato
rispetto allesperienza del 2021, incluso il protagonista Falstaff,
interpretato da un immenso Michael Volle. Le scenografie in legno traforato di Julian
Crouch sono semplici e piuttosto disadorne: ci pensano le luci di Alex Brok
(riprese da Valerio Tiberi) a rendere il tutto più apprezzabile, attraverso le
proiezioni di arzigogoli e insegne. I costumi disegnati da Kevin Pollard si
intonano bene con la scena (particolarmente sgargianti quelli dei protagonisti).
Grazie ai video di Josh Higgason si avverte il passare del tempo, in particolare nel terzo atto quando
il Tamigi, solcato dalle piccole imbarcazioni illuminate, si fa sempre più
scuro per limbrunire. Una scena dello spettacolo © Michele Monasta
La resa generale è piacevole. Due sono gli elementi più
costanti sul palcoscenico: il barile, che richiama non solo la ben conosciuta
passione per il vino del protagonista, ma anche la locandina dellopera (uguale
a quella del 2021, caratterizzata da un barile cinto da due mani); e il vaso di
fiori preparato nel primo atto da Mastro Ford (interpretato da Markus Werba),
che di volta in volta passa nelle mani dei personaggi (da Pistola di Tigran Martirossian
a Falstaff, che a suo volta lo dona ad Alice), come un fil rouge tra i due gruppi. Un espediente scenico ricorrente è il “fermo
immagine” degli interpreti, che si bloccano in posizioni plastiche, creando unalternanza
semplice ma efficace tra i gruppi, in particolare nel primo atto dove le donne
si “contrappongono” agli uomini, come in un dittico. Anche luso di alberi
mobili e delle luci convoglia lattenzione ora su un gruppo, ora sullaltro, in
particolare nella scena di tenerezza tra Felton e Nannetta, che risulta isolata
da tutti.
Una scena dello spettacolo © Michele Monasta
Sicuramente i ruoli maschili sono più accattivanti
rispetto a quelli femminili: Werba-Ford si ammira in particolar modo nel suo
passo tragi-comico «È sogno? O realtà?»; il duo Bardolfo-Pistola (interpretati rispettivamente
da Oronzo DUrso e Martirossian) conquista, in particolare il primo interprete per
le sue movenze sul palco;
Matthew Swensen, nel
ruolo di Fenton, spicca allinizio del terzo atto. Tuttavia nessuno di questi
riesce a scalzare la bravura di Volle: un Falstaff vivace, mimico, che gioca
con gli altri interpreti e lo stesso pubblico. Amante con Alice, tronfio con i
due seguaci, accaldato e gemente dentro la cesta del bucato, amareggiato e
sofferente allinizio del terzo atto – mentre sputa lacqua del Tamigi sul
palco, crea un Falstaff a tutto tondo, dove i chiaroscuri del personaggio sono
messi in risalto in ogni loro sfaccettatura. Una scena dello spettacolo © Michele Monasta
Per quanto riguarda le voci femminili, Alice Ford di
Irina Lungu rimane in secondo piano, a eccezione di alcuni momenti topici nel
secondo e nel terzo atto; la Meg di Claudia Huckle si
percepisce poco; Adriana Di Paola (Mrs. Quickly) è insieme a Bardolfo e
Falstaff il personaggio maggiormente umoristico ed è stata apprezzata dal
pubblico per la sua espressività e giocosità negli eccessivi «Reverenza». Rosalia Cid, la più giovane delle interpreti, cresciuta
al Maggio, si mette in risalto non tanto come Nannetta quanto come Regina delle
Fate nellatto finale. Tutte e quattro, buone nella gestualità, sono quanto mai
apprezzabili nelle fughe buffe con gli altri interpreti. Una scena dello spettacolo © Michele Monasta
La scena finale, con lottimo coro di Lorenzo
Fratini, è un tripudio di colori e massa scenica, grazie al prolungamento
laterale del palco, che abbraccia la platea come a renderla essa stessa
protagonista. Il finale, con luci accese in sala, proietta i versi finali «Tutto
è burla» sullo stesso pubblico, lasciando unirresistibile tono scanzonato ma
allo stesso tempo agrodolce. La sala, quasi piena, applaude con generosità gli
interpreti, lorchestra del Maggio (da lodare i fiati) e in particolare la direzione
di Gatti, che ha posto in risalto non tanto la comicità dellopera quanto le
sue melodie tragiche, grazie anche alla bravura di Volle.
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