drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

L’incertezza di una seconda chance esistenziale

di Carmelo Alberti
  Vi som fick leva om våra liv
Data di pubblicazione su web 26/06/2023  

Procede da un’inchiesta sociologica il dramma-documento Vi som fick leva om våra liv (We Who Lived Our Lives Over - Noi che abbiamo vissuto le nostre vite di nuovo) di Mattias Andersson, attuale direttore del Dramaten di Stoccolma, già guidato da Ingmar Bergman, che è andato in scena in prima italiana nel Teatro alle Tese dell’Arsenale per il Festival della Biennale Teatro. Alla base del lavoro vi sono i risultati di una ricerca sul campo che a un campione di cittadini svedesi ha posto la domanda: «Cosa faresti se avessi una seconda chance, se potessi rivivere la tua vita?». 

Andersson ha selezionato un’ampia parte di risposte, relative a motivi seri, oppure a pareri minimi e qualche volta vani, ponendoli a confronto con la «grande storia»; si va dal rimpianto per il prestigio nazionale perduto dalla Svezia al desiderio di suonare uno strumento musicale, dal trauma legato al tradimento della migliore amica, un atto che è giunto a provocare un delitto, al desiderio di cambiare in modo radicale il proprio aspetto fisico; e così via.

Un momento dello spettacolo
© Andrea Avezzù 

Nel corso della rappresentazione, ambientata in un rettangolo luminoso, un ideale spazio vuoto in grado di accogliere squarci della quotidianità più comune, i personaggi oltrepassano la soglia della memoria per entrare nella sfera dell’auto-analisi. Il succedersi delle varie dichiarazioni finisce per generare, ben presto, confronti e dialoghi, talvolta incoerenti e imperfetti, che travalicano la dimensione del sondaggio fino a diventare un’occasione per immaginare la possibilità di modificare la propria esistenza. A volte, quando sullo schermo centrale appare il nome e l’età dei partecipanti, si sviluppa scenicamente una sorta di retroscena attivo, si manifesta cioè una segreta propensione alla confessione.

Oltre le parole polemiche della canzone Forever Young degli Alphaville affiora la tesi dell’«eterno ritorno» che ha percorso il pensiero di Nietzsche, per il quale l’universo nasce e muore in un tempo ciclico; ne La gaia scienza (1882) il demone asserisce: «Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo». Il gioco del “se”, che Andersson ha tratteggiato anzitutto nell’ideazione drammaturgica, insiste sull’incidenza dei condizionamenti sociali nel modo di vivere dell’individuo contemporaneo, determinando scelte sbagliate e disagi esistenziali.

Un momento dello spettacolo
© Andrea Avezzù 

La concezione polifonica che la regia assegna alla rappresentazione si sviluppa lungo linee di movimento coordinate con cura, si anima negli slanci coreografici che trasfigurano i corpi dei protagonisti e, ancor più, nei quadri di famiglia che s’inoltrano nelle crisi coniugali e insistono sulle difficoltà della convivenza sociale. Alcuni passaggi sono davvero pregevoli, non solo perché richiamano alla mente immagini tipiche del cinema di Bergman e del teatro di Kantor, ma anche per la tragicità dei riferimenti narrativi. Come non ricordare la partita con i dadi che le figure sedute intorno a un tavolo ingaggiano alla presenza della morte, una donna in nero che si protende fino a raggiungere la zona degli spettatori; oppure la vorticosa danza delle coppie che mutano partner al di là del loro genere sessuale; e ancora, la sfilata delle spose, alcune delle quali siedono accanto al pubblico, o la visita alle tombe di quanti non ci sono più. 

Pertanto agli attori, che agiscono come un collettivo coeso e ineguagliabile per bravura, spetta l’impegno a fissare la complessità dei ruoli e le caratteristiche di ogni singola identità; e risultano eccezionali nel disegnare l’intensità degli sguardi, la mutevolezza fisica, la destrezza nel variare personaggio. Li aiuta una pista sonora che richiama la musica di Schubert, mentre nel finale riecheggia la voce di Edith Piaf che canta Non, je ne regrette rien. Il gradimento unanime ha conferito agli interpreti lunghi applausi.




Vi som fick leva om våra liv
cast cast & credits
 


Un momento dello spettacolo 
visto il 21 giugno 2023 
al 51° Festival del teatro della Biennale di Venezia
© Andrea Avezzù


 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013