È dolce il ricordo in questa seconda
edizione del Gala Fracci,
coinvolge il cuore – dal latino cor,
cordis, considerato dagli antichi la sede della memoria – e regala una
dolcezza infinita. Il Gala,
voluto dal direttore del corpo di ballo Manuel Legris e tenutosi al
Teatro alla Scala che ha visto nascere e brillare lastro fracciano, è e sarà
una felice ricorrenza anche negli anni avvenire per ricordare e celebrare Carla
Fracci, la ballerina per eccellenza che ci ha lasciato il 27 maggio 2021 ma
il cui ricordo resta impresso nella nostra memoria.
E se la prima edizione del 9 aprile 2022
voleva essere una celebrazione con cui dimenticare linaccettabile perdita nellesaltazione
dellevento, questo secondo appuntamento lascia il posto alla pienezza
imperitura del ricordo. Una rassicurante consapevolezza che contraddistingue
una serata magica in cui lo spirito di lei è presente e il pubblico,
partecipando e questa “liturgia” accompagnata dallOrchestra del Teatro alla
Scala, diretta da Kevin Rhodes, si sente partecipe di un emozionante
rito commemorativo.
Nel programma del Gala Legris, da vero cultore della
materia, assembla dieci titoli del repertorio ballettistico da cui estrae passi
a due, passi a tre, soli, variazioni, ensemble,
tra ricordi per così dire “diretti” delle interpretazioni della Fracci e
ricordi “indiretti” legati al suo magistero coreutico che le generazioni
successive hanno seguito e di cui sono debitrici. Un palinsesto coreografico
che coinvolge gli artisti ospiti Jacopo Tissi, Alessandra Ferri, Roberto
Bolle, Davide Dato e i primi ballerini, i solisti e il corpo di ballo
in un grande spettacolo sommerso dagli applausi per i protagonisti e da
ovazioni per lei sempre presente in gigantografie proiettate prima di ogni
singola esibizione. 
Un momento dello spettacolo © Brescia e Amisano Teatro alla Scala
Si parte con il ricordo “diretto” di
Le Spectre de la rose, coreografato da Michail Fokine
nel 1911 su musica di Carl Maria von Weber per Vaslav Nijinskij e
Tamara Karsavina, stelle dei Balletti Russi di Diaghilev. Una “divina
oleografia” tardoromantica in stile floreale che la Fracci interpretò alla
Scala nel 1955. A dare vita allo “spettro della rosa”, che appare in sogno alla
fanciulla, è létoile Jacopo Tissi, perfetto nel ruolo e nello sfoggiare una
smagliante tecnica accademica accanto alla delicata e pudica Letizia Masini.
Di tuttaltro genere è Le loup di Roland Petit del 1953
su musica di Henry Dutilleux, che Fracci danzò insieme allo stesso Petit
alla Scala nel 1963. Una «favola moderna e crudele» in cui il lupo cattivo si
rivela buono, gentile e degno di essere amato. Tratto da questo balletto è un
intrigante passo a due portato
in scena dai primi ballerini Martina Arduino e Marco Agostino.
Il Grand pas de deux successivo è estratto da Le Papillon di Maria Taglioni del 1860 su musica di Jacques
Offenbach e ricostruito da Pierre Lacotte nel 1981 per il Balletto
dellOpéra di Parigi. Una fiaba romantica in cui la fanciulla/farfalla corona
il suo amore con Djalma, sconfiggendo il maleficio della maga cattiva. La
Fracci si esibì nel 1977 nel grande passo a due finale e nel balletto nella
stagione scaligera 1982-83. Più che bravi sono la solista Linda Giubelli
e il primo ballerino Nicola Del Freo nella resa dello stile romantico di
questo grand pas de deux, vero e proprio cameo della serata.
In questo “album danzato” non può
mancare Il lago dei cigni di Pëtr
Ilič Čajkovskij nella coreografia di Rudolf Nureyev, da Marius
Petipa e Lev Ivanov, che Fracci ballò insieme a “Rudy” il 28
dicembre 1973. Entusiasmante è la suite dallatto
III in cui il cigno nero Odette irretisce il principe Siegfried, che dimentica
la dolce Odette. Un fuoco di fila di virtuosismi tra fouettes femminili e manèges
maschili in cui svettano i primi ballerini Nicoletta Manni e Timofej
Andrijashenko, affiancati dai degni solisti Christian Fagetti, Francesca
Podini, Gabriele Corrado, Alessandra Vassallo e dal lodevole corpo
di ballo capitanato da Gioacchino Starace.

Un momento dello spettacolo © Brescia e Amisano Teatro alla Scala
Un trionfo che si rinnova con Raymonda, altro celebre titolo di Petipa
del 1898 su musica di Aleksander Glazunov. Una storia di dame e
cavalieri qui riproposta nello sfavillante Pas
classique hongrois dallatto III con la prima ballerina Martina Arduino, i solisti Navril Turnbull e Gaia
Andreanò e il corpo di ballo. La Fracci danzò nel 1983 il pas de trois e poi nel 2008 Raymonda per il Balletto del Teatro dellOpera
di Roma, lasciando la sua impronta interpretativa.
Tra i ricordi “indiretti” troviamo LAprès-midi dun faune su musica di Claude
Debussy che Amedeo Amodio realizzò e ballò con Luciana Savignano
alla Scala nella sstagione 1974-1975 e qui ripreso nel duetto dei solisti Agnese
Di Clemente e Domenico Di Cristo. Un moderno après-midi che richiama quello ballato da Fracci al Piermarini
nella stagione 1982-1983 assieme a Georghe Iancu e ispirato alloriginale
di Nijinskij del 1912.
Coinvolgente è il
passo a due (La campagna) estrapolato dallatto II de La Dame aux camélias di John Neumeier
su musica di Fryderyk Chopin eseguita al piano da Takahiro Yoshikawa.
Una pièce creata nel 1978 e
rappresentata alla Scala nelle stagioni 2007-2008 e 2017-2018. La Fracci non ha
mai interpretato questo capolavoro “neumeieriano” ma come tragedienne è stata Margherite nella Signora delle camelie su musica di Carl Maria von Weber con la
coreografia di Alberto Méndez e la regia di Beppe Mengatti al
Teatro San Carlo di Napoli nel 1982. Nicoletta Manni, splendida prima ballerina,
tiene ben presente il trasporto emotivo con cui la Fracci affrontava il
personaggio ed è emozionante vederla volteggiare tra le forti braccia di
Roberto Bolle, un Armand sincero e innamorato.
Sempre di Neumeier è Le Pavillon dArmide, coreografato nel 2009. Il direttore
dellHamburg Ballet riprende il titolo del balletto che Fokine realizzò nel
1907 su musica di Nikolai Čerepnin per Vaslav Nijinskij e Tamara
Karsavina, ma dedica la sua versione alla vita del celeberrimo ballerino
dei Balletti Russi. La Danse siamoise, un meraviglioso assolo, potente e
sensuale, è affidata a Davide Dato, straordinario primo ballerino del
Wiener Staatsballet, nomina voluta da Legris nel 2016, allepoca direttore dellorganico. 
Un momento dello spettacolo © Brescia e Amisano Teatro alla Scala
Verdi
Suite di Legris è «una visione speciale e simbolica» in cui lautore dichiara il
suo amore per Verdi e la sua «predilezione per la danza a contatto nei pas de
trois e nei duetti». In effetti Verdi
Suite, che ha debuttato alla Scala il 7 dicembre 2020, è un inno alla più pura danse
dècole e un omaggio alla Fracci per ricordare la sua presenza nei
ballabili da I Vespri siciliani nella
stagione 1988-1989. Impeccabili in questo grand
divertissement sono i primi ballerini Alice Mariani e Claudio
Coviello, i solisti Maria Celeste Losa, Federico Fresi, Mattia
Semperboni, Caterina Bianchi, Gabriele Corrado e il corpo di ballo.
Il magistero fracciano risplende
prepotentemente con le étoiles Alessandra Ferri e Roberto Bolle che si
esibiscono nel passo a due di After the Rain di Christopher
Wheeldon. Un duetto creato nel 2005 per il New York City Ballet su musica
di Arvo Pärt, al suo debutto scaligero. Accompagnati al piano da
Takahiro Yoshikawa e al violoncello da Alfredo Persichilli, Alessandra
Ferri e Roberto Bolle eseguono un passo a due ipnotico che cattura lo
spettatore con la sua souplesse.
Un Gala memorabile in cui – per citare le parole di Alda Merini in una
poesia dedicata a Carla Fracci – «tu sei leggera come la follia» e dolce è il
tuo ricordo.
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