Procede sul
confine di un sentiero a lungo meditato tra utopia e paradosso Naturae, la realizzazione che Armando Punzo ha presentato come
spettacolo inaugurale di Emerald,
ovvero del 51° Festival Internazionale del Teatro, curato da Stefano
Ricci e Gianni Forte
(ricci/forte), edizione nella quale gli è stato assegnato il Leone doro alla
carriera. La figura di Punzo, spesso associata in modo sbrigativo al genere
teatro-carcere, incarna lesempio di uninconsueta carriera di teatrante, impegnato
in un incessante lavoro di progettazione drammatica con la Compagnia della
Fortezza, costituita in prevalenza dai detenuti della casa circondariale di
Volterra.
In trentacinque anni di attività, dunque,
il regista ha saputo affermare caparbiamente loriginalità di un pensiero culturale,
che è possibile verificare proprio nellepisodio, per ora finale, di Naturae; la produzione,
che ha alle spalle una ricerca tematico-espressiva lunga almeno otto anni, si
fa iniziare da Dopo la tempesta (2016),
che è stata loccasione per fare i conti con la grandezza di Shakespeare. La svolta effettiva
interviene con lallestimento di Beatitudo (2018), quando lartista entra in sintonia con la letteratura di
Borges e, soprattutto, con i
personaggi da lui descritti, quali Funes, Averroé, Pierre Menard, lUomo Grigio, Almotasim,
Emma Zunz, Asterione, Tzui Pen, che si muovono con lievità nel
“lago” di unambientazione fluida. Negli anni successivi Punzo e il suo gruppo sinoltrano nel progetto Naturae, cominciando da Ouverture (2019), seguito da La vita mancata in quattro quadri, La
valle dellinnocenza (2020), La valle
dellannientamento (2021) e La valle
della permanenza (2022).
La sala
rettangolare del Teatro alle Tese nellArsenale di Venezia, lungo le cui pareti
sono sistemati gli spettatori, è interamente ricoperta da uno strato di
luccicante e prezioso sale di Volterra, tanto che risulta simile a un deserto
fertile, puro e, insieme, assoluto, infinito. Lo stesso Armando Punzo lo percorre
in lungo e in largo, facendo volteggiare una sfera rossa, simbolo della speranza,
officiando riti di purificazione, accompagnando attori-sacerdoti in un mondo
labirintico e favolistico. Intanto, sullo sfondo e sui lati volteggiano gabbie vuote
a forma di prisma, in grado di roteare sulle braccia di una galassia di
figuranti, definendo attraversamenti e slanci immaginari verso molteplici
direzioni, oppure sistemando una biblioteca di volumi, tra i quali è possibile annoverare
Verbo degli uccelli di Farid
ad-din Attar, opera prediletta dal regista. Un momento dello spettacolo © Stefano Vaja
Guidati dallatmosfera
acustica di Andreino Salvadori, segnata
da una musica minimalista e da un canto ininterrotto, chi assiste è stimolato a
lasciarsi ammaliare dal ritmo delle apparizioni e a smarrirsi nella complessità
di una trama tanto impalpabile quanto suggestiva. Si mescolano, in tal modo, sprazzi
di vitalità primarie, frammenti di fantasie e, ancor più, strutture di pensiero
ideale che sospingono verso il mondo del sogno. Punzo diviene il cerimoniere
discreto e attonito di una sarabanda umana che tende a oltrepassare i limiti
del tempo, perché si tratta di superare il modello dellhomo sapiens e di affermare la condizione dellhomo felix. Il miraggio della felicità entra nella sfera di una
poetica ben chiara; la Compagnia della Fortezza guarda al potere della propria vocazione
alla libertà, uno slancio che consiste nel farsi di continuo domande, piuttosto
che parodiare le tracce di una realtà inattiva, che annichilisce
limmaginazione e, alfine, rimanda allinerzia di chi sta rinchiuso dietro le
sbarre di una prigione.
La realizzazione
di Punzo, al di là della ricchezza che il quaderno di questa “regia collettiva”
sfoglia direttamente in scena, include una miriade di riferimenti non solo ai
maestri della teatralità, ma soprattutto alle culture umane da Occidente a
Oriente; si possono osservare i segni rituali delle religiosità arcaiche: ad
esempio, il vorticare della danza dervisci fa riferimento al sufismo e ai vari stadi
di elevazione; oppure i costumi, gli oggetti, le mascherature, le pittoricità
dei corpi e dei volti disegnano una sapiente combinazione mistica delle colorazioni. Un momento dello spettacolo © Stefano Vaja
Armando Punzo
accompagna con un candido sorriso la moltitudine di interpreti che agiscono
nello spazio scenico; sono circa trentacinque
attori, ammirevoli per la profondità degli sguardi, per la fluidità dei
movimenti e per lintensità espressiva. Ciascuno traduce consapevolmente lidea
di una catarsi utopistica, che capovolge un diffuso pensare sullimmutabilità
di unesistenza destinata solamente alla morte. Il corpo guizzante e allegro di
un essere crocifisso rimanda alle parole conclusive della pièce: «Respiri segreti che si fondono in altri respiri. Cè solo
questo spazio. Cè solo questo tempo. Spazio delle infinite possibilità. Un
presente parallelo, che ricrea la vita».
Gli
applausi convinti hanno confermato laccoglienza positiva del pubblico,
ripetuta nellovazione tributata a Punzo e agli interpreti durante la cerimonia
di consegna del Leone doro, sognando di inaugurare presto il primo teatro
stabile nelle carceri di Volterra.
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