«Alla fine del secondo ventennio del XXI secolo, la
questione regionale, lungi dallessere risolta, è tornata prepotentemente – e
per molti versi sorprendentemente – al centro della discussione politica in
molti paesi». «È cresciuta la convinzione che, nel quadro delleconomia
contemporanea, le dinamiche endogene delle economie e delle società possano far
crescere le disparità e che le moderne politiche di sviluppo regionale siano
indispensabili. In Europa e negli Stati Uniti il dibattito è ripreso con grande
vigore. Molto di più che in Italia» (G. Viesti, Centri e periferie. Europa, Italia, Mezzogiorno dal XX al XXI secolo,
Roma-Bari, Laterza, 2021, p. 144). «Le variazioni della popolazione sono già e
diventeranno sempre più importanti per determinare i livelli di benessere e le
prospettive di sviluppo delle regioni europee». «Limmigrazione è già divenuta
da tempo decisiva per il futuro economico della Germania, ma il tema riguarda e
riguarderà sempre più anche i paesi mediterranei. Le politiche che influenzano
i movimenti della popolazione, soprattutto giovane, allinterno o allesterno
dei paesi diverranno sempre più importanti» (ivi, pp. 163-164).
«NellEuropa dellinizio degli anni Venti pare comunque
esserci una consapevolezza maggiore della centralità dellazione pubblica;
della necessità di garantire ai cittadini una maggiore e diffusa tutela contro
i grandi rischi collettivi che sono stati messi in luce dalla pandemia, di
contrastare lesclusione sociale e le diseguaglianze, di promuovere una
maggiore sostenibilità ecologica delle attività economiche e di contrastare il
cambiamento climatico. E, anche per questi motivi, una maggiore attenzione a
strategie di lungo termine di politica industriale volte ad accompagnare la
trasformazione strutturale delle produzioni. Restano tuttavia molto forti ed
influenti le voci di quanti al contrario propugnano la continuazione, se non lintensificazione,
di quegli orientamenti politici liberisti che hanno segnato il complessivo
indirizzo delle politiche pubbliche. Il confronto è aperto. Ed è della massima
importanza. Il problema delle periferie in Europa, come tutte le questioni
legate alle diseguaglianze, è in primo luogo eminentemente politico. Prima e
più della definizione tecnica di misure ed interventi, esso è legato al
prevalere della convinzione nelle classi dirigenti e nei cittadini elettori che
un eccesso di disuguaglianza sia nocivo per la qualità della vita collettiva e
per lo sviluppo a lungo termine; e che per garantire lo sviluppo nellaccezione
più ampia del termine, soprattutto nelle regioni relativamente più deboli,
siano necessarie adeguate politiche pubbliche» (ivi, p. 409).
In particolare nel laboratorio Italia, pesano le «condizioni
che hanno portato un paese ad accumulare un debito elevato e a ritrovarsi sotto
il giogo dei mercati finanziari. In questo caso, lillegittimità trova la sua
origine in tre meccanismi: un livello elevato di spesa avente il carattere di
regali al capitale; un livello basso della fiscalità diretta (imposte sui
redditi, sul capitale e sul profitto delle imprese) e la sua debole
progressività; unimportante evasione fiscale» (F. Chesnais, Les dettes illegitimes, Paris, Éditions
Raisons dAgir, 2011, p. 109).
Finora ci ha salvati larea Euro, ma le coordinate
strategiche sono spazio e cittadinanza.
Spazio e cittadinanza (L. Mazza, Roma, Donzelli, 2015) sono coordinate fondative.
«Lo spazio è la risorsa di mediazione grazie alla quale le pratiche che
ridisegnano la cittadinanza costruiscono e rappresentano lordine sociale. In
particolare, i diritti sociali vengono negoziati nello spazio. Lo spazio è il legame
chiave tra cittadinanza e governo del territorio in quanto strumento di
redistribuzione, ordinamento e controllo delluso dello spazio» (ivi, p. 4).
«Nel susseguirsi delle trasformazioni dellidea di cittadinanza e della cultura
della pianificazione, sono rimaste in sospeso due questioni chiave per la
cittadinanza e per il governo del territorio: la questione della legittimazione
delle decisioni dello Stato e, in particolare, delle decisioni di ordinamento
dello spazio, e la questione della regolazione, strumento cardine dellordinamento
dello spazio» (ivi, p. 6).
«Siamo dunque di fronte a un processo di lungo periodo che
accompagnerebbe dalle origini tutto larco della vicenda cristiana. In questo
modo viene messa indirettamente in discussione labitudine piuttosto diffusa di
studiare il processo di secolarizzazione con riferimento agli ultimi duecento
anni della storia europea». «È la Dichiarazione dei diritti delluomo e del
cittadino del 1789 il termine da cui si fa iniziare il processo di
secolarizzazione, in quanto, nei limiti dellordinamento legale pubblico, la
Dichiarazione garantiva la libertà di opinione religiosa». «Senonché, il
processo di secolarizzazione e le migrazioni hanno portato alla formazione di
società caratterizzate da una crescente diversità di convinzioni morali.
Nozioni come comunità, bene comune, interesse collettivo, libertà, proprietà,
benessere individuale e sociale sono diventate sempre più problematiche, perché
è venuto a mancare il consenso attorno ai valori a cui si ispirano» (ivi, pp.
168-169). «NellOttocento questo problema era stato, almeno in parte, risolto
dallidea di nazione che ha agito come una nuova forza unificatrice, lUnità
nazionale è stata un sostituto per lunità fondata sulla religione. Poiché lidea
di nazione ha gradualmente esaurito la sua efficacia, il problema è riapparso» (ivi,
p. 170).
Della nazione è rimasto solo il guscio fin dagli anni sessanta
del secolo scorso, con levidenza che «una delle principali conseguenze della Rivoluzione
Industriale è stata la riduzione del costo e laumento della velocità dei
trasporti. Le distanze si sono ridotte ad un ritmo stupefacente. Giorno per
giorno il mondo sembra diventare sempre più piccolo e società che da millenni
si ignoravano praticamente a vicenda si trovano allimprovviso a contatto – o
in conflitto. Nel nostro modo di agire, sia in campo politico che in quello
economico, sia nel settore dellorganizzazione sanitaria che in quello della
strategia militare si impone un nuovo punto di vista. Nel passato luomo ha
dovuto abbandonare il punto di vista cittadino o regionale per acquisirne uno
nazionale. Oggi dobbiamo uniformare noi stessi e la nostra maniera di pensare
ad un punto di vista globale» (C.M.
Cipolla, Uomini, tecniche, economie [1962],
Milano, Feltrinelli, 19905).
Partita letteralmente per la tangente, la globalizzazione
neoliberista ignora che «la teoria dellordine spontaneo può essere sostenuta o
contrastata con molte argomentazioni, ma non è applicabile al mercato della
terra. Quello della terra non è un vero mercato, perché la terra manca del
carattere tipico di un normale bene di mercato, in quanto ha una limitata
sostituibilità. La qualità della terra è determinata soprattutto dalla sua
localizzazione, carattere che rende la terra una risorsa scarsa e quasi
insostituibile. Il valore della terra non sta nel suo valore duso, come accade
per un normale bene di mercato, ma nellaspettativa di prezzi crescenti,
aspettativa di solito legata alla sua poca sostituibilità». «In breve, il
mercato della terra ha caratteristiche tali che gli impediscono di funzionare
senza interventi di regolazione» (Mazza, Spazio e cittadinanza, cit., p.
177), ma «nel contesto della cultura neoliberista e della globalizzazione la
finalità primaria delle pratiche di governo del territorio è cambiata, è
diventata soprattutto la riproduzione del capitale, a questa finalità sono
funzionali il controllo sociale e il ridisegno della cittadinanza» (ivi, p. 181).
Di fatto, «il fenomeno chiamato ellitticamente “globalizzazione”
non è omogeneo. Gli effetti sulla popolazione risultano indubbiamente e
rapidamente “globalizzati”, ma quelli sulla distribuzione delle risorse, no».
«Nessuna illusione: le soluzioni le dobbiamo trovare noi, come sempre, col
biblico “sudore della nostra fronte”» (L.L. Pasinetti, Dottrina sociale della Chiesa e teoria economica, Milano, Vita e
Pensiero, 2012, p. 81). La terra è riproducibile su carte e mappamondi, ma sul
mercato è solo appropriabile anche con le PMC (Compagnie Militari Private), che
forniscono contractor (soldati
professionisti) e, vincolate agli stati committenti da contratti e leggi, alla
svolta del millennio hanno lavorato per UK, USA, Turchia e per la Russia di
Putin, dove però non sono legali e ufficialmente non esistono (come afferma Eleonora
Tafuro Ambrosetti, ricercatrice Centro Russia, Caucaso e Asia Centrale
ISPI, intervistata da Laura Silvia Battaglia l8 giugno 2023 a Radio3
Mondo, Le milizie di Gazprom).
Il profitto viene dalle risorse del territorio, quelle umane
se non da smaltire perché problematiche, inclusi i centosessanta milioni di
bambini costretti a lavorare (+8,4 milioni in quattro anni, UNICEF-ILO). In
USA, unico paese occidentale a non ratificare la convenzione ONU sui diritti
dellinfanzia, vari stati stanno autorizzando il lavoro minorile in occupazioni
più pericolose, per un maggior numero di ore e in ruoli più ampi, dai quattordici
anni in su (dati riportati da Anna Lombardi, corrispondente da New York
di Repubblica intervistata da Roberto
Zicchitella il 12 giugno 2023 a Radio3 Mondo, Contro il lavoro minorile).
Spazio di potere senza cittadinanza che la Russia di Putin
vuole estendere in Ucraina con locchio allUE post-Brexit, dove «il Parlamento
europeo ha votato a maggioranza (422 voti a favore), con 144 voti contrari (tra
cui quelli dei parlamentari di Fratelli dItalia e della Lega) e 33 astenuti,
una mozione che chiede di sospendere la presidenza semestrale che spetterebbe
allUngheria (luglio-dicembre 2024) e alla Polonia (gennaio-giugno 2025). Per i
parlamentari europei, il Consiglio dei ministri non può essere presieduto da
due governi che sono e continuano a essere sottoposti a procedura per
violazioni dello stato di diritto (Art. 7, Trattato dellUe), violazioni che
hanno condotto anche alla sospensione dei finanziamenti del bilancio europeo
(tra cui quelli di Next Generation Eu) spettanti a quei governi. Labolizione
dellindipendenza del potere giudiziario non è questione di lana caprina. Non
solo impedisce di proteggere i diritti individuali, ma anche al mercato unico
di funzionare. La cosa è seria». «Se fossero Paesi esterni allUe, e facessero
oggi domanda per entrare in questultima, la loro domanda non potrebbe essere
accettata». «La fusione tra il livello europeo e nazionale è lesito di una
colpevole ignoranza relativa al funzionamento di unioni di stati asimmetrici e
con identità nazionali differenziate. Con la stessa ignoranza, si sostiene lallargamento
dellUe a paesi ancora più disomogenei, che avranno poi diritto alla loro
presidenza di turno. Fusione e allargamento costituiscono una miscela per limplosione
dellUe». «Se i sovranisti mirano a svuotare lUe dallinterno, i ‘poeti del
bricolage istituzionale sono lì ad aprir loro la porta» (S. Fabbrini, Perché
Orban e Morawiecki non sono lEuropa, in «Il Sole 24 ore», 4 giugno 2023, pp. 1 e 7).
«Lattuale generalizzato sentimento contrario alla politica
organizzata, lappello a una presunta naturale sapienza della gente comune che
non supera la soglia dei giudizi e dei pregiudizi individuali, la tendenza a
dare voce immediata in politica a umori prepolitici, superando dun balzo ogni
istanza organizzata intermedia, sentita come impaccio, diaframma e tradimento,
sono tutti segni attuali delladulazione del popolo, del tentativo di tenerlo
in una condizione infantile, per poterlo meglio controllare». «Abbasso le
istituzioni, viva il popolo! Questo potrebbe essere il motto dei demagoghi del
nostro tempo: un motto che è unarma potente perché assume il linguaggio della
democrazia radicale e si rivolge, per travolgerlo, contro tutto ciò che –
parlamento, istanze e procedure di discussione, controllo e garanzia – fa
perder tempo e sembra disperdere e vanificare la forza pura che proviene dal
popolo. Quando il popolo si è espresso – si dice – nessun intralcio è lecito» (G.
Zagrebelsky, Il “Crucifige!” e la democrazia,
Torino, Einaudi, 1995, pp. 115-116).
«Linsostituibile matrimonio tra democrazia e mercato potrà
riprendere slancio assicurando la formazione di una nuova classe media; e
difendendo lidea di cittadinanza, intesa come pratica e non come mera
enunciazione: per non rischiare, altrimenti, di dare spazio e una combinazione
tra oligarchia e autocrazia o addirittura alla dittatura» (S. Carrubba, Mercato-democrazia,
ununione fragile, in «Il Sole 24 ore», “Domenica”,
p. II). «Nella politica, la mitezza, per non farsi irridere come imbecillità,
deve essere una virtù reciproca. Se non lo è, ad un certo punto prima della
fine, bisogna rompere il silenzio e cessare di subire» (Zagrebelsky, Il “Crucifige!”, cit., p. 120).
«E ciò comporta, da un punto di vista che è rilevante
proprio per gli economisti, maggiore attenzione a quelle caratteristiche che
sono radicalmente nuove e tanto marcate nella nostra società, come la necessità
della protezione dellambiente a livello globale e la crescente rilevanza del
principio della destinazione universale dei beni» (Pasinetti, Dottrina sociale, cit., p.121). Spazio e cittadinanza.
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