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Il martirio della pazienza

di Giuseppe Gario
  Il martirio della pazienza
Data di pubblicazione su web 30/05/2023  

«Che due Premi Nobel dell’economia, George Akerlof (2001) e Robert Schiller (2013), indaghino sulle truffe di cui siamo vittime quotidiane di fronte a un venditore di auto, un agente immobiliare o un giocatore di golf, potrebbe stupire. È vero che le loro descrizioni tratteggiate qua e là in Marchés des dupes: l’économie du mensonge et de la manipulation (s.l., Odile Jacob, 2016), strappano regolarmente al lettore un sorriso, anche una franca risata». «Ma il discorso non potrebbe essere più serio. Perché gli autori mostrano che i meccanismi sono gli stessi per truffare un ingenuo e avvelenare i fumatori e gli amanti di junk food, vendere un medicinale pericoloso, innescare una crisi finanziaria o economica e persino eleggere politici incastrati da interessi privati! Semplicemente perché presiedono al funzionamento dell’economia di mercato “libera e concorrenziale”. “Quando i mercati sono totalmente liberi, la libertà di scegliere è anche la libertà di imbrogliare e manipolare”, scrivono. “È vero che l’equilibrio sarà ottimale. Ma questo ottimo non corrisponderà a ciò che noi veramente desideriamo, bensì a ciò che desidera la ‘scimmietta’ sulla nostra spalla”. Questa “piccola scimmia”, personaggio centrale del libro, simbolizza la differenza tra ciò di cui abbiamo realmente bisogno e ciò di cui crediamo di avere bisogno, e che il mercato farà presto a venderci, a caro prezzo, “raccontandoci delle storie”. Queste “storie”, che ci raccontiamo da soli o che ci vendono, guidano il comportamento degli agenti economici, e anche di noi elettori, ribadisce Robert Schiller».

«I politici non ne parlano, semplicemente “perché non hanno soluzioni da vendere! Preferiscono usarne frammenti per erigere muri contro l’immigrazione, per esempio”. O denunciando le “élites” cosmopolite che catturano di fatto la rendita tecnologica, e la cui “ipocrisia” dominerebbe il paesaggio intellettuale» (A. Reverchon, Robert Schiller, le “petit singe” et Donald Trump, in «Le Monde», 25-26 settembre 2016, p. 5). Si era nel 2016.

Una pandemia globale ha travolto la globalizzazione neoliberista, Putin ha riportato la guerra in Europa e il mondo registra «ovunque intoppi di produttività, che rinviano a ipotesi tecnologiche e anomalie sistemiche classificabili in due categorie. La prima è quella delle transizioni. La duplice transizione a un’economia basata su intelligenza artificiale e basse emissioni di carbonio esige adattamenti di competenze e organizzazioni e pianificarle esige nuova manodopera. Di fronte alla transizione demografica e ai suoi rischi di carenza strutturale di manodopera, le imprese preferirebbero conservare i loro dipendenti e assumere in anticipo. La bassa produttività sarebbe la buona notizia: gli attori preparano l’avvenire. La seconda si può sintetizzare nelle parole “la grande flemma”, non dei lavoratori, ma… dei capitalisti. In effetti, in un’economia concorrenziale i profitti vengono dall’impegno di innovazione e razionalizzazione. Invece tutto è più facile in un’economia di rendita. L’attuale ciclo prezzi-profitti illustra bene il fenomeno: grazie al suo potere di mercato, l’industria agroalimentare può accontentarsi di aumentare i prezzi. E non è la sola». «Dietro la produttività in calo potrebbe annidarsi una profonda crisi del capitalismo» (P. Askenazy, La “grande flemme” des capitalistes, in «Le Monde», 27 aprile 2023, on line). E in Europa la guerra.

«La guerra russa ha dimezzato l’UE tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere». «Urge ricomporre» (S. Fabbrini, L’Europa dimezzata in un mondo pericoloso, in «Il Sole 24 ore», 21 maggio 23, p. 7). «“Nei giorni della drammatica guerra in Ucraina, emerge con sempre maggiore evidenza la necessità di accelerare l’integrazione europea. Serve una forza militare intereuropea, ma anche la condivisione di una piattaforma fiscale unitaria. All’emergenza Covid si è risposto con il piano Next Generation EU. Ora lo scenario di guerra ci impone di fare un nuovo salto della storia: puntare a creare gli Stati Uniti d’Europa”. Carlo Salvatori, 89 anni, banchiere di lunghissimo corso, si appresta a andare in pensione» tracciando il profilo di un’esperienza che ha valore anche politico: «“Le Integrazioni non funzionano bene se vengono imposte dall’alto, serve la condivisione di tutto il gruppo dirigente e del personale. Sono loro che poi devono far funzionare la macchina dei ricavi e quindi partecipare ai cantieri e ai gruppi di lavoro per dare una prospettiva all’integrazione che vada oltre il puro taglio dei costi”» (A. Graziani, Lascio dopo oltre 50 anni di lavoro in grandi banche, spero negli Stati Uniti d’Europa, in «Il Sole 24 ore», 27 marzo 2022, p. 9).

È il martirio della pazienza.

 

Il martirio della pazienza (A. Casaroli, Il martirio della pazienza. La Santa Sede e i paesi comunisti (1963-89), Torino, Einaudi, 2000) è il titolo delle memorie del cardinale Agostino Casaroli, co-protagonista degli Accordi di Helsinki, a somma positiva per tutti come ogni successo politico e/o economico. Nell’introduzione Achille Silvestrini cita le parole di congedo di Giovanni XXIII da Casaroli, che gli riferiva della breccia aperta nella Cortina di Ferro. «Finita la conversazione, il papa accompagnò Casaroli alla porta e di nuovo volle ricordargli: “Andiamo avanti con buona volontà e fiducia, ma senza fretta”» (ivi, p. XIV).

A una sapienza millenaria fa eco la tecnologia informatica con cui Robert Axelrod, docente di scienze politiche, University of Michigan, ha studiato l’interazione tra individui razionali in un torneo “dilemma del prigioniero” (Giochi di reciprocità. L’insorgenza della cooperazione, Milano, Feltrinelli, 1985). A due persone incriminate il giudice offre separatamente di confessare o negare: sei mesi di reclusione se entrambi confessano, tre se negano; se uno confessa e l’altro nega, rispettivamente uno e dodici mesi. Il dilemma è optare tra strategia cooperativa o conflittuale senza sapere la scelta dell’altro. Vinse sempre ColpoSuColpo («cooperare alla prima mossa e quindi facendo esattamente ciò che l’altro giocatore fa alla mossa precedente»), «“buona”, “provocabile”, “clemente” e “trasparente”. Per “buona” si intende che questa strategia non è mai la prima a defezionare, caratteristica che le impedisce di entrare in conflitti non necessari. La sua capacità di rappresaglia (la “provocabilità”) è tale da scoraggiare l’altro giocatore dal persistere in tentativi di defezione a buon mercato. La clemenza consente di ripristinare la reciproca cooperazione. La trasparenza, infine, rende facilmente riconoscibile il suo modello di comportamento, dopo di che diventa facile percepire come il modo più proficuo di affrontare ColpoSuColpo sia appunto la cooperazione» (ivi, p. 146).

«Può tornare utile anche ai massimi responsabili politici delle nazioni: non essere invidioso, non essere il primo a defezionare, ricambia sia la cooperazione sia la defezione, non esagerare in astuzia». Ma «il nocciolo del problema del conseguimento del successo tramite la cooperazione sta nel fatto che l’apprendimento per prove ed errori è un processo lento, spesso penoso» (ivi, p. 158). Così fu per il “martirio della pazienza” sfociato nella Conferenza di Helsinki (1975) con l’Atto Finale sottoscritto dagli Stati europei, URSS, USA, Canada, Santa Sede (sicurezza, cooperazione economica scientifica tecnica ambientale, diritti umani). Eletto papa nel 1978, Karol Wojtyla portò poi «alcuni elementi che nel decennio dal 1979 al 1989 divennero fattori di sfida e di totale confronto» e l’«affermazione che i diritti affondano nell’unica radice della dignità della persona, sono strettamente connessi fra loro (scelte di coscienza, espressioni del pensiero, libertà di lavoro e di associazione, ecc.) e costituiscono la verifica per la legittimità degli Stati e dei governi» (Casaroli, Il martirio della pazienza, cit., p. XXI).

Su tali fondamenti «comprendiamo anche perché la nozione di personalità giuridica fosse l’obiettivo del discorso giuridico nazista. Infatti, come sappiamo, il latino persona designa la maschera, quella degli attori di teatro. Copre il viso e dà a tutti figura umana. Rende così invisibili tutte le differenze razziali. Forma fittizia di vita, vela e turba gli ordini della concreta vita comunitaria. Per smascherare l’ebreo occorre dunque togliere a tutti questa personalità giuridica arbitraria. Riconoscere coloro che partecipano effettivamente, ontologicamente sotto forma di vita comunitaria e determinare lo status di membro della comunità, la Gliedstellung [la parità]. Per i più lontani, gli estranei alla razza, i non autoctoni, sarà sufficiente una forma di morte. Quella del diritto, della morte civile, e infine quella della morte fisica, in forma industriale» (O. Jouvanjan, Justifier l’injustifiable L’ordre du discours juridique nazi, Léviathan PUF, 2017, p. 285).

La morte civile che diventa industrialmente fisica oggi colpisce i migranti e questo, «purtroppo, rende chiaro che a chi fa delle migrazioni e dell’asilo dei perseguitati uno strumento di propaganda, le soluzioni non interessano» (M. Ambrosini, Non deportare ma cambiare, in «Avvenire», 3 maggio 2023, on line). In troppi stati sedicenti sovrani oggi la morte civile e sempre più spesso fisica è la soluzione. «Torna Assad, il crimine vince: triste lezione» (L. Cremonesi, in «Corriere della Sera», 21 maggio 2023, p. 30). In USA, scrive Sergio Fabbrini, il problema è «come fermare lo stile paranoide di Trump»: «in un libro del 1965 (The Paranoid Style in American Politics), lo storico americano Richard Hofstadter definì lo stile paranoide come una modalità di comunicazione in cui il leader (come i senatori Joseph McCarthy, negli anni Cinquanta, e Barry Goldwater, negli anni Sessanta) costruisce un mondo surreale di complotti contro i “veri americani” che “lui” solamente può sventare» (S. Fabbrini, in «Il Sole 24 ore», 17 maggio 2023, p. 1). Dalle guerre mondiali Edgar Morin ha appreso che «la nozione di isteria di guerra riprende la nozione stessa di isteria: la conversione di un sintomo mentale o immaginario in sintomo della realtà» (E. Morin, Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa, Milano, Cortina 2023, p. 27).

Economia e politica sono percorsi di apprendimento personale e sociale e la crisi globale ambientale, economica, politica impone un impegno straordinario di istruzione, ricerca, cooperazione. «“Si fa presto a dire inflazione, ma quella attuale è giustificata o no?”, scrive De Bortoli», «“c’è un’inflazione generata da troppi profitti?”» (A. Puato, Se l’inflazione viene dai profitti, in «Corriere della Sera», 7 maggio 2023, p. 33). Buona domanda, Mida morì di fame trasformando tutto in oro. «Da dove inizia la spirale che si autoalimenta con l’aumento dei prezzi? Serve una causa iniziale», scrive Pietro Terna. Eurostat «mostra con estrema chiarezza che il motore della crescita dei prezzi, in questo ciclo inflazionistico, sta nei prezzi della energia». «Sembra incredibile che fosse talmente inaspettata da aver preso alla sprovvista così tanti decisori economici dal lato dell’offerta, ma gli esempi si sprecano, ad iniziare dalla mancanza di microprocessori per mesi e mesi». «Solo costi esterni? Certamente una parte del fenomeno inflazionistico recente è dovuta anche agli aumenti dei profitti delle grandi corporation». «Tutto si intreccia, in modo complicatissimo, e provoca deflagrazioni» (Responsabili dell’inflazione? Noi, con l’aiuto di qualcun altro, in «La porta di vetro», 9 maggio 2023, on line).

L’inflazione deflagra in violenze e governi autoritari, strategia di potere in un mondo da generazioni (Y, Z, ALPHA) in «alternativa tra un potere legittimato dalla territorialità e un potere legittimato, sulla linea di pensiero di Kelsen, da un sistema di regole condivise» (G. Gario, Milano e la Lombardia di fronte al futuro, in L’Italia che verrà, «Orientamenti», VII, 1992, p. 64).

«Questo è il compito dei leader delle superpotenze di oggi. “Immanuel Kant ha detto che la pace si sarebbe avuta mediante l’umana comprensione o qualche disastro”, spiega Kissinger. “Pensava che sarebbe successo per mezzo della ragione, ma non poteva garantirlo. Questo è più o meno quello che penso”» (Henry Kissinger explains how to avoid World War Three, «The Economist», “Today”, 19 maggio 2023, on line). Oltre ai leader mondiali, «insieme, gli europei possono contare». «Ma contare per fare che?» «Per difendere il nostro modello di vita e di società. Gli europei in effetti hanno inventato, lungo i secoli, un modello politico senza equivalenti nel mondo, articolato su un trittico vincente: democrazia, liberalismo, Stato sociale» (N. Gnesotto, L’Europe indispensable, Paris, CNRS Editions, 2019, p. 57).

«Se gli europei vogliono avere un avvenire, devono proclamarsi cittadini di una repubblica europea. Si daranno così il mezzo per prendere in mano il loro destino comune. Una rivoluzione importante come quella del 1789, ma preparata e concertata». «Cicerone dà la formula di questo atto inaugurale: “La repubblica (res publica) è cosa (res) delle persone (publica); ma le persone non sono un qualsiasi incontro di gente raccogliticcia; è incontro di persone che si sono associate in virtù di un accordo sul diritto e di una comunità di interessi” [De re publica, I/XXV/39]». «Non è il popolo che crea la repubblica, ma la repubblica che crea il popolo» (J.F. Billetter, Demain l’Europe, Paris, Éditions Allia, 2019, pp. 11-12). Bisogna evitare «l’errore che il senso comune invariabilmente fa: considerare la coscienza e le cose come date allorché sono incessantemente prodotte. Non esistono in sé, come sembra, sono prodotti delle azioni di cui siamo fatti noi esseri umani» (ivi, p. 40).

«Che i rischi siano imputabili alla natura, alla tecnica o ai comportamenti umani, essi segnano il passaggio da una comunità nazionale costruita essenzialmente sulla storia ad una comunità mondiale che si proietta verso il futuro» (M. Delmas-Marty, Résister responsabiliser anticiper, Paris, Seuil, 2013, p. 165). «Per una umanità presa tra cultura della catastrofe e quella del superuomo, che già ci annunciano le correnti trans- o post-umaniste, la speranza di umanizzare la globalizzazione richiede un diritto atto a svolgere pienamente il suo triplice ruolo: resistere, responsabilizzare e anticipare» (ivi, p. 197). Che è la nostra vita, anche personale.






 
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