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Intrigo nazionale

di Giuseppe Mattia
  La cospirazione del Cairo
Data di pubblicazione su web 14/05/2023  

Vincitore dell’ambito Prix du scénario al 75° Festival di Cannes e, in seguito, candidato svedese per la corsa all’Oscar 2023 come miglior film internazionale, La cospirazione del Cairo (Boy from Heaven) è sicuramente uno dei titoli più incisivi e memorabili di questa stagione. Tarik Saleh, regista e sceneggiatore di origini egiziane ma nato a Stoccolma, ha saputo convogliare in questo progetto una serie di tematiche spinose fornendo numerosi spunti di riflessione. Il titolo in oggetto può essere inteso come un prosieguo del percorso intrapreso nel 2017 con Omicidio al Cairo (The Nile Hilton Incident), thriller politico incentrato sulla figura di un detective – inizialmente sulle tracce di un serial killer – che si troverà in seguito a fronteggiare facoltosi e intoccabili uomini di potere. Proprio per quest’opera sarà bandito a vita dall’Egitto.

In quest’ultima sua fatica è lampante l’intenzione di denunciare il regime di Abdel Fattah al-Sisi (in carica dal 2014), colpevole di manomettere i media e di pilotare a proprio piacimento l’andamento del Paese, occultando crimini e misfatti come nei casi tristemente noti di Giulio Regeni e di Patrick Zaki. Ma l’autore si sofferma anche sulle ipocrisie negli ambienti di potere, dal mondo laico a quello religioso (quando si dice l’importanza della settima arte per comprendere il nostro presente). Tralasciando aspetti relativi a momenti di alta tensione sorretti da un’ineccepibile impalcatura drammaturgica, il quinto lungometraggio del regista classe 1972 è inquadrabile anche come una sorta di romanzo di formazione, con un giovane protagonista chiamato, suo malgrado, a dirottare un treno lanciato verso un’incontrovertibile e cieca corsa.



Una scena del film

Il giovane e timido Adam (Tawfeek Barhom), figlio di un pescatore e orfano di madre, viene ammesso con profonda sorpresa di tutti alla prestigiosa Università al-Azhar – la massima organizzazione accademica e culturale dell’islamismo sunnita –, ubicata attorno all’omonima moschea della capitale egiziana. Durante il discorso di benvenuto ai nuovi studenti, il Grande Imam ha un malore e di lì a poco spira. Da quel momento ha inizio la macchinazione dei servizi segreti egiziani per sostituirlo con un Imam dalle idee e dai comportamenti filo-presidenziali, con conseguenti spaccature interne, contraddizioni e ambiguità. Poco dopo la morte del capo spirituale, Adam assiste al brutale assassinio di un suo compagno di studi, proveniente da un altro paese (forse un richiamo al nostro Regeni?). Questo episodio innesca il suo assoldamento da parte del colonnello della polizia Ibrahim (Fares Fares), il quale lo costringerà a diventare un vero e proprio informatore, scagliandolo come agnello sacrificale in un ginepraio di dissimulazioni, fughe, tradimenti e compromessi, “pedone” di una scacchiera dalle maestose proporzioni.



Una scena del film

Quello con l’Egitto è per il regista un rapporto stratificato: patria dei genitori e luogo in cui, poco più che ventenne, ha vissuto e studiato in un istituto d’arte, prima di ritornare in Svezia e cominciare una carriera prima televisiva e poi cinematografica. L’esotismo di questo thriller ammicca a certe macchinazioni hitchcockiane come in The Man Who Knew Too Much (1934) e come nel successivo The 39 Steps (1935), per non parlare dell’analogia tra il personaggio di Adam e quello di Roger Thornhill (Cary Grant) in North by Northwest (1959). Tutti questi personaggi, così come il protagonista de La cospirazione del Cairo, riescono a cavarsela grazie a una dose di fortuna ma anche grazie ad acume, competenze e conoscenze. Al centro del film di Saleh un potere che serpeggia tra i personaggi, di difficile definizione e collocazione come in certi romanzi sciasciani, che muta gli animi degli uomini guidandoli su sentieri erti e deprecabili. Per quanto riguarda il contesto ambientale è indovinata la scelta di ambientare le vicende proprio nell’accademia di al-Azhar, nella quale si sono registrati numerosi casi di radicalizzazioni, tra i più celebri quello di un ex studente poi divenuto uno degli attentatori del Bataclan.



Una scena del film

Più che gli eventi e le azioni, emergono la natura dei personaggi e i compromessi ai quali questi sono disposti a scendere in nome di un bene individuale ma anche collettivo. La violenza non è mai mostrata direttamente ma solo suggerita, tra minacce di morte e di tortura edulcorate da note ironiche, come ad esempio l’accostamento di un’effigie del dittatore egiziano alla maglia incorniciata e autografata del celebre calciatore Mohamed Salah. A spiccare nel comparto attoriale è il navigato Fares, nei panni di un personaggio costruito in maniera egregia, capace di condensare imprevedibilità, sarcasmo ma anche comportamenti decisi e senza scrupoli. Nota di merito anche per il protagonista Barhom, ineccepibile nel restituire ansia, tensione e paura tramite una quasi impercettibile mimica facciale.

Intraprendente anche il montaggio, formidabile nel conferire ritmo alle immagini e funzionale nell’imbastire una sempre crescente tensione, talvolta stroncata sul nascere da una scrittura e da una regia prudenti, controllate e tutto sommato solide. Altro encomio spetta al reparto fotografia, abile nel valorizzare spazi bui e angusti contrapponendoli con naturalezza e maestria ad assolate piazze, con suggestive messe a fuoco. Una prova, insomma, che fa ben sperare nell’affermazione di un autore in grado di maneggiare, con coraggio, questioni a dir poco urgenti.




La cospirazione del Cairo
cast cast & credits
 


La locandina del film



 
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