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Danze rampicanti

di Benedetta Colasanti
  Efeu
Data di pubblicazione su web 01/05/2023  

Bruxelles è una fucina di idee e di sperimentazioni contemporanee di danza; basti pensare alla scuola Mudra di Maurice Béjart – a partire dagli anni Settanta – e ad Anne Teresa de Keersmaeker. Nel territorio belga ha trovato terreno fecondo anche il danzatore e coreografo svizzero Thomas Hauert con la sua compagnia ZOO, fondata nel 1998.

Al pubblico de La democrazia del corpo Hauert propone Efeu, dove il coreografo stesso si presenta come interprete insieme a Sarah Ludi, Samantha Van Wissen e Federica Porello. Si tratta di un’intrigante ricerca sul corpo e sulla fusione tra organismi, in cui i danzatori – singolarmente, attraverso pas de deux o in formazione – mettono al bando ogni spazio vitale e ogni tacita regola di distanziamento sociale, tornando a un “io” primitivo e libero da sovrastrutture. Il termine tedesco Efeu significa “edera”: i corpi danzanti, esplorandosi a vicenda tramite la mera osservazione ma anche attraverso una vicendevole intersezione, invadono l’individualità dell’altro come fanno, appunto, l’edera o le piante rampicanti con dimore, tralicci e altri arbusti.

Un momento dello spettacolo © Bart Grietens

Un momento dello spettacolo
© Bart Grietens

L’intento di ZOO sembra allinearsi al movimento tedesco, a cavallo tra Otto e Novecento, denominato Lebensreform, favorevole a un ritorno alla natura attraverso vari precetti e al quale aderirono anche Rudolf Laban e Isadora Duncan. Nella performance di Hauert si invita a vivere la natura instaurando con essa un rapporto di interdipendenza e allo stesso tempo di libertà, provando a rinnegare – o ad abbandonare per un momento – l’artificialità di cui nei secoli ci siamo circondati. Efeu esplora i sentimenti, ricerca con intensità biologie e dinamiche articolari. Il movimento si nutre del rapporto reciproco, della presenza degli spettatori, della colonna sonora. A proposito di quest’ultima, incisivo e piacevolmente pop risulta l’incipit della coreografia, sulle note di Senza fine di Gino Paoli, nella versione interpretata da Ornella Vanoni e Lucio Dalla. La scelta musicale di Hauert è di fatto ampia e variegata, dai classici italiani fino a lavori di sapore più sperimentale come quelli di Eric Thielemans e del polacco Krysztof Penderecki, autore nel 1961 della struggente composizione Trenodia per le vittime di Hiroshima. Se nel primo caso il logos richiama sentimenti ed emozioni perlopiù condivisi, nel secondo – così come quando gli interpreti, in cerchio, recitano parole a tratti incomprensibili, tra francese, italiano, spagnolo e tedesco – è l’universo emotivo interiore del singolo ad avere la meglio.

Un momento dello spettacolo © Bart Grietens

Un momento dello spettacolo
© Bart Grietens

I costumi sono confortevoli e quotidiani; non a caso, richiamano la tenuta sportiva di chi si appresta a fare una passeggiata proprio nella natura. I piedi non sono tuttavia protetti da nessun tipo di calzatura, nuovamente a richiamare il bisogno di un rinnovato e primordiale contatto col terreno. Anche la permanenza e lo spostamento all’interno dello spazio scenico risultano piuttosto insoliti: i danzatori hanno a che fare con un inconsueto rombo caratterizzato da quattro vertici rialzati tramite altrettanti cavi ancorati alle pareti. È insomma facile inciampare: è facile riconoscere i confini di un mondo, quello di Efeu, da osservare sì ma al quale accedere con delicatezza e consapevolezza.



Efeu
cast cast & credits
 


© Lorenza Daverio  Spettacolo visto a CANGO (Firenze) il 12 aprile 2023

© Bart Grietens
Spettacolo visto a CANGO (Firenze) il 21 aprile 2023



 
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