Docente di Critica letteraria e
Letterature comparate a allUniversità Ca Foscari di Venezia, Mimmo
Cangiano legge il nostro tempo Nelle
tempeste dacciaio (1920) dellallora tenente Ernst Jünger. «La
guerra non si rivela qui in contraddizione con la società moderna, non cioè
come lo spazio “altro”
dellantimoderno o della “comunità del fronte” sognato nel 14, ma come
lepitome del moderno stesso in quanto “lavoro” (la completa vittoria del
materialismo come scrive Wittgenstein alla sorella), versione
concentrata di una quotidianità taylorizzata». «Da un lato, la guerra passa a
essere il centro dellesperienza novecentesca, non attività anti-economica e
anti-macchinica, non via di fuga dalla società della Zivilisation ma sua estrema rappresentazione (diventando così il
fulcro a cui continuamente tornare per comprendere il secolo: “Lasse attorno
al quale ruoterà la nostra vita futura”); dallaltro, tale esperienza passa ad
assumere valore positivo, divenendo via maestra per la riformulazione di un
universo valoriale (Kultur)» (M.
Cangiano, Cultura di destra e società di
massa, Milano, Nottetempo, 2022, pp. 473-474).
Ma a Natale 1914 soldati nemici
avevano fraternizzato e «un secolo dopo o quasi, lepisodio suscita più che mai
interesse facendo persino pensare che col passare del tempo la tregua di Natale
apparirà forse a modo suo importante quanto una grande battaglia. Non pose fine
alla guerra, ma ha almeno affermato la verità troppo spesso trascurata che
lumanità può sopravvivere, alla fine, solo nella riconciliazione e non nel
conflitto». «Nel cuore delloscurità, la tregua natalizia del 1914 accese una
candela di speranza» (M. Brown, Un joyeux entracte, in M. Ferro et al, Frères de tranchées, s.l., Perrin, 2005,
pp. 72-73).
Docente di Intelligenza artificiale
allUniversità di Bath, Nello Cristianini ricorda che «il fondatore
della cibernetica, Norbert Wiener, era preoccupato che le macchine
potessero prendere delle scorciatoie pericolose, e le paragonò al talismano di
un vecchio racconto dellorrore, che fa ciò che gli viene richiesto, ma lo fa
“alla lettera”. Oggi le sue preoccupazioni potrebbero realizzarsi: usiamo
algoritmi statistici per valutare i rischi di decisioni, spesso associate a
individui, anche quando la posta in gioco è molto alta. Per fortuna finora il
danno è stato contenuto, ma come possiamo assicurarci che le macchine non
violino le fondamentali norme sociali, eseguendo “alla lettera” quello che
viene chiesto loro?» (N. Cristianini,
La scorciatoia. Come le macchine sono
diventate intelligenti senza pensare in modo umano, Bologna, il Mulino,
2023, p. 83).
Il talismano citato da Wiener fa
avere a Mr. White le 200 sterline che gli servono, ma per la morte del figlio
sul lavoro. «Faremmo bene a tenere questo in mente, mentre consideriamo se cè
un modo di insegnare i nostri valori e le nostre norme a queste macchine,
potrebbe essere come cercare di spiegarli a una lumaca o a un astuto piccione.
Come disse Ludwig Wittgenstein: “Se un leone potesse parlare, noi non potremmo
comprenderlo”» (ivi, p. 68).
«Le nostre culture evolveranno, in qualche modo, per incorporare questa nuova presenza.
Quello che dovremmo comunque continuare a insegnare alla prossima generazione,
è che il valore supremo è la dignità degli esseri umani, ed è così che dovremmo
misurare qualsiasi decisione futura riguardo al ruolo delle macchine
intelligenti. A prescindere da quanto più intelligenti di noi potranno essere
diventate, “non saranno mai meglio di noi”» (ivi, pp. 205-206), perché a noi appartiene il destino
delle ideologie.
Destino delle ideologie (Bologna, Cappelli, 1964), scrive Jean
Meynaud, professore di Scienze politiche a Ginevra e Losanna, è che «ad una
prima analisi, può sembrare desiderabile alle classi dirigenti di sfuggire alla
turbolenza politica. Ma se il pendolo oscilla nella direzione di una completa
indifferenza, la situazione può comportare virtualmente il rischio di un
indebolimento della coscienza civica e, da ciò, il pericolo di un ritorno al
dispotismo più o meno illuminato, se non addirittura nei casi più gravi alla
formula del totalitarismo civile o militare. La lotta dei partiti genera spesso
demagogia e sperperi, ma sono tare da cui i regimi non democratici non sono
affatto esenti. Anche per gli apparenti beneficiari, non è sicuro che questa “desideologizzazione”
o più semplicemente questo apolitismo, sia uniformemente benefico.
Lapolitismo-ideologia – con la mediocrità, la noia, il disorientamento che
possono risultarne – facilita in certi casi la creazione dei regimi oppressivi
capaci in seguito di rigettare la responsabilità sulle classi dirigenti
tradizionali (ivi comprese quelle che hanno inizialmente contribuito
allinstaurazione di tali regimi)» (ivi,
p. 221).
Meynaud ricorda la progressiva crisi
socio-economica fra le due guerre mondiali e «lintensità del disorientamento
che può risultarne: disordine tanto più grande – o che almeno rischia di
esserlo – quanto più lindividuo si troverebbe posto ideologicamente in una
specie di vacuum. È probabile che, in
una situazione di questo tipo, un paese il quale disponga di un solido sistema
di fazioni sarebbe meglio armato per ricevere il colpo, di un altro nel quale
la contesa ideologica non abbia avuto il tempo di impiantarsi o si trovi in
stato di disintegrazione». «Luniverso in cui il fenomeno si produce non
costituisce che una frazione ridotta dellumanità – mentre laltra è votata a
esercitare una crescente pressione sul nostro mondo con tutti i mezzi, ivi
compresi il bombardamento e lintossicazione ideologica. Come si può pretendere
che un popolo, intontito dal rifiuto delle contese di parte, sia in grado di
valutare criticamente, e se necessario di respingere brutalmente, le accuse e
gli “slogans” che non cesseranno di pesare su di
esso» (ivi, pp. 222-223).
Meynaud ci aiuta a capire. «La
tecnica ha trasformato e arricchito la scala delle soddisfazioni (grandi immobili
daffitto, macchine di piccola cilindrata, attrezzatura domestica duratura,
turismo…); essa non ha reso eguali le condizioni di accesso a tali beni:
soprattutto non ha modificato il contenuto morale dei rapporti del lavoro» e
«lopportunismo rinasce facilmente dalle sue ceneri. Lo si ammetta o lo si
respinga, esso non dovrebbe ostacolare il riconoscimento della sua vera natura
e del suo posto nellarsenale ideologico del conservatorismo» (ivi, p. 228). Opportunismo:
«comportamento per cui, nella vita privata o pubblica, o nellazione politica,
si ritiene conveniente rinunciare a principî o ideali, e si scende
spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o comunque per trarre il
massimo vantaggio dalle condizioni e dalle opportunità del momento» (Treccani,
on line).
Letica dellopportunismo si mostrò
in modalità già quasi social un secolo fa nellaffondamento del Titanic, dovuto
non a fatalità, ma a una filiera decisionale attenta al primato aziendale più
che alla sicurezza del viaggio. La grande crisi degli anni Trenta del secolo
scorso ha mostrato le conseguenze di irresponsabili opportunismi e la crisi
finanziaria del 2007-2009 lo ha confermato. Leconomia è un sistema di
relazioni regolate con equità anche dalla legge, in un sistema più ampio di
interdipendenze. Meynaud rinvia a «Theobald (Robert), The challenge of abundance, New York, 1961, in cui lautore
suggerisce che il bisogno di giustizia sociale deve costituire uno dei fattori
della revisione degli atteggiamenti tradizionali» (p. 223). Destin-destino
significa sorte/vita (Larousse, on line) e fatalità/futuro (Treccani, on line).
Bisogna scegliere, perché tutto si tiene. Nel laboratorio Italia il naufragio
di profughi a Cutro si inscrive in un contesto di frammentazione istituzionale
(autonomia regionale differenziata), finanziaria (ponte sullo stretto di
Messina) e politica: un governo attento allinteresse non dei cittadini, ma
della nazione italiana, del «complesso delle persone che hanno comunanza di
origine, di lingua, di storia e che di tale unità hanno coscienza, anche
indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica» (Treccani, on line).
Indipendentemente dalla unità del tutto, clima incluso.
Già «la Lega lombarda auspicava una
Italia federale, divisa in tre zone, intendendo implicitamente che quella
meridionale sarebbe stata affidata alla mafia. Un intellettuale della Lega, il
professor Gianfranco Miglio, un accademico milanese che aveva contribuito
a far conoscere in Italia il pensiero di Carl Schmitt, si dichiarava
apertamente favorevole al «mantenimento della mafia e della ‘ndrangheta al sud»,
precisando sibillinamente: «Io non voglio ridurre il Meridione al modello
europeo, sarebbe unassurdità. Esiste anche un clientelismo buono, che può
determinare la crescita economica» (J. De Saint Victor, Patti scellerati. Una storia politica delle mafie in Europa, Torino,
UTET, 2013, p. 336. Fonte a p. 453: G. Miglio, Non mi fecero ministro perché avrei distrutto la Repubblica, in «Il
Giornale», 20 marzo 1999». Proprio così).
Oggi «linflazione danneggia molti e
va a vantaggio di pochi. Ma questi pochi possono essere sui reggitori più
influenti dei molti» (M. Vitale, Uscire dal Paese dei Balocchi, https://www.vnz.it/newsletter-19.html:
Carlo Collodi ci ha spiegato che è una truffa). Sulla nazione francese «Le Monde» ha dedicato due pagine alla
«BOURSE»
(9 marzo 2023, on line). «I profitti delle multinazionali
francesi hanno superato 150 miliardi nel 2022» e «per la prima volta la
capitalizzazione di borsa di Parigi supera Londra» (J.-M. Bezat, Linsolente santé des sociétés du CAC 40,
ibid.). I «profitti inattesi
consentiranno record di dividendi e riacquisti di azioni proprie» che secondo i
beneficiari «non sono un “regalo”. Pure e semplici operazioni speculative,
replicano gli oppositori» (J.-M. Bezat, Les
profit comblent les actionnaires et gonflent linflation, ibid.). In effetti, «il presidente
democratico americano propone di quadruplicare la tassa sugli acquisti azionari
per incoraggiare gli investimenti a lungo termine» (A. Leparmentier, Biden fustige les bénéfices excessifs, ibid.). In sostanza, «il problema è
che molti di questi campioni non gestiscono le loro responsabilità aziendali
allaltezza delle loro responsabilità economiche. È letica del capitalismo.
Non ci si può accontentare di produrre ricchezza che non avvantaggia a
sufficienza la società in cui vivi» (P. Escande, Faut-il brûler le CAC 40?, ibid.).
Scelte di vita/futuro, non
sorte/fatalità. In una molteplicità di nazioni lUE è nata da unideologia:
«credenze, opinioni, rappresentazioni, valori che orientano un determinato
gruppo sociale» (Treccani, on line). Quasi unutopia, parola/idea europea pensata
nellantichità e col conio di Tommaso Moro divenuta riferimento per
tutte le successive utopie politico-sociali (Treccani, on line). È la Corte
Internazionale di Giustizia dellAia che ha aperto il procedimento su Putin
per il rapimento di bambini ucraini nellaggressione al loro paese, in nome dei
cittadini del mondo che, come noi europei e solo una parte dellumanità, ne
abbiamo il diritto/dovere per la nostra vita/futuro, invece della
sorte/fatalità di nazioni, mercati, metaversi senza legge se non la propria.
Si è avverata la prognosi del 1997
di Ian Clark, allora vicedirettore del Centre of International Studies
Università di Cambridge. «Come di preciso sarà regolato lequilibrio tra
globalizzazione e frammentazione dipende dal nuovo ruolo che gli Stati sono in
grado di forgiare per se stessi e da quanto riescono a mediare tra sempre più
potenti pressioni internazionali e accresciuti livelli di malcontento interno
inevitabilmente portati sulla loro scia» (Globalization
and Fragmentation, Oxford, Oxford University Press, 1997, p. 202).
Lequilibrio tra globalizzazione e frammentazione neppure si intravede e gli
stati sono “sovrani” solo sui propri banali cittadini/sudditi: «dal fr. banal, “appartenente al signore”» (Treccani,
on line).
«La guerra russa allUcraina ha innescato una
miccia che si chiama “disordine internazionale”. Non conosciamo le
caratteristiche di questultimo, ma sappiamo che lordine mondiale del dopo-Guerra
fredda è finito. Siamo entrati in una terra
incognita, in particolare in Europa». «Bruxelles deve fare ciò che le
capitali nazionali non possono fare e viceversa» (S. Fabbrini, Nel nuovo
disordine mondiale la UE deve cambiare, «Il Sole 24 ore», 26 febbraio 23, p. 1). Nella concretezza
dellarea euro e di un lavoro impossibile in ambito nazionale e prematuro in
ambito globale: realizzare e governare un equilibrio tra sorte/fatalità globale
e vita/futuro europeo.
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