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Ode alla lentezza

di Benedetta Colasanti
  Saburo Teshigawara, Adagio
Data di pubblicazione su web 19/04/2023  

Dopo aver ospitato coreografi del calibro di Michele Di Stefano, Virgilio Sieni, Jurij Konjar, Enzo Cosimi e Alessandro Sciarroni, il festival La Democrazia del Corpo apre le porte di Cango Cantieri Goldonetta a Saburo Teshigawara. Per la prima volta a Firenze, il poliedrico artista giapponese lascia il pubblico estasiato con Adagio, opera creata nel novembre 2021 a Tokyo e prodotta da KARAS, compagnia da lui fondata nel 1985.

Adagio è un’ode alla lentezza e alla sua sostanza profonda e spesso non apparente. La musica classica di Mahler, Beethoven, Bach, Mozart, Rachmaninov, Ravel e Bruckner è il motore di una coreografia che richiama sia le arti orientali come il Tai Chi sia il moto perpetuo della natura, delle foglie e dei rami leggeri. Ogni parte del corpo di Teshigawara, fino alla più remota, sembra manovrata da energie sconosciute; tuttavia il movimento è frutto di un estremo controllo interiore, fisico e mentale. La luce e la colonna sonora sono fili manovrati dallo stesso artefice della coreografia; ne consegue una continua alternanza di chiari e di scuri, di toni, di ombre e vesti bianche, di tensioni e contrazioni. La tecnica del coreografo e danzatore richiama sia la danza classica sia quella moderna ma allo stesso tempo la rinnega. Il gesto, personalissimo, è fuorviante: si nutre della cultura autoctona dell’artista ma anche di costanti influssi di gusto cosmopolita, europeo e mondiale.

© Lorenza Daverio

Un momento dello spettacolo
© Lorenza Daverio

Sulla scena di Cango, la danza di Teshigawara si alterna a quella di Rihoko Sato, collaboratrice e interprete di lunga data tra le fila di KARAS. Sato richiama le forme animali e vegetali più armoniche e disparate. Rievoca anche i quattro elementi, in continuo divenire, e fa pensare allo stream of consciousness di James Joyce. Più che il ritmo, Adagio esprime la forma delle onde sonore nella loro essenza più fisica, privando il contrappunto di tutta la sua artificialità di sapore occidentale. Rihoko Sato è capace di porre in dialogo la grazia di Odette, adattandola a una pièce moderna, e l’intensità di una performatività più rituale che ha origini antiche ma che è espressa in capolavori come Le Sacre du Printemps nella versione – più che di Nižinskij – di Pina Bausch. In una sequenza che richiama la morte del cigno di Petipa, c’è spazio per esorcizzare la fine della vita e per la rinascita. Più che di Adagio, si può parlare di adagio con brio, di forme che esteriormente non rivelano la complessità e la gravità di percezioni e intenzioni.

Saburo Teshigawara sembra invece cercare il movimento nell’imitazione, nella tensione fisica ed emotiva, nella meccanicità. La coreografia sembra basarsi sui vertici del corpo come la testa, i piedi e le mani, ma anche sui sensi, che spesso si dissociano dalla vista come a voler percepire tutto ciò che è invisibile agli occhi. Rispetto a Sato, Teshigawara propone un movimento meno fluido, più nervoso e scattoso, alla continua ricerca di elementi non presenti (o forse non immediatamente percepibili) del contrappunto musicale. Il danzatore resiste alle posture e alle movenze più automatiche e codificate per sperimentare rigidità e impulsi che renderebbero il moto quotidiano più complesso e, appunto, lento.

© Lorenza Daverio

Un momento dello spettacolo
© Lorenza Daverio

Non si tratta di un pas de deux ma di un’alternanza di soli che richiama i dialoghi filosofici, in cui lo scambio non è – come solitamente accade nel frenetico mondo occidentale – lotta continua di chi ha l’ultima parola, ma è prima di tutto ascolto, accoglienza e, infine, libera espressione. Notevole anche la ricerca dell’intimità col pubblico tramite lo sguardo. La Democrazia del Corpo ha il merito di proporre un continuo e fecondo dialogo tra le arti e le culture, specialmente attraverso linguaggi non verbali e sperimentali come quello della danza contemporanea.

I prossimi appuntamenti vedranno come protagonisti ZOO/Thomas Hauert con una prima nazionale dedicata alla materia organica e alla relativa energia (Efeu); Irene Russolillo con una riflessione sulla tradizione orale (Dov’è più profondo); Tempo Reale con una performance audiovisiva per altoparlanti e dispositivi luminosi (La Légende d’Eer). Sarà Daniele Ninarello a chiudere il festival con NOBODY NOBODY NOBODY It’s Ok Not To Be Ok, dedicato alla vulnerabilità del corpo.



Adagio
cast cast & credits
 


© Lorenza Daverio

© Lorenza Daverio

Spettacolo visto a CANGO (Firenze) il 12 aprile 2023

 
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