Le lacrime dellEroe è il terzo capitolo
della trilogia che Enzo Cosimi ha dedicato allOrestea. Lopera
di Eschilo, composta dalle tragedie Agamennone, Coefore e Le
Eumenidi e che fruttò al tragediografo la vittoria delle Grandi Dionisie
del 458 a.C., viene riletta dal danzatore e coreografo romano in chiave
squisitamente contemporanea.
La scena richiama un ambiente domestico: un
tavolo, una sedia, un frullatore, due schermi laterali e alcune figure scure
che, coperte da teli, incombono nella penombra sul lato destro. La danza
contemporanea attinge spesso dal mondo classico, facendolo proprio e
interrogandosi, attraverso di esso, su valori antichi e nuovi. Allepoca lassoluzione
di Oreste il matricida aveva determinato la nascita della democrazia; con un
rito post-contemporaneo, Cosimi affida a unintelligenza artificiale – creata
appositamente da Marcello Cualbu e Felice Colucci – il compito di
giudicare limputato. Non è un caso che oggi, nellera della post-verità e
della sovranità dellalgoritmo, le sorti dellumanità siano affidate a una
macchina.
Lintelligenza artificiale, interrogata da
uno dei performer tramite il servizio di messaggistica Telegram, espone giudizi
e opinioni che vengono proiettati sui suddetti schermi laterali. Il suo logos
è irruente, meccanico, privo di toni, scarso di punteggiatura, difficile da
afferrare. Dopo un primo dialogo tra uomo e macchina, lo spettacolo dal vivo
prende il sopravvento, avvalendosi di tre danzatori abili e multiformi.
Le tematiche trattate sono varie e complesse:
su quali basi poggia la “nostra” democrazia? Quali sono le derive del progresso
tecnologico? Che ne sarà di categorie, se non minoritarie, maltrattate come
quella femminile? Gli abiti di scena sembrano quasi violentare il corpo della
donna, già storicamente tradito, sacrificato e maltrattato: lo scotch che copre
appena il seno della danzatrice richiama – forse con obiettivi ed esiti diversi
– labito verde di Calore, lavoro che nei primi anni Ottanta ha sancito
il successo di Cosimi.
La ricerca di questultimo è continua. Il
coreografo attinge continuamente dallesterno senza rinunciare ai propri
riferimenti. Riesce inoltre a catturare lo spettatore allinterno del proprio
mondo, in una dimensione colorata, pop, stravagante e al tempo stesso altamente
significativa e comunicativa. Nonostante lefficacia emotiva di alcune
immagini, in Le lacrime dellEroe non cè spazio per la provocazione: lo
scopo è riflettere e farsi portavoce di istanze politico-sociali arcaiche ma
ancora attuali.
Un momento dello spettacolo
© Gino Rosa
Il titolo del lavoro rimanda a un antieroe, raccontato
nelle proprie debolezze. Ma al centro della scena cè Clitemnestra, madre di
Oreste, moglie e assassina di Agamennone. Sugli schermi laterali le parole
dellintelligenza artificiale lasciano spazio a truci proiezioni di un cuore
triturato in un frullatore. È il simbolo dellorgano vitale delleroina, delle
sue ragioni, delle sue azioni dettate dal sentimento eppure non giustificate.
Allo stesso modo limputato, macchiato di un simile se non più grave delitto, viene
assolto in nome di motivazioni ritenute nobili (vendicare il padre e punire
così luxoricidio).
La coreografia mette in risalto le doti
atletiche dei danzatori. Un notevole passo a tre sembra mostrare il femminile
come entità a sé stante in balìa degli uomini, del loro “trattamento” e del
loro giudizio. Alice Raffaelli è unEumenide (dea vendicatrice dei
crimini contro la famiglia), è Clitemnestra, è madre, è donna tradita, è
assassina. Nellambiguità dei numerosi passaggi da un ruolo allaltro è forte
ed evidente il suo status di sposa e di donna mercificata e maltrattata. Ciò
emerge in maniera acuta in una scena di nudo integrale: nella penombra, al
ritmo incessante di una musica house, una donna svestita balla
freneticamente mentre viene filmata da due individui con lo smartphone in mano.
I video – non provocanti ma miseri e dissacranti – vengono proiettati sugli
schermi laterali in tempo reale. Come sperimentiamo ogni giorno navigando in
Internet o sui Social, le immagini amplificano la realtà, la vivisezionano,
mostrano parti per il tutto, impedendoci una visione panoramica e più
oggettiva.
Anche le sagome incappucciate poste a lato
della scena vengono scoperte a mostrare corpi femminili devastati e segnati di vernice
rossa. Lo stesso colore vermiglio campeggia sul petto di uno dei danzatori
(Oreste?): «MOTHERS NEVER DIE». Anche in tempi contemporanei la maternità è un
dovere – non vale lo stesso per la paternità – e linvincibilità delle madri è
data per scontata.
Lo
spettacolo si conclude con la sentenza dellintelligenza artificiale: Oreste è
innocente, anche perché ha agito in nome del dio Apollo. Ha compiuto un gesto
orribile ma viene assolto. Enzo Cosimi accetta la sentenza ma lascia un
messaggio importante e necessario, suggerendo di «dimenticare la vendetta e
trovare una giustizia che non abbia il sapore del sangue». Dopo secoli di
battaglie sociali vinte solo in parte, è forse il momento di trovare una nuova
strada?
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