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Georges Banu testimone del teatro del nostro tempo

di Renzo Guardenti
  Georges Banu
Data di pubblicazione su web 29/01/2023  

Le pagine di «Drammaturgia.it» ospitano, da qualche mese, uno degli ultimi contributi di Georges Banu, la relazione «L’Art du théâtre»: la scène et le livre presentata al convegno Il teatro delle riviste (1870-2000). I periodici come oggetti e strumenti della storiografia teatrale che si è tenuto a Venezia nel giugno 2022. Il convegno veneziano è stata l’ultima occasione in cui ho potuto incontrarlo e ascoltare dalla sua viva voce la vicenda de «L’art du théâtre», la rivista da lui creata insieme ad Antoine Vitez negli anni in cui il regista francese dirigeva il Théâtre National de Chaillot. Rileggere oggi quella relazione, a pochi giorni dalla scomparsa di Georges, significa lasciar risuonare nel ricordo il timbro amabile della sua voce, una voce dai toni a volte sommessi. Quasi una cifra stilistica, che dava l’impressione che il suo eloquio fosse a improntato a una sorta di understatement, che lo spingeva a parlare con pudore delle esperienze e degli incontri eccezionali che avevano segnato la sua vita nel teatro. E tuttavia capace di accendersi al fuoco della passione o della battaglia dialettica, non priva talvolta di accenti polemici. 

Gli anni rievocati dalla relazione veneziana si collocano al centro del percorso intellettuale di Georges Banu uomo di teatro e studioso di teatro – ma c’è forse differenza tra le due dimensioni? –, un percorso intrapreso fin dall’inizio degli anni Settanta quando era giunto in Francia dopo gli anni di formazione in Romania, dove aveva completato i suoi studi presso l’Università nazionale di arte teatrale e cinematografica di Ion-Luca-Caragiale di Bucarest. Anni intensi, animati dalla presenza sulla scena internazionale dei grandi maestri del teatro del secondo Novecento, da Peter Brook a Tadeusz Kantor, da Eugenio Barba all’ultimo Grotowski, da Arianne Mnouchkine a Luca Ronconi, a Giorgio Strehler, da Patrice Chereau allo stesso Vitez. Di queste vicende artistiche Georges Banu è stato non solo un testimone assiduo, animato dalla necessità di sottrarre il teatro – che lui amava definire come l’arte dell’istante – all’evanescente e ineludibile destino delle arti performative, ma ha anche costruito, ponendovisi al centro, una rete di relazioni senza uguali, spesso trasformando i suoi rapporti in sodalizi amicali o intellettuali di maggiore o minore durata, ma tutti di grande intensità: Banu compagnon de route di molti protagonisti della scena contemporanea. 

Lo sguardo di Georges si è posato su quanto espresso dal teatro degli ultimi cinquant’anni. Uno sguardo onnivoro, totalizzante, rivolto a tutto ciò che poteva animare la scena, a prescindere da orientamenti, ideologie, geografie e culture, capace di mettere insieme Oriente e Occidente. Non possiamo neanche lontanamente immaginare di quanti spettacoli sia stato appassionato ma allo stesso tempo lucidissimo spettatore, capace di abbandonarsi al piacere della visione e di cogliere e portare alla luce i fondamenti teorici e strutturali, le istanze di carattere estetico, le implicazioni politiche riferibili a singoli eventi, a forme spettacolari, a visioni artistiche, a dichiarazioni di poetica, all’imprescindibile relazione tra teatro e pubblico. Ma possiamo rendercene conto a partire dai suoi scritti e dalle iniziative di carattere editoriale. Saggista, animatore e direttore di riviste specialistiche («Travail théâtral», la già citata «L’art du théâtre», «Alternatives théâtrales») e di collane (Le temps du théâtre per Actes Sud), Georges Banu ha fissato mezzo secolo di vita teatrale in una cinquantina di volumi tra monografie e curatele, alcuni dei quali pubblicati anche in edizione italiana.[1] 

O ancora, oltre agli studi su Brook, Cechov, Shakespeare,[2] sguardi sul teatro giapponese,[3] saggi che indagano il teatro in quanto dispositivo[4] o che analizzano, in una dimensione introspettiva, l’intimo rapporto di Banu col teatro,[5] oppure raffinate trilogie dedicate al rapporto tra teatro e pittura[6] o studi sulle relazioni tra teatro e fotografia.[7] 

Scrittore infaticabile, Georges Banu ha dato alle stampe l’ultimo libro pochi mesi prima della sua scomparsa: Les objets blessés[8]  nel quale fa agire sulla scena privata della propria dimora gli oggetti che nel corso della loro esistenza hanno subito gli insulti del tempo ma che mantengono inalterato il loro valore affettivo per chi li possiede. L’anno prima Georges aveva pubblicato Les récits d’Horatio. Portraits et aveux des maîtres du théâtre européen[9] che può essere considerato il suo testamento intellettuale e quasi una premonizione: «À l’heure de la fin, indispensable et bienvenue, je me “distribue” moi-même dans le rôle d’Horatio». Assumendo su di sé la funzione di Orazio, l’amico fedele incaricato da Amleto di narrare la sua storia, Banu rivendica il proprio ruolo di «spectateur témoin» riaffermando il valore della memoria e facendo emergere non soltanto l’operato artistico, ma anche le linee più recondite e personali, quasi intime, della lunga frequentazione con i maggiori esponenti della scena europea del secondo Novecento. 

Senza la voce di Orazio, come potremo sottrarre all’oblio la vita del teatro? Ancora più dura risuona oggi la frase di Amleto nel momento della sua morte: tutto «il resto è silenzio».



[1] Il rosso e l’oro. Una poetica della sala all’italiana, Milano, Rizzoli, 1990; Peter Brook. Da Timone d’Atene a La tempesta o il regista e il cerchio, Firenze, la casa Usher, 1994; Il giardino dei ciliegi. Il nostro teatro. Quaderni di uno spettatore, Torino, Dams, 2002; Memorie del teatro, Genova, il melangolo, 2005.

[2] Shakespeare: métaphores et pratique du théâtre, Avignon, Éditions Universitaires d’Avignon,  2010.

[3] L’acteur qui ne revient pas. Journées de théâtre au Japon, Paris, Aubier, 1986 e Gallimard 1993.

[4] La scène surveillée, Arles, Actes Sud, 2006.

[5] Amour et désamour du théâtre, Arles, Actes Sud, 2013; Le théâtre ou le défi de l’inaccompli, Besançon, Les solitaires intempestifs, 2016.

[6] Le rideau ou La fêlure du monde, Paris, Adam Biro, 1997; L’homme de dos : peinture, théâtre, Paris, Adam Biro, 2000; Nocturnes. Peindre la nuit, jouer dans le noir, Paris Adam Biro, 2005.

[7] Sarah Bernhardt : sculptures de l’éphémère, Paris, Caisse national des monuments historiques, 1994.

[8] Les objets blessés, Paris Cohen & Cohen, 2022.

[9] Les récits d’Horatio. Portraits et aveux des maîtres du théâtre européen, Arles, Actes Sud, 2021).





 

Leggi il saggio di Georges Banu
pubblicato sulle pagine della nostra rivista



 
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